LE FOIBE, GLI ESULI ED IL MASSACRO DEI FINANZIERI
A far data dall’otto Settembre, fino alla fine della Seconda Guerra mondiale, i Reparti territoriali della Guardia di Finanza ricadenti nell’asse del confine iugoslavo, diedero un notevole supporto al CLN di Trieste, il quale agiva in sinergia d’intenti con il comitato antifascista C.E.A.I.S.
L’intento era quello di liberare quella porzione di terra da eventuali persistenze di contingenti nazisti che, collegandosi ad unità provenienti dal Trentino, avrebbero occupato maggiormente l’intero Nord Italia e “nazificata” l’area.
Il 1 Maggio del 1945, grazie a questa opera di respingimento dall’invasore nazista, il CLN gestiva la città di Trieste e già dalle prime ore del mattino, dei volantini a firma di Togliatti, già in distribuzione in città, recitavano : “ Popolo di Trieste, accogliete le truppe di Tito come liberatori nella vostra città ed apportatori di benessere e democrazia “.
Il destino dei Finanzieri, purtroppo, era già segnato dai bestiali appetiti del bolscevismo titino che, nella logica della ripulitura etnica della Venezia Giulia e dell’Istria, iniziarono azioni di rappresaglia in ogni angolo e via: la macchina da guerra del genocidio verso ogni italiano era dunque iniziata, altro che apporto di libertà e democrazia.
Il giorno dopo dell’entrata delle truppe di Tito, difatti, le milizie bolsceviche dell’ O.Z.N.A, entrarono in azione nei Comandi e nelle Caserme delle Forze Armate e di Polizia del territorio e cominciarono un’autentica opera di rastrellamento, comprese le Caserme della Guardia di Finanza.
Con l’inganno, i soldati titini, entrarono così all’interno della Caserma del Corpo di via Udine e Campo Marzio, rassicurando i militari presenti, di effettuare una ricerca di eventuali soldati tedeschi scappati da una postazione vicina, ma ben presto le loro intenzioni si manifestarono chiaramente.
I Finanzieri della Caserma di Campo Marzio, specialmente, subirono un destino peggiore, così come fu peggiore il trattamento e le umiliazioni a cui andarono incontro.
Disarmati, furono costretti a consegnare orologi, penne, giubbotti, vestiario, scarpe. Alcuni restarono scalzi, altri ricevettero in cambio ciabatte rotte dai soldati slavi.
La notte furono guardati a vista con mitra puntati, all’interno di una scuola, per poi essere trasportati la mattina seguente in una stalla nelle vicinanze della Caserma. Minacciati da fucili puntati, i Finanzieri di Campo Marzio, subirono l’ultima umiliazione prima di essere portati nei lager di Borovnica : accatastati come bestie, vittime di insulti e percosse personali, 156 uomini delle Fiamme Gialle dovettero consegnare ciò che rimaneva del vestiario personale ad uomini e donne slave, comprensivo di maglie, pantaloni e roba intima.
Destino diverso toccò ai Finanzieri della Caserma di via Udine: catturati, furono subito condotti nei lager titini e solo alcuni di loro non morirono di stenti tornando vivi in Italia.
Le ricerche sull’amaro destino toccato ai Finanzieri vittima di Tito, venne proseguita qualche anno dopo la fine della guerra, da un Ufficiale del Corpo che, con molta cautela, raccolse informazioni riservate da persone del luogo, senza destare nessun sospetto alcuno sul suo compito di investigazione storica demandato.
Il Colonnello De Angelis, il nome dell’ Ufficiale, scoprì che numerosi testimoni scorsero la presenza di militari del Corpo sulla rotabile Trieste-Basovizza-Sesana, scortati e con i mitra puntati.
L’ Ufficiale del Corpo anzidetto ebbe a ricevere informazioni riservate, riguardo a dei cadaveri nudi, presenti vicino la rotabile fra Trieste e S. Canziano, con accanto fregi e distintivi della Guardia di Finanza.
E’ molto probabile che molti di quei militari del Corpo, fra l’altro, finirono gettati nella Foiba di Basovizza, dove si contarono complessivamente 97 cadaveri di appartenenti al Corpo, gettati fra le viscere della terra.
Altra foiba dove si raccolsero, dopo anni, cadaveri di appartenenti al Corpo, fu la foiba di Monrupino.
Una notevole attività di raccolta di informazione ed elementi storici precisi, venne supportata da un ex Finanziere scampato alla deportazione titina, il Sig. Francesco Zurzolo, il quale affermò senza mezzi termini, che fu testimone dell’eccidio riservato ad alcuni uomini delle Fiamme Gialle: condotti all’interno di cave di carbone, furono dapprima spogliati e poi fatti fuori da raffiche di mitra ( il territorio, denominato ‘ Cave Auremiame’ adesso ricade nell’attuale Slovenia).
