Il sapore dell’uomo: psicopatologia, religione e istinto di sopravvivenza
“Uno che faceva un censimento, una volta, tentò di interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave e un buon Chianti.”
Questa citazione si trova al 21° posto nelle migliori frasi della storia del cinema, e chiunque abbia visto almeno una volta “Il silenzio degli innocenti” avrà perfettamente impresso in memoria la freddezza con cui il Dr. Hannibal Lecter (interpretato magistralmente da Anthony Hopkins) parla del suo efferato omicidio e successivo cannibalismo.
Quando ciò avviene tra esseri umani, scientificamente è definito “antropofagia” ed è il più grande tabù del pensiero umano moderno e può affiorare come atto materiale in situazioni di gravi psicopatologie. Si riconoscono due forme di cannibalismo “accettato” :
Cannibalismo rituale: diffuso principalmente in passato ma praticato tutt’oggi in remote zone del pianeta, consiste nel mangiare parti simboliche del corpo umano a scopo religioso o esoterico.
Cannibalismo alimentare: quello effettuato al fine di nutrirsi, avviene solo in casi di estrema necessità.
Il cannibalismo rituale è presente sin dall’alba dei tempi, si pensi che le prime tracce le possiamo datare fino al paleolitico dove i resti di un “Homo antecessor” vissuto in Spagna 800.000 anni fa presentano presentano tracce evidenti di macellazione, scorticamento, presunta rimozione della carne, apertura della scatola cranica e delle ossa lunghe probabilmente per rimuovere il midollo.
Rituali cannibali al fine di esorcizzare lo spirito dei morti li troviano nelle culture degli Amerindi brasiliani, presso i quali, a metà degli anni ottanta, l’antropologa Beth Conklin visse due anni, in un villaggio degli indigeni Wari, e nella sua relazione finale riferì di aver assistito a riti mortuari con pratiche cannibali.
Anche gli aborigeni australiani praticano il cannibalismo durante alcuni riti funebri, dove i parenti mangiano parti del corpo del defunto in segno di rispetto e di onore.
Altri episodi sono sono documentati nel cuore dell’Africa nera. I cosiddetti Niam Niam (parola di origine dinka che significherebbe “grandi mangiatori”) divennero tristemente famosi come cannibali e all’epoca il loro nome divenne sinonimo di antropofagia per antonomasia. Fra i casi più noti di cannibalismo troviamo quello della setta segreta degli uomini leopardo, che tra il XIX e la prima metà del XX secolo uccise numerosi visitatori e turisti dell’Africa occidentale mangiandoli per rafforzarne la fedeltà ed il senso di appartenenza alla setta. Recenti atti di cannibalismo rituale su prigionieri di guerra sono stati documentati persino nei conflitti di natura etnica africana, tra cui le guerre civili del Congo, della Liberia, Uganda e Rwanda.
L’antropofagia rituale non si circoscrive in Africa ma si estende anche all’Asia, infatti la medicina tradizionale del Sud-est asiatico e cinese attribuisce particolari proprietà curative a determinate parti del corpo umano, specialmente fegato e cervello e ai feti. Il giornalista australiano Neil Davis raccontò di aver assistito durante la guerra civile cambogiana a soldati cambogiani che estraevano e consumavano il fegato dei loro nemici uccisi. Davis ricorda inoltre che oltre a questo cannibalismo rituale, ci furono episodi di cannibalismo alimentare dovuti alla carestia, sebbene tali cannibali venissero condannati successivamente a morte dal regime dei Khmer Rossi. Un’impiegata dell’ambasciata francese ai tempi del regime khmer, Denise Affonco, riferì di aver visto sventrare vivo un prigioniero, il cui fegato fu cotto su una stufa e mangiato, e secondo il professore cambogiano Khem Maly Cham le cistifellee venivano vendute in Cina come medicinali.
Lo storico Bovannrith Tho Nguon, nel suo libro Cercate l’Angkar, spiega che i Khmer Rossi riportarono in auge una forma di cannibalismo rituale che attribuiva alla cistifellea, estratta a persone ancora vive e assunta seccata e grattugiata, il potere di curare qualsiasi malattia e quindi ha visto con i suoi occhi numerosi prigionieri di guerra sventrati vivi, le cui cistifellee venivano poi seccate al sole e riferì di aver visto sventrare due bambini per raccoglierne e berne la bile.
In India è a tutt’oggi praticato dalla setta indù degli Agori che consumano le carni dei cadaveri abbandonati sulle acque del fiume Gange nella credenza di ritardare l’avanzare della vecchiaia.
