La decrescita
L’economia è divenuta “cosa di tutti” da un po’ di anni a questa parte, paroloni difficili di origine anglofila, tappezzano e riempiono gli articoli dei nostri giornali. Con le righe a seguire, cercherò di soffermarmi, in ordine cronologico sui diversi pensieri economici che hanno forgiato l’economia attuale.
In quest’articolo: Decrescita.
Decrescita, degrowth, décroissance, decrecimiento. Decrescita è una parola universalmente utilizzata per definire una corrente di pensiero economico favorevole alla riduzione controllata, volontaria e selettiva della produzione economica e dei consumi, avente come obiettivo quello di stabilire relazioni di equilibrio ecologico fra natura e uomo.
I teorici della decrescita contemporanei basano le loro radici sul pensiero di alcuni autori come Henry David Thoreau, John Ruskin, Lev Tolstoj e Mahatma Gandhi. Alcuni scritti del filosofo indiano contengono riferimenti al concetto di “semplicità volontaria”.
Il termine “decrescita” compare per la prima volta negli anni settanta nel titolo della traduzione francese di un’opera di Nicholas Georgescu-Roegen “Demain la Decroissance” ma importanti anticipazioni possono essere ritrovate nei lavori del Club di Roma, di André Gorz e Ivan Illich. Gli scritti di questi autori hanno influenzato l’economista e filosofo francese Serge Latouche ed altri economisti contemporanei.
Proprio Serge Latouche (uno dei principali fautori della decrescita) ci dà una definizione economico-politica di questo pensiero economico. Essa è innanzitutto uno slogan per indicare la necessità e l’urgenza di un “cambio di paradigma”, di un’inversione di tendenza a discapito del modello dominante della crescita e dell’accumulazione illimitata di merci. Ritenendo aumento dei consumi e massimizzazione del profitto “le spalle” della civiltà occidentale, parlare di decrescita significa immaginare non solo un nuovo tipo di economia, ma anche un nuovo tipo di società. La decrescita esorta una messa in discussione delle principali istituzioni socio-economiche, al fine di renderle compatibili con la sostenibilità ecologica, l’autogoverno dei territori, la giustizia sociale, restituendo una possibilità di futuro a una civiltà che, secondo i teorici della decrescita, tenderebbe ad autodistruggersi.
La decrescita è nata come una critica alle dinamiche economiche prevalenti. Attorno alla decrescita si reticolano un insieme variegato di considerazioni e idee. Esse riguardano la sfera politica, ecologica, sociale e culturale oltre a una molteplicità di “buone pratiche”: distretti di economia solidale, permacultura, agricoltura biologica, difesa dei territori e dei beni comuni, gruppi di acquisto solidale, cohousing, car pooling e passaggio dal risparmio energetico al consumo critico.
Il tema della decrescita ha attirato un complesso di idee sostenute da movimenti culturali alternativi soprattutto di stampo anti-consumistico, anticapitalistico ed ecologico. Queste idee vogliono proporre modelli culturali alternativi al consumismo per superare il principio della crescita economica. L’influenza di altre idee intersecanti al termine decrescita è palesato da alcune espressioni come: “decrescita felice”, “decrescita sostenibile” e “obiezione di coscienza”.
Le proposte dei “decrescitori” si sviluppano su due piani: a livello individuale con la scelta di stili di vita detti di “semplicità volontaria” e a livello globale con una ricollocazione delle attività economiche al fine di ridurre l’impronta ecologica, gli sprechi energetici, l’impatto ambientale, le disuguaglianze sociali. Chi esalta la decrescita sostiene che la crescita economica non porta a un benessere maggiore.
Questo modo di vedere le cose è in contrasto con il pensiero della società moderna, che identifica la crescita del PIL con l’aumento del livello di vita. Una miglioria delle condizioni di vita deve essere ottenuta con lo sviluppo, con l’aumento dei servizi collettivi e con uno sguardo maggiore ai problemi ambientali, non con l’aumento del consumo di merci. La costruzione di un tale modello di vita vede l’impegno di numerosi intellettuali, al seguito dei quali si sono formati movimenti spesso non coordinati fra loro uniti dallo stesso fine: cambiare il paradigma dominante dell’aumento dei consumi quale fonte di benessere.
Il ragionamento di Latouche non è squisitamente economico. Latouche parte infatti da una premessa astratta e arriva ad una conclusione altrettanto astratta. Le cose proposte dall’esperto francese funzionerebbero solo con un miglioramento sociale prima che economico. E’ un pensiero economico alquanto utopico ma non per questo poco importante all’interno del contesto politico-sociale odierno, infatti ci sono esperti, gruppi di studio e istituzioni che si sono avvicinati alla questione.
“La nostra società ha legato il suo destino a un’organizzazione fondata sull’accumulazione illimitata. Questo sistema è condannato alla crescita. Non appena la crescita rallenta o si ferma è la crisi, il panico.”
Serge Latouche.
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RIFERIMENTI:
P. Cacciari (2006), “Pensare la decrescita. Sostenibilità ed equità”, Roma, Carta Edizioni.
S. Latouche (2007), “La scommessa della decrescita”, Milano, Feltrinelli.
M. Pallante (2005), “La decrescita felice. La qualità della vita non dipende dal PIL”, Roma, Editori Riuniti.
http://www.linkiesta.it/pensioni-decrescita