Comunicazione

DALL’HOMO SAPIENS ALL’HOMO VIDENS

Le tecnologie multimediali, di fatto, definiscono una rivoluzione radicale nelle abitudini di vita e nei consumi. I cambiamenti riguardano ogni attività e ogni momento della vita quotidiana: la scuola, l’educazione, la formazione, il modo di lavorare, il tempo libero, e così via.

Le innovazioni nella comunicazione hanno modificato profondamente anche il quadro e le modalità educative, per cui il sapere ed i comportamenti passano da una generazione all’altra. Parallelamente assistiamo all’evoluzione del concetto stesso di “sapere” nell’era telematica:un sapere disarticolato, generico, vago, che accenna e allude, e che è la diretta conseguenza di un nuovo modello comunicativo non-proposizionale che Raffaele Simone, nel suo libro “La terza fase”, chiama della “fusione”: “… Tale modello della “fusione” rifugge dalla chiarezza espositiva, preferisce l’allusione, l’evocazione generica o indiretta, ed è subentrato al modello comunicativo che privilegia la lucidità, fatto di discorsi strutturati, articolati, con forti gerarchie interne…”.

Oggi la tecnologia è “pronta”, ma bisogna impegnarsi a fondo per utilizzarla bene. Macchine di facile uso, di costo relativamente basso e sempre più semplici, rendono concreti quei fenomeni di scenario che si sono delineati qualche anno fa e che intuivamo dieci, quindici anni or sono.

Jacques Delors nel famoso libro bianco della CEE scrive che “l’apertura di un mondo multimediale costituisce una trasformazione paragonabile alla prima rivoluzione industriale. La posta in gioco è la sopravvivenza o il declino per l’Europa”.

Siamo pertanto di fronte ad una svolta epocale, una svolta che segnerà la nascita di un uomo dai tratti già oggi delineati: l’Homo Videns, come direbbe Giovanni Sartori, una sorta di «mutazione genetica» dell’Homo Sapiens. L’Homo Sapiens si nutre di parole, di segni scritti, dilata la sua intelligenza attraverso l’uso del libro, massimo emblema del sapere; l’Homo Videns, al contrario, si fa portare dal fiume travolgente di informazioni, immagini, luci e colori, vive nel loro moto frenetico e nutre il suo sapere per lo più attraverso modalità conoscitive e di apprendimento basate su codici visivi ed iconici provenienti dai nuovi emblemi della conoscenza e che segnano, per così dire, un ritorno ad un’intelligenza simultanea che Simone chiama la “Terza Fase”.

De Kerckhove ci tranquillizza valutando tutto questo come non necessariamente negativo. Egli osserva che la conoscenza non avviene soltanto attraverso la verbalizzazione, ma che per capire le parole che leggiamo, noi le trasformiamo in immagini. D’altronde, dobbiamo sapere che, la storia della comunicazione indica che l’avvento di una nuova tecnologia crea una ridefinizione dei ruoli e delle funzioni di tutti gli altri media all’interno del sistema complessivo dei mezzi di comunicazione, sia per quanto riguarda le caratteristiche peculiari attribuite ai singoli media, sia al tipo di linguaggio utilizzato e ai cambiamenti indotti in chi li utilizza. Platone ci ha tramandato l’avversione di Socrate per la scrittura, che a suo dire menomava la funzione della memoria e limitava il carattere dialogico della parola.

Accuse più o meno simili sono state rivolte, già agli albori della sua nascita, alla televisione, che con il suo “flusso deduttivo” di immagini intontiva i giovani. In questa fase regna sovrana l’immagine e forme di comunicazione in cui il modello visivo di trasmissione ed elaborazione della comunicazione ha, ed avrà, sempre più rilevanza e nella quale l’apprendimento, la conoscenza e l’informazione sono fondati sulla visione e sull’interpretazione di segni, in prevalenza di natura visiva.