Alla data odierna, all’interno del Museo storico della Guardia di Finanza sito in Roma a Piazza Del Campidano, è possibile visionare un reperto storico di straordinaria rarità: la fotografia dei Finanzieri trucidati, in forza alla Caserma di Campo di Marzio di Trieste, immortalati nell’attesa di ricevere ordini riguardo a ciò che sarà il loro ignaro, tragico destino.
La strage dei Finanzieri è inglobata, dunque, nella tragedia immane delle Foibe istriane, dove la pulizia etnica della Kosovelova Brigada, agli ordini dell’ E. L. P. (Esercito Popolare di Liberazione iugoslava), ha commesso crimini efferati verso qualsiasi italiano e nei riguardi di qualsiasi aspetto sociale, identificazione territoriale, idiomatica e qualsiasi senso di appartenenza che avrebbe ricondotto alla nostra nazione. E’ storia ormai risaputa che, nella logica assassina del Maresciallo Tito, qualsiasi italiano di quelle zone, fascista o partigiano, era da eliminare e gettare nelle voragini carsiche ( foibe, appunto), liberando il territorio da ogni forma di identitarismo italiano millenario, in sostituzione di un ‘entità’ chiamata Jugoslavia (attuale Slovenia), che altro non si dimostrerà nel tempo che un aggroviglio di etnie in contrasto fra loro, costrette a convivere sotto un regime dispotico fino al crollo della cortina di ferro.
Riguardo ai massacri effettuati dai titini verso gli italiani, agli infoibamenti e le fucilazioni sommarie, un’ulteriore tecnica, attuata dall’ Kosovelova Brigada, fu l’impalatura : la vittima restava così appesa ad un albero, con un palo che infilato dall’ano fuoriusciva dalla spalla, scardinando il corpo senza intaccare tessuti vitali, provocando un agonia che si prolungava per ore.
All’interno delle voragini carsiche, amara ironia della sorte, finirono pure e soprattutto chi si animò in una guerra di resistenza contro le truppe di Hitler o fu partecipe di unità partigiane. Comunisti, fascisti, liberali, militari, borghesi, operai, le vittime delle Foibe non furono distinte per estrazione politica, o di classe sociale, ma l’ordine era preciso: necessitava essere semplicemente italiani.
Questa è stata la lucida, assassina logica criminale del bolscevismo titino, una macchina da guerra figlia di un odio razziale molto simile a quello messo in atto da Hitler verso ciò che, definiva, la ‘soluzione finale’ verso i giudei.
La tragedia delle Foibe, accompagnata da quella della Shoah, è stata, all’interno della Seconda Guerra Mondiale, la chiara dimostrazione di come l’odio ideologico ha condotto l’ uomo a compiere atti disumani, contro ogni etica ed ogni morale. Basta solo pensare, ad esempio, che fino ad inizio epoca delle Foibe, la città di Gorizia era stata divisa da un muro da truppe invasori naziste, con assonanze sociali e politiche simili a quella che sarà la Berlino Est fino al 9 Novembre 1989.
Riguardo le Foibe, al di fuori della tragedia riservata ai Finanzieri, si contano circa dodici mila le vittime innocenti recuperate dalle viscere della terra, ma gli studiosi stabiliscono che il numero è di gran lunga superiore.
Oltre a quella dei Finanzieri, si contano storie personali innumerevoli di esuli e di uomini e donne massacrati tragicamente (particolarmente toccante è la storia di Norma Cossetto, ragazza violentata brutalmente dai comunisti titini i quali recisero le mammelle della donna esibendole come trofeo di guerra).
Gli esuli di quelle terre furono costretti a lasciare le loro case, sradicati dalla loro terra millenaria ed italiana nella cultura e nella storia e parecchi di loro, grazie ad un’ azione di disinformazione storica artificiosa, subirono ulteriori persecuzioni perché tacciati, ingiustamente, di essere fascisti. Da qui, un viaggio disperato in altre regioni d’ Italia, con valigie improvvisate, contenenti abiti e ricordi chiusi a chiave.
Testimonianze storiche accreditate ricordano che, ad esempio, quando il treno colmo di esuli istriani, fiumani, dalmati, giuliani, disperati, si soffermò alla stazione di Bologna, dovette ripartire subito perché oggetto di un fitto lancio di pietre, sputi, bottiglie ed invettive a chi era considerato in forma assolutamente aberrante, come “fascista”.