Si possono riportare anche casi recenti di cannibalismo per necessità alimentare: il più famoso resta il cosiddetto “disastro aereo delle Ande”, incidente aereo avvenuto sulla Cordigliera delle Ande il 13 ottobre 1972 nella quale persero la vita 29 persone mentre sopravvissero in 16. Alcuni sopravvissuti avevano gambe rotte e ferite di vario genere e nessuno disponeva di vestiti adatti per resistere a quelle temperature e gli unici soccorsi possibili sono stati dati da Roberto Canessa e Gustavo Zerbino, studenti universitari di medicina alquanto inesperti essendo ai primi anni di studio. I pasti dei primi giorni in quell’ambiente ostile consistevano in un sorso di vino versato in un tappo di deodorante e un assaggio di marmellata per pranzo e un quadratino di cioccolato per cena. Terminate tutte le razioni e dopo aver appreso da una radiolina a transistor dell’interruzione delle ricerche, i sopravvissuti furono costretti, con molti dubbi, eccezioni e ripensamenti, a cibarsi dei cadaveri dei loro compagni morti. Non fu una decisione né facile né immediata, a poco a poco la discussione si estese a tutto il gruppo e si protrasse dalla mattina fino al tardo pomeriggio, dibattendo questioni morali, religiose e laiche, fino a quando alcuni di loro riuscirono a reprimere la ripugnanza iniziare e a superare il primitivo tabù. Pian piano quasi tutti accettarono di rompere il tabù esclusivamente per spirito di sopravvivenza. Ciò permise ai sopravvissuti di resistere per più di due mesi e a due di loro di raggiungere la civiltà e trovare soccorsi.
Invece il cannibalismo come psicopatologia è oggetto tuttora di larghi dibattiti: in termini psicoanalitici, mangiare un proprio simile significa desiderarlo e possederlo. La dinamica è riconducibile alla fase orale freudiana, in cui il bambino conosce il mondo attraverso la bocca e ricerca l’appagamento incorporando l’oggetto del desiderio, in questo caso il seno. Nel cannibalismo psicopatologico, questa dinamica si associa ad inabilità relazionale che dischiude l’incorporarzione dell’altro come unica possibilità di possesso affettivo. Il cannibalismo psicopatologico è in altre parole molto vicino al cannibalismo sessuale, pratica che si può osservare in alcune specie animali i quali mangiano il proprio partner subito dopo la copulazione, ad esempio la mantide religiosa.
Un caso di killer cannibale, celebre dal punto di vista mediatico, è quello del giapponese Issei Sagawa, studente all’università Sorbona di Parigi, invitò una sua compagna di corso, Renée Hartevelt, per studiare alcune poesie in vista degli esami e nel mezzo del loro studio la uccise con un fucile, fece sesso con il suo cadavere e lo mangiò pezzo per pezzo. Asportò un totale di 7 chili di carne dal corpo della giovane ragazza.
Sagawa dichiarò alla polizia che egli era attratto dalla compagna di classe, lo disse presumibilmente allo scopo di diminuire le conseguenze legali del suo folle gesto, e infatti fu dichiarato inabile a sostenere un processo e il suo ricco padre, l’uomo d’affari Akira Sagawa, ottenne la sua estradizione in Giappone, dove venne liberato dalla custodia in meno di quindici mesi. Sagawa era già diventato una celebrità nazionale nella sua patria per il suo atteggiamento impenitente nei riguardi dell’intera faccenda, rivelando con freddezza il suo atto cannibalesco.
Un altro assassino antropofago degno di nota è Jeffrey Dahmer, detto il “mostro di Milwaukee”, che commise diciassette omicidi tra il 1978 e il 1991 con metodi cruenti comeviolenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento.
Le vittime di Dahmer erano principalmente uomini o ragazzi omosessuali di etnia afroamericana o asiatica. Il “mostro” li adescava nei pressi dei luoghi di ritrovo per omosessuali fingendosi un fotografo in cerca di modelli con la scusa di vedere film hard o bere qualcosa insieme. Le vittime venivano in seguito narcotizzate ed uccise tramite strangolamento, subivano atti di necrofilia e infine venivano squartati con una sega. Le parti asportate dai corpi le conservava in freezer come cibo e le parti non utilizzabili in cucina le discioglieva nell’acido. Le teste le bolliva per rimuoverne la carne, e lasciato il teschio nudo, lo dipingeva per farlo sembrare di plastica. Alcune vittime le sottoponeva a esperimenti di lobotomia, iniettando acido muriatico o acqua bollente nel cervello delle vittime, tramite fori trapanati nel cranio, con lo scopo di creare un esercito di zombie, ma ovviamente ottendendo il risultato di provocare la morte dei malcapitati. Tutte le operazioni sono state documentate da Dahmer tramite varie fotografie che illustravano i processi in ogni singolo passo, come se volesse scrivere un tutorial.
