Cultura

Süphan Barzani: l’artista dietro Franco Battiato

Ci sono artisti poliedrici e Franco Battiato non poteva che essere tra questi. Di lui ricordiamo parole profonde, canzoni che ci hanno fatto sognare, danzare e piangere, che ci hanno tenuto compagnia nelle serate più malinconiche, ma anche in quelle più gioiose. Uno dei suoi album più noti è sicuramente “Fleurs”, che contiene anche una magnifica re-interpretazione di “Amore che vieni, amore che vai” di Fabrizio De André. Oltre ad essere un album che ha fatto la storia, questo porta con sé un’altra delle doti – forse meno note – dell’artista. La copertina dell’album, che presenta una rosa vista da più punti di vista, è un lavoro proprio del musicista che oggi ci ha lasciati. Ebbene sì: Franco Battiato era pure pittore. Quella della pittura è un’attività che l’artista ha intrapreso a partire dal 1990 con lo pseudonimo Sūphan Barzani, affiancandola all’attività musicale. Musica e arte sono state necessarie l’una all’altra, come ben fa intendere Battiato in una dichiarazione del 1994, in cui dice: “Una volta, pensavo che la mia totale incapacità nel disegno dipendesse dalla mancanza di una naturale predisposizione, come nel caso di uno stonato che non riesce ad emettere la stessa nota che ha in testa. Col tempo ho scoperto invece che avevo un’idea astratta, archetipa, dell’oggetto che osservavo: quello che mi mancava era la possibilità di coglierlo nella sua esatta forma. Per analizzare praticamente questo genere di chiusura, tre anni fa iniziai a dipingere, per pura sfida: questa terapia riabilitativa mi sta privando di quel difetto, pilastro di certa consacrata pittura moderna.”

Esposte in diverse città, come Firenze, Roma, Miami e Stoccolma, le tele e le tavole dorate sono circa un’ottantina e sono realizzate con diverse tecniche, come quella ad olio con l’uso di terre e pigmenti puri. Lo stile pittorico – come quello musicale – dell’artista è deciso e sembra rispecchiare esattamente le emozioni che Battiato ha saputo trasformare magistralmente in musica. Le figure sono come sospese in uno spazio metafisico, inglobate in un’atmosfera rarefatta e spirituale. Battiato, genio della parola, non poteva che esserlo anche con il lessico artistico, riempiendo le tele di dettagli curiosi, che si rivedono nei motivi delle vesti piuttosto che in alcuni sfondi, come ad esempio si può notare dalle splendide piastrelle descritte nell’opera “Medioriente”, ma anche nei brevi brani proposti di oggetti più complessi e più grandi di quanto ritratto, come in “Cancello”. L’ambiente mediorientale dev’essere stato particolarmented’ispirazione per l’artista, che in “Moschea” sembra ritrarre la visione di un sogno dorato, dove l’esibizionismo dell’oro si trova in stretto dialogo con la purezza del bianco candido. La stessa dicotomia può essere riscontrata in un’altra figura musulmana, quella del derviscio, una sorta di eremita e santone solitario del Medio Oriente. In “Dervisci”, Battiato ritrae la figura dei dervisci rotanti, ossia coloro che cercano l’unione con Dio attraverso una particolare forma di danza, che consiste nel ruotare su se stessi fino a raggiungere lo stato di trance. Ecco quindi che questo è l’espediente con cui Battiato fa interagire in maniera idilliaca bianco e nero, che vengono fusi attraverso la leggiadria della figura danzante.

In questi dipinti ritroviamo il Franco Battiato musicista e poeta, attento al particolare, al suono e al colore, al sogno e alla trasfigurazione.

La copertina dell’album “Fleurs”
“Medioriente”, olio su tela, 80 x 60 cm
“Cancello”, olio su tavola, 46 x 39 cm
“Moschea”, olio su tavola, 70 x 60 cm
“Dervisci”

Francesca Bortoluzzi

Classe 1994, nata a Belluno. Studentessa d'arte a Trento e grande appassionata di musica, soprattutto elettronica. Scrive da anni per vari media, nella perenne ricerca di nuovi stimoli e sensazioni.

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