Ad oggi, alla stazione di Bologna, una targa ricorda il passaggio drammatico di quegli italiani, asserendo però, difformemente alle testimonianze storiche reali, di essere stati accolti benevolmente. Questa forma di ipocrisia tipicamente italiana, è l’esempio fulgido di una nazione che, a distanza di oltre sessant’anni dal termine della guerra, fa fatica a fare i conti con la propria storia, il proprio passato e riconoscere parte di quella dose di vergogna necessaria.
Rimangono le responsabilità politiche di tali massacri, a cominciare da chi, per oltre cinquant’anni, all’interno della classe politica italiana, indipendente del colore politico di appartenenza, sapeva di tali crimini, ma ha taciuto. Ad iniziare dall’ex premier dell’ex P.C.I. Palmiro Togliatti che, in epoca di repressione fascista, dapprima inviò numerosi italiani nei gulag staliniani, garantendo il “paradiso sovietico”, successivamente, a fine guerra, consegnò territori italiani ai criminali intenti di Tito. E’ notorio che a tale figura politica, dal dopo guerra ad oggi, sono intitolate numerose vie in ogni città italiana, perché ricordato come “statista” di un processo di liberazione nazionale, nonostante delle storture politiche mai riconosciute, le quali si classificano in : contiguità con i regimi comunisti tirannici istauratisi dopo il Trattato di Yalta , affinità d’intenti con Stalin nel creare dell’ Italia uno Stato sovietico per garantire alla confederazione di Stati satelliti all’ Urss ‘ l’affaccio sul mare’, finanziamenti oscuri ricevuti dall’ ex Unione Sovietica negli anni di maturazione dell’ex P.C.I (che diverrà il più forte partito comunista dell’ Occidente), responsabilità politiche e decisionali gravissime sulla tutela di quelle porzioni di terra ricadenti nel territorio nazionale che diverranno teatro di genocidi.
“Abbiamo taciuto per giochi di strategia politica e sistemi di alleanze“, è stata la frase detta pubblicamente qualche anno fa dal Presidente della Repubblica Napolitano, il quale, commemorando le vittime, ha ripercorso le tappe che dal Trattato di Osimo del 10.11.1975 (che seppur consegnando terre italiane all’ ex Iugoslavia, è sembrato a molti una resa mai perdonata), ha condotto al riconoscimento di tale crimine etnico, fino alla commemorazione del giorno della memoria del dieci Febbraio (tale data rievoca il trattato di pace con la Jugoslavia nel 1947, dove la nostra nazione rinunciò a territori italiani consegnandoli a Tito, salvaguardando Trieste).
Oltre alle responsabilità di natura politica, si sono aggiunte delle anomalie tipiche del Bel Paese, che non hanno fatto altro che alimentare polemiche ed indignazioni: il nostro Istituto di Previdenza Sociale, ha maturato per anni indennità pensionistiche a criminali di guerra autori di massacri verso italiani, soltanto perché all’epoca nati in territorio italiano (ovviamente diventato iugoslavo, in seguito agli eccidi di cui sopra).
Ultima considerazione. Parecchi studiosi si dividono nell’attribuire la sciagura delle Foibe istriane alla logica dell’ “ultranazionalismo iugoslavo”, quindi matrice veterofascista, altri attaccandosi alla logica del “comunismo sovietico acquisito dalla scuola comunista balcanica”, impiantando la tesi storica dell’esportazione della scuola dello stalinismo (quest’ultima tesi, la più accreditata sotto l’ottica storica in virtù dei Governi comunisti successivamente applicati in quelle terre). Determinate analisi storiche pertinenti alla natura di fondo di tale eccidio attribuiscono un concentrato di efferatezza maggiore rispetto ad altri crimini ideologici perpetrati, perché la risultanza di un condensato odio di classe travasato in una damigiana di odio razziale. Qualunque sia la connotazione che abbraccia tale crimine, ogni rappresaglia ideologica, essendo tale, va condannata a prescindere, indifferentemente dalle conformazioni ideologiche originarie o prodotte da distillati ideologici differenti.
Tragedie, queste, che non dovrebbero dividere in inutili e misere disquisizioni politiche, ma convergere in unità d’intenti propositivi.
Sciagure che dovrebbero fare riflettere e condurre ad una sola verità: ogni forma di odio sciovinista, di classe o razziale, di prevaricazione criminale dell’uomo nei riguardi di altri uomini, partorisce solo terrore e disumana regressione del genere umano.
Fonte Immagine “Archivio Digitale Evropa 1943”: http://evropa1943.wordpress.com/2011/01/28/1945-militi-della-guardia-di-finanza-condotti-verso-la-morte-nella-foiba-di-basovizza/
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