NO FLY ZONE

Sto scrivendo, in viaggio mentre torno a Roma, non so, se sarà un bel pezzo, strategicamente conforme alla nostra corretta politica europea. Ma è la verità, anche se la mia, quella vista senza filtri o pressanti editori. E poi ricordiamoci sempre che di verità, alla fine, ne esiste sempre solo una e chissà forse è proprio la mia. E’ cominciato tutto con una sedia e un computer, gli studenti nordafricani nella rete si scambiano opinioni, sensazioni, angosce e voglia di libertà. Internet ha cambiato il modo di vivere di tutti noi, in questi mesi sta cambiando il mondo ed ecco le rivoluzioni informatiche senza leader, ma ugualmente efficaci.
Ecco i governi di Tunisia, Egitto e Libia che cadono sotto la pressione della piazza.
Questa la cronaca, questa l’interpretazione degli analisti comodamente seduti nelle loro poltrone a Roma, Parigi, Londra; questo è quello che la politica europea ci spiega fino ad evocare per la Libia un intervento armato Nato e la “no fly zone”. Se è tutto vero è stupendo, finalmente la rabbia dei giovani abbatte la dittatura, sono ammirato da tanta forza ma anche perplesso, mi informo meglio, anche la Giordania è in subbuglio, le tribù beduine sono contro la regina Rania, si dibatte nel web e la sovrana viene paragonata alla moglie di Ben Alì e a Suzanne Mobarak. Il vento di libertà e democrazia travolgerà anche re Abdallah II?
Non ne sono certo ma per chiarirmi le idee vado a vedere se Moody’s ha retrocesso i bond giordani come quelli egiziani. Si, hanno avuto una leggera flessione, ma tengono bene, allora ho capito, la Giordania resiste ed i giovani certo hanno fatto la loro parte, ma è qualcun altro che decide quale governo deve cadere. Internet non spara, vado a vedere con i miei occhi quello che succede, prendo un passaggio discreto per il sud della Tunisia e da lì, in sicurezza, con il mio buon francese, un po’ di inglese e poco arabo, sconfino in Libia.
Ormai la protesta si è propagata con basso impatto anche nelle aree lontane dal centro della battaglia, l’anomia del diritto ha preso il sopravvento, tutti rubano tutto, scene già viste poche ore dopo la liberazione di Bagdad con il saccheggio dei palazzi governativi. Gli insorti non sono tutti giovani, non sembrano studenti, hanno armi di ogni modello AK47 di fabbricazione cinese, AR 70 Beretta, M16 americani, c’è un mondo nei loro fucili d’assalto ma non vedo la passione che immaginavo, certo sono lontano dai punti caldi, ma sempre in un osservatorio privilegiato.
Io guardo e comprendo che in Libia come in Tunisia ed Egitto, si combatte per gestire il tesoro energetico nascosto sotto la sabbia, Obama fa pressing sul Colonnello, invia operatori, tratta con l’esercito ed i politici per una transizione il meno cruenta possibile; anche Gheddafi Junior tratta con i capi clan per rimanere in sella e stabilizzare il Paese salvandone le risorse economiche. Eppure tutto era tranquillo, addirittura il governo libico con il fondo sovrano della Libyan Investiment Autority (LIA), ha acquistato lo scorso gennaio il 2.01% del capitale di Finmeccanica e l’Ansaldo STS, società di segnalamento del gruppo, ha avuto, poco prima una commessa di 541 milioni di euro inaugurando una partnership prioritaria con le Ferrovie libiche, senza contare gli accordi Finmeccanica e LIA per una cooperazione strategica in Africa ed in Medio Oriente nei settori aerospazio, elettronica, trasporti ed energia.
E’ logico allora chiedersi, come ha fatto la nostra “intelligence” a non prevedere una crisi di queste dimensioni nell’area nordafricana in considerazione degli investimenti fatti da aziende italiane fortemente impegnate nel campo della difesa e degli investimenti strategici a tutela del nostro paese ed è logico ancora chiedersi come è possibile che un paese come la Libia, in pieno sviluppo economico, con un Pil in aumento ed un alto tenore di vita per il quadrante geografico che occupa, sia all’improvviso preda di una anomala ribellione interna e come per converso il Colonnello, come è consuetudine, non abbia previsto e represso per tempo ogni forma di contestazione. La risposta è semplice, gas e petrolio delle migliori qualità esistenti sono la chiave di lettura di questo straordinario vento di libertà, Obama ha da poco cambiato squadra economica per il rilancio USA, ora il repubblicano Immelt, capo della General Electric guida gli esperti che dovranno rilanciare l’industria americana.
Facilitare un cambio di gestione politico nel nord Africa è quindi una utile strategia di politica economica. Gli Stati Uniti e l’Europa festeggiano la caduta dei dittatori magrebini e appoggiano governi militari che certo non sono una garanzia democratica, il futuro di Tunisia, Egitto e Libia potrebbe essere di grande instabilità e allora si rispolvera il mitico Bin Laden sempre utile a giustificare una “No Fly Zone”, perché il pericolo terroristico quando non si è già preparato un futuro, c’è sempre, Al Qaeda secondo gli analisti politicamente corretti, potrebbe essere pronta e forse lo è già, ad intervenire nella gestione dei futuri governi. Ma allora, e concludo con le domande a me stesso, se a questo punto interviene il terrorismo a gestire il post rivoluzione, Al Qaeda che cosa è? E’ una potente organizzazione che difende la libertà del popolo islamico? Oppure una Spectra dell’energia che abbatte nel mondo governi illiberali per sostituirli con altri governi illiberali? Prendi una bandiera e cambierai il mondo, ieri ne ho viste sventolare molte di bandiere, anche quelle della vecchia monarchia libica, ma cosa cambierà?
Sergio Giangregorio
(s.giangregorio@ciuonline.it)
Roma, 27 febbraio 2011