Un caso molto interessante, l’unico probabilmente ispirato dalle “gesta” di Hannibal Lecter, è quello del “cannibale di Rotenburg an der Fulda”. Armin Meiwes, avendo inserito un annuncio sul sito web The Cannibal Cafè, il 9 marzo 2001 fu contattato da una vittima desiderosa di farsi cannibalizzare: Bernd Jürgen Brandes, un omosessuale coprofago tedesco, dipendente dai piaceri della prostituzione, afflitto da turbe psichiche e avvezzo all’automacerazione fisica.
Come visto dal video registrato da loro stessi, Meiwes gli somministrò una forte dose di alcool e sonniferi, gli mutilò il pene eretto con un coltello, per quanto Brandes chiedesse che glielo strappasse a morsi, Brandes cercò di mangiarlo crudo ma lo trovo troppo duro da masticare e quindi lo mangiò in compagnia del suo aguzzino, dopo averlo cucinato in padella con sale, pepe, aglio ed olio, usando anche un pezzo un po’ bruciato per far pasteggiare il suo cane con loro. Infine Meiwes baciò Brandes e gli tagliò la gola dopo averlo lasciato dissanguare in una vasca da bagno facendogli leggere un libro di Star Trek. Dopo averlo ucciso, Meiwes appese il suo cadavere su di un gancio da macellaio, sezionò e congelò le carni in freezer in scatole per pizza e se ne cibò per oltre dieci mesi. L’omicidio non sarebbe mai stato scoperto se il cannibale non avesse pubblicato un nuovo annuncio su internet con l’intenzione di procurarsi altra carne umana.
Un altro caso dal forte riscontro mediatico è successo in Giappone nel 2012 dove un ragazzo si è fatto asportare i propri genitali, li ha conditi e cucinati per cinque ospiti paganti ad un pranzo. Mao Sugiyama di 22 anni si è volontariamente sottoposto a un intervento chirurgico di asportazione genitale. Dopo averli congelati ha cucinato il suo pene e il suo scroto servendoli in tavola guarniti da funghi e prezzemolo e facendo pagare circa 250 dollari a persona per lo stravagante pranzo. Le persone che hanno mangiato i suoi genitali sono una coppia di 30 anni, una donna di 22 anni, un uomo di 32 anni, e Shigenobu Matsuzawa, 29 anni, famoso organizzatore di eventi in Giappone.
Una storia davvero spaventosa e agghiacciante è quella del senzatetto Ronald Poppo. Il clochard stava oziando sulla rampa della Downtown MacArthur Causeway di Miami il 26 maggio 2012, quando è stato attaccato dal 31enne Rudy Eugene. Poppo raccontò che Eugene si avvicinò al marciapiede con fare “amichevole” e all’improvviso iniziò a malmenarlo cercando di strappargli gli occhi. L’aggressione è durata 18 minuti ed è stata ripresa da una telecamera di sorveglianza di un garage e si è conclusa quando un ufficiale di polizia ha sparato e ucciso Eugene, mentre era intento a strappare e masticare la faccia di Poppo, rimasto poi cieco, senza naso e totalmente sfigurato.
Una sfortunata storia di cannibalismo rituale è quella di Stefan Ramin, turista tedesco di 40 anni, che visitando l’isola di Nuku Hiva, 930 miglia a nord-est di Tahiti, è stato assalito da una tribù del posto, ritenuta cannibale. Ramin assoldò una guida, Henri Haiti, perché lo portasse a caccia di capre (sport tipico del posto). Quando la guida tornò da sola, riferì che c’era stato un incidente e che il suo cliente era stato aggredito e legato ad un albero. Riuscito a dare l’allarme alle forze dell’ordine locali, immediatamente è scattata la ricerca di indizi utili per capire dove fosse l’uomo. I test del DNA, condotti sui resti di un falò, hanno messo in evidenza che erano effettivamente resti umani.
Che sia per motivi religiosi, per istinto di sopravvivenza o per una qualsiasi reazione psicotica, l’antropofagia è intorno a noi, il tabù viene spezzato ogni giorno senza che nemmeno ce ne accorgiamo.
E per citare nuovamente il celeberrimo Dr. Hannibal Lecter, “vorrei che potessimo parlare più a lungo, ma sto per avere un vecchio amico per cena stasera…”.
Dr. Dariush Rahiminia
Fonti:
http://www.lavalledelleco.net/t3879-cannibalismo-e-psicologia
http://it.wikipedia.org/wiki/Cannibalismo#cite_note-40
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