Politica

QUANTE VOLTE LO AVETE UCCISO

Federico Aldrovandi non è caduto per le scale. Federico non ha avuto un incidente in motorino e non era malato. Federico Aldrovandi, quella maledetta notte del 25 settembre del 2005, è stato ucciso da quattro poliziotti e gli assassini, di cui conosciamo nomi e cognomi, sono stati condannati dalla giustizia italiana. L’applauso disumano dei poliziotti del SAP, così assordante e doloroso, è solo l’ennesima orrenda parentesi apertasi sulla questione o ormai l’ovvia conferma dell’esistenza di un problema gigante? 

Il tema della sicurezza risente di un’ignoranza profonda sotto diversi aspetti, ne è la prova il fatto che il concetto di sicurezza sia spesso confuso (dagli stessi operatori) con quelli della repressione, dello scontro, della chiusura andando a determinare una violenta frattura tra il mondo delle forze dell’ordine e i cittadini. L’impressione generale, alimentata poi da fatti gravi come questo, è quella di ritrovarsi in un contatto asimmetrico, arrogante e sproporzionato nel quale i custodi della giustizia e dei diritti fondamentali si trasformano in carnefici. È un gioco in cui tutti stiamo perdendo. 

Quattro poliziotti che picchiano a morte un ragazzo è un evento grave, mostruoso, che questi poi ricevano solidarietà da un’intera organizzazione sindacale è semplicemente inenarrabile. E così si esprime in tutta la sua brutalità una triste contraddizione: le famose “mele marce” che si trovano ovunque ora sono eroi, chi dovrebbe farci sentire al sicuro trasforma degli assassini in martiri. È un’ offesa troppo grande per rimanere a guardare. È un’offesa per tutti quei poliziotti che svolgono il proprio lavoro onestamente, credendo fermamente nel compito che sono chiamati a svolgere; è una violenza per la dignità di Federico. 

Sì è vero, la reazione è stata forte. Titoloni a caratteri cubitali con i commenti dei vari Napolitano, Renzi, Grasso, Alfano e Pansa che urlano allo scandalo e alla vergogna non sono mancati. E poi? Il nulla, neanche più l’eco delle dichiarazioni istituzionali. A 3 giorni dalla standing ovation per gli assassini è calato il silenzio. Oggi quelle mani che hanno applaudito sono tornate in servizio, sono le mani di persone pronte a dare lezioni morali ai cittadini. E i cittadini dovrebbero davvero fidarsi? Forse stanno riflettendo su quanto sia inquietante sapere che quelle persone se ne vanno per i loro quartieri armati, magari di notte, magari quando altri ragazzi come Federico stanno rientrando a casa. Eppure stavolta si sa chi c’era, chi ha applaudito, chi con ogni colpo di mani ha stuprato la memoria di Federico Aldrovandi, si sa e qualcuno ne va fiero. Ma statene pur certi, alle parole di sdegno non seguirà niente. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Claudio D'Angelo

Analista per l'istituto di ricerca sui rischi geopolitici Triage Duepuntozero

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