MUTUALISMO
L’economia è divenuta “cosa di tutti” da un po’ di anni a questa parte, paroloni difficili di origine anglofila, tappezzano e riempiono gli articoli dei nostri giornali. Con le righe a seguire, cercherò di soffermarmi, in ordine cronologico sui diversi pensieri economici che hanno forgiato l’economia attuale.
In quest’articolo: Mutualismo.
Col termine “mutualismo” si fa riferimento in questo frangente a una teoria economica e a una scuola di pensiero anarchica, definita agli albori da Pierre-Joseph Proudhon, che postulò una società paritaria all’interno della quale, i prezzi, sul libero mercato, fossero in ultima istanza strettamente correlati alla quantità di lavoro necessaria per l’ottenimento di tale merce.
“Mutualismo” è un termine utilizzato in varie discipline. Il primo a usarlo fu Charles Fourier (mutualisme) nel 1822 ma non era riferito a un sistema economico. Il Mutualismo fu anche riportato nella New-Harmony Gazette di Owenite nel 1826. La svolta si ebbe negli anni trenta dell’Ottocento quando un’organizzazione lavorativa di Lione, si definì mutualista in “What is Mutualism?”. Pierre-Joseph Proudhon entrò in contatto con i mutualisti di Lione e in seguito utilizzò il medesimo termine per chiarire le proprie teorie.
Parte della proposta mutualista riguarda l’istituzione di una banca di credito che concede prestiti ai produttori a tassi d’interesse sufficienti a coprire appena le spese di amministrazione. Il mutualismo si basa su una teoria economica che stabilisce l’obbligo di ricevere in cambio della vendita di lavoro o di un prodotto del proprio lavoro, l’esatto ammontare del valore venduto in beni o servizi (ricevere meno dell’esatto dovuto è considerato uno sfruttamento, ricevere di più un’usurpazione). Secondo alcuni mutualisti se lo stato non intervenisse, le leggi economiche assicurerebbero agli individui l’ottenimento di proventi esattamente proporzionati alla quantità di lavoro offerta. Per di più gli economisti mutualisti contrastano le pratiche di prestito, investimento e affitto, giacché non le ritengono attività lavorative ma puramente lucrative, destinate a scomparire dal mercato qualora lo stato cessasse di intervenirvi. Proudhon discordava da questo genere di guadagni ma disse:
“Non ho mai inteso vietare o sopprimere, tramite decreti oppressivi, affitti e tassi d’interesse. Credo che tutte queste forme di attività umana dovrebbero rimanere libere e praticabili per tutti”.
I mutualisti sostengono i mercati e la proprietà privata solo se questi assicurano ai lavoratori il diritto di ottenere il pieno ricompenso del proprio lavoro. Inoltre, riconoscono la proprietà privata al proprietario esclusivamente finché questi effettivamente fruisce di questo bene posseduto. In più, il mutualismo di Proudhon tollera le cooperative e le associazioni unicamente se non è possibile per il pubblico affidarsi a industrie private, preferendo perciò una società d’imprenditori individuali. Il mutualismo di Proudhon è simile alle dottrine economiche degli anarchici individualisti americani del XIX secolo ma a differenza loro, i mutualisti sono favorevoli alle associazioni di grandi industrie. Proprio per questo, alcuni ritengono che il mutualismo sia situato tra l’individualismo e il collettivismo. Proudhon stesso raccontò la libertà che inseguiva come la fusione tra proprietà e comunismo.
Proudhon e tutti i suoi seguaci si consideravano inizialmente liberal-socialisti. Ci fu poi un distacco graduale, in tempi stretti i mutualisti si separarono dal socialismo statale, perché non mirano al controllo sociale dei mezzi di produzione. A Proposito di Proudhon Benjamin Tucker disse:
“nonostante si opponesse alla statalizzazione del capitale, cercava di socializzare i suoi effetti rendendo beneficio a tutti anziché impoverendo i molti per arricchire i pochi”.
Per i mutualisti la prevalenza dei problemi originati dal capitalismo sono dovuti alla violazione del principio del costo, inteso come “ragionevole limite del prezzo” (Josiah Warren). Questo principio deve la sua origine ad Adam Smith[1] nel 1776 e alla sua teoria del valore lavorativo, la quale afferma che il prezzo esatto e ragionevole di qualsiasi cosa è l’esatto corrispondente della quantità di lavoro necessaria a produrla. Proudhon e Warren, lavorando indipendentemente e accettando entrambi questo principio, determinano che lucrare sul prezzo (concetto che nella logica capitalistica è basilare) non è etico e morale. Per Josiah Warren chiunque venda beni dovrebbe chiedere non più di quanto lui stesso ha speso per produrlo e il costo di produzione deve essere il limite del prezzo. Invece Proudhon affermava che
“il valore reale dei prodotti è determinato dal tempo lavorativo e che tutti i tipi di lavoro dovrebbero essere considerati alla pari”.
Pierre-Joseph Proudhon invocava quindi l’uguaglianza di salari e stipendi. In termini d’impiego, secondo i mutualisti, un lavoratore non deve essere pagato meno di quanto effettivamente produce.
In definitiva, i mutualisