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Modigliani a Livorno: la bellezza negli occhi

Modigliani è uno di quegli artisti che rimangono impressi, che vengono ricordati. I colli lunghi, i volti ovali, gli occhi privi di pupille sono caratteristiche che anche i neofiti dell’arte facilmente captano, ed è parere comune che l’eleganza e i colori di Modì siano ineguagliabili. 

Come unica era Livorno per Amedeo, che nella città toscana ha visto crescere se stesso e prendere forma la propria arte, studiando, in particolare, i macchiaioli.

Marc Restellini, curatore della mostra, dice: 

“La mostra è un ritorno a casa, sono felice di questa occasione e ringrazio e mi complimento con tutta l’Amministrazione per il coraggio e la rapidità delle scelte. Non poteva esserci decisione migliore di portare la mostra di Modigliani nella sua città nell’anniversario del centenario della morte. Qui a Livorno Amedeo Modigliani ha sviluppato la sua capacità creativa e lo spiritualismo ebraico e qui a Livorno mi auguro che la storia, e non solo il mercato, possano approfittare di questa meravigliosa opportunità per dargli la giusta posizione nella storia dell’arte occidentale”.

Senza dubbio l’esperienza livornese è stata ben integrata anche dal trasferimento, nel 1902, a Parigi, dove Modigliani ha tessuto contatti importanti, venendo in contatto con gli artisti più importanti dell’epoca, fra i quali l’amato-odiato Pablo Picasso. 

È proprio la città d’origine dell’artista ad essere stata scelta come palcoscenico per la grande mostra commemorativa che vede come protagonista proprio Modigliani e la sua “cerchia” di Montparnasse.

L’esposizione, che preso il via lo scorso 7 novembre e che si è conclusa domenica 16 febbraio 2020, in poco più di tre mesi ha raggiunto i 100.000 visitatori. Le opere esposte sono quelle che provengono dalla collezione di Jonas Netter, da poco “riscoperto”, e Paul Alexander, chiaramente personalità di spicco del Novecento artistico e che hanno avuto forte impatto sulla carriera di Modigliani, essendone, di fatto, i più grandi collezionisti. 

Dalla collezione di Netter, oltre alle opere di Amedeo, provengono anche i dipinti collezionati a partire dal 1915 e che testimoniano la fortuna dell’ambiente della grande École de Paris; fra gli artisti troviamo: André Derain, Chaïm Soutine, Maurice Utrillo, Moïse Kisling e Suzanne Valadon. Altra figura preponderante all’interno dell’esposizione è Leopold Zborowski che venne ritratto tre volte dall’artista livornese e che non mancò di sfruttare economicamente la fortuna derivata in seguito alla morte di questo.

È proprio da questi nomi che parte la celebrazione di Modigliani e il percorso della mostra, che vuole essere una commemorazione sentita, partecipe e intellettualmente alta di uno dei più grandi artisti dell’arte italiana. 

Citando ancora una volta Marc Restellini: “La scuola parigina è stata un particolare movimento culturale in Francia. La sua particolarità è che proveniva interamente dall’emigrazione culturale, dagli stranieri. Il fatto è che prima l’arte francese era una tradizione borghese, ed era costituita per lo più di francesi dalla nascita. I maestri stranieri erano, naturalmente, in altre correnti, ma non erano sempre integrati in questa tradizione puramente francese. E la scuola di Parigi era un crescente movimento che si sviluppava interamente per emigrazione. Le opere dei maestri della scuola parigina, benché variate, si distinguevano per l’unità delle ricerche artistiche. Qualcuno ha aggiunto alcune correnti. Ad esempio, Chagall ha aggiunto l’ebraismo, Soutine l’espressionismo, Modigliani le tendenze dell’arte italiana. Credo che questo sia stato uno degli ultimi movimenti del 1905-1920.”

Marc Restellini svolge senza dubbio un ruolo importante nel ricordo di Modigliani, non solo nell’ultimo anno con la curatela dell’esposizione. È fondamentale sapere che, a partire dal 2012, questo si è preoccupato di riunire tutte le opere appartenenti alla collezione Netter, operazione culminata nel 2013 con l’espozione “La Collection Jonas Netter: Modigliani, Soutine et l’aventure de Montparnasse”.

Camminando fra le opere e contemplandole, si respira un’aria familiare, come se si fosse parte della cerchia artistica di Modigliani, come se si potesse ascoltare lo scambio di opinioni mentre si sorseggia un bicchiere di vino in un bar di Montparnasse. Sembra quasi di sentire la voce di Modì e i suoi, dove nulla è puro, ma tutto è frizzante, inondato di una vitalità e una stravaganza rara, dove forme e colori sono espressione dell’io più intimo e nascosto. Ecco quindi che ci troviamo a riflettere su cosa dovesse pensare Modigliani mentre ritraeva quella bambina con il grembiule azzurro, quali fossero i suoi tormenti, come fosse quell’amore viscerale consumato con la sua Jeanne. 

È questo il bello di “Modigliani e l’avventura di Montparnasse”:un ritorno a casa, che fa sentire a casa anche noi visitatori e che ci lascia con la bellezza negli occhi. 

 

 

Francesca Bortoluzzi

Classe 1994, nata a Belluno. Studentessa d'arte a Trento e grande appassionata di musica, soprattutto elettronica. Scrive da anni per vari media, nella perenne ricerca di nuovi stimoli e sensazioni.

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