Un’ulteriore rivoluzione dei processi cognitivi dunque, come quella generata dalla nascita della scrittura cinquemila anni or sono. L’uomo è passato dapprima, e non senza fatica, da un’intelligenza simultanea, olistica, globale, ad una più articolata, lineare, alfabetica. All’inizio del XXI secolo, il processo si è invece invertito, dall’intelligenza sequenziale siamo ritornati a un’intelligenza simultanea attraverso l’ascolto (cioè l’orecchio) e la visione non alfabetica (che è una specifica modalità dell’occhio). Stiamo risvegliando dei moduli di intelligenza, legati alla trasmissione orale e al consumo di immagini, che avevamo accantonato, credendo che fossero ormai superati.

E’ come se si tornasse indietro. Ed è a questo punto che si pone un interrogativo: ci si chiede se questo ritorno all’uso delle immagini vada considerato come un’involuzione, un regresso, o possa, invece, avere risvolti positivi.

Questa riflessione avrà come presupposto la considerazione che, nella nostra cultura, la modalità visiva di conoscenza, per molti aspetti, sia primaria rispetto a quella verbale. L’esperienza umana è segnata profondamente dall’esperienza visiva.

Ovviamente, ogni svolta culturale comporta un guadagno e una perdita. Immerso in questo nuovo ambiente culturale, come diventerà l’uomo di domani?

Le ipotesi che sono state fatte rispecchiano opinioni contrastanti sulla positività o meno nei nuovi media come “fonti di sapere”, tanto che potremmo isolare uno schieramento di “mediaottimisti” da un lato, e uno di “media-scettici” dall’altro.

Ossia chi vede le nuove tecnologie come passo in avanti e una fonte di progresso nelle facoltà dell’uomo, e chi, al contrario, guarda alle tecnologie del futuro come una rovina per l’intelletto umano. Autori come Giovanni Sartori e Raffaele Simone hanno colto bene il problema e lo hanno analizzato da un punto di vista psicologico, oltre che sociologico. Essi si sono occupati delle conseguenze indotte dai nuovi media sui processi cognitivi umani, e in particolar modo dell’aspetto qualitativo del sapere e della conoscenza che si estrae dai media di oggi.

La loro visione è tendenzialmente negativa poiché vedono questa trasformazione come un male per il sapere, la cultura, e in generale per l’umanità. Parlano di atrofizzazione dei processi astraenti, di indebolimento delle capacità di distinguere il vero dal falso.

A loro parere l’immagine non può generare vera conoscenza, intelligibilità, vero sapere. Altri, viceversa, affermano che se la mappa concettuale resta limitata all’immagine, si avrà un apprendimento povero, ma se si integrano i diversi ambiti grazie alle capacità cognitive interpretative e di decodifica mentali, questo “apprendimento per immagini” non potrà che velocizzare e rendere più semplice l’appropriazione di informazione.

Raffaele Simone e gli altri “pessimisti” sembrano concepire il conoscere come qualcosa di “passivo”, come il ricevere informazioni dall’esterno, dai sensi o, nel caso della “conoscenza evoluta”, dai libri, informazioni che gli esseri umani si limitano a recepire ed eventualmente ad elaborare con il ragionamento.

E’ noto invece che la mente umana, proprio come un calcolatore, riceve dei dati in entrata che successivamente rielabora e fa suoi. Il cervello, inoltre, in fase di decodifica degli stimoli esterni, non assorbe l’informazione così come è nella sua forma originaria, ma la rielabora così che da materiale grezzo si passa ad un materiale altamente ordinato e dotato di significato.

Ammettiamo allora di non sapere bene come si configurerà l’«uomo di domani»; tutto dipenderà da come, in ogni individuo, si integreranno e saranno interagenti le esperienze preverbali, dell’oralità, della scrittura, della stampa, del visivo, della multimedialità.

Tutto dipenderà da come le strutture educative sapranno utilizzare, in tutte le sue potenzialità, il sistema complessivo della comunicazione. Potrà essere un uomo totalmente sottomesso ad una cultura dominante, intesa come consenso-consumo, o potrà essere libero e partecipe di una nuova architettura del sapere che lo vede protagonista con le sue diversità culturali nei linguaggi, nei percorsi conoscitivi e di apprendimento, nella memoria, nella capacità non solo di consumare, ma di usare (produrre, smontare) i media.

Così si attrezzerà per i cambiamenti e saprà comprendere ed usare il linguaggio dei media, che sono, nel bene e nel male, formidabili modellatori della percezione, e, perciò, delle idee.

 

 

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