INTELLIGENCE E COMUNICAZIONE

Il sacrificio di Nicola Calipari ucciso a Bagdad dai soldati statunitensi nel marzo 2005 costrinse la sinistra radicale ad ammettere che negli apparati di sicurezza dello Stato lavoravano uomini e donne per bene, prima del sequestro della Signora Sgrena, infatti, per la stampa orientata a sinistra il Sismi ora Aise non svolgeva opera di intellingence in una più generale missione di pace, ma partecipava, invece, attivamente ad una occupazione illegale a fianco degli Stati Uniti con scopi non umanitari ma decisamente commerciali ed economici.
Certo il Servizio di Intelligence dello Stato non e non deve essere la Comunità di Sant’Egidio, ma non è neppure un servizio segreto infido e sleale dedito ad insabbiare verità inconfessabili, è solo un’organizzazione che svolge compiti informativi e di sicurezza per la difesa e l’integrità dello Stato e dei cittadini italiani e che in Iraq ed in altri teatri ha operato ed opera con successo alla pacificazione del paese ed alla soluzione delle situazioni di crisi che vedono protagonisti i nostri connazionali.
Quando nei primi mesi del 2004 il Sismi in Iraq era impegnato nella liberazione di italiani rapiti, ma non politicamente schierati a sinistra, la stampa di opposizione espresse giudizi ampliamente negativi sull’operato dei nostri servizi fino ad ipotizzare, in un delirio di faziosità un uso politico della liberazione degli ostaggi nell’immediata vigilia delle elezioni, delineando un accordo tra servizi, governo e americani per stabilire a proprio beneficio elettorale la data del blitz.
La stessa stampa all’indomani della liberazione della Sgrena ribaltando con grande incoerenza i precedenti giudizi elevava il Dott. Nicola Calipari ad eroe della pace,riscattando anche il nostro Sismi solo però per aver salvato una giornalista pacifista.
A dire il vero i nostri servizi non hanno mai avuto l’appoggio della stampa,facendo un rapido passo indietro è opportuno ricordare che in Libano,in Somalia e nei Balcani il Sismi e le organizzazioni collegate hanno svolto un lavoro indispensabile alla sicurezza dei nostri ragazzi impiegati nel teatro post-bellico,dando una tale “copertura “alle operazioni militari da limitare al minimo le perdite per le nostre truppe nei confronti degli altri corpi di spedizione , tutto questo nel silenzio assoluto dei media se non addirittura nelle critiche più o meno velate che venivano puntualmente lanciate ogni volta che se ne presentava anche la pur minima occasione.
La migliore qualità dei servizi italiani è stata ed è tuttora quella specialissima capacità di esaltare al massimo il fattore umano il cosiddetto “human intelligence“.
Il porre al centro dell’indagine investigativa quell’ampio spettro di attività umane semplici ma efficaci che vanno dal personale monitoraggio delle fonti informative all’ osservazione diretta dello scenario sensibile creando rapporti amichevoli e coinvolgenti con le popolazioni locali ,si concretizza nella fase finale nella acquisizione di dettagli fondamentali, intenzioni e obiettivi dell’ipotetico nemico.
Questo tipo di attività ha come naturale sviluppo la capacità di anticipare l’esecuzione delle decisioni assunte da chi si trova sul fronte opposto e quindi di prevederne le strategie, nel recente conflitto afgano si può certamente affermare che a causa dell’assenza di una valida “ human intelligence “non si è riusciti a catturare il terrorista Osama Bin Laden.
Nel 2001,infatti, Bin Laden riuscì a forzare l’accerchiamento americano a Tora Bora fuggendo a cavallo, su di un cammello, a bordo di una motocicletta oppure a piedi travestito da donna sotto un burkha, nessun tipo di indagine satellitare è riuscita allora ad acquisire la benché minima informazione sulle ipotesi accennate e neppure ora a distanza di anni si è riusciti con i soli apparati tecnologici ad acquisire notizie utili sull’episodio citato.
L’Italia come già detto ha sempre dimostrato nelle missioni svolte una particolare attitudine per il fattore umano nella ricerca delle informazioni senza mai purtroppo riuscire a fare una buona comunicazione con il resto del paese, senza riuscire ad incidere sull’opinione pubblica in relazione ai buoni risultati conseguiti.
In effetti non esiste neppure una anche minima letteratura sulla nostra intelligence e questo certo non ha aiutato a creare un buon rapporto tra apparati di sicurezza e stampa, i lettori si entusiasmano sempre quando leggono di mirabolanti operazioni portate a termine da servizi segreti stranieri , ma non sanno nulla dei nostri servizi o quello che sanno è troppo intriso di burocrazia tanto da non coinvolgerli affatto.
CIA, FBI, NSA, M15, M16, SDECE, KGB e MOSSAD godono nell’opinione pubblica italiana una diffusa notorietà, nata senz’altro dalle avventure romanzate frutto di una mirata propaganda cinematografica ,questo non è successo per la nostra intelligence, i servizi italiani hanno in passato mancato in comunicazione con i cittadini e la mancanza assoluta di una strategia comunicativa non ha creato un’immagine pubblica degli stessi.
Il problema è culturale, in Italia non c’è mai stata una cultura militare e della difesa nazionale che non fosse solo per gli addetti ai lavori ,ma generale, fino a qualche anno fa, forse anche per volontà politica l’intelligence non doveva avere un volto,rischiando così di essere identificata non per come davvero era, ma per come la stampa non sempre benevola la descriveva
In questi anni si è cercato di colmare questo pericoloso vuoto ridando una identità nazionale agli italiani ed avvicinando i cittadini verso gli apparati di sicurezza dello Stato.
L’obiettivo deve essere oggi quello di modernizzare la sicurezza e di comunicare con trasparenza il lavoro svolto, diffondendone la relativa cultura anche nei vari settori della vita civile e contribuire così allo sviluppo stesso del nostro paese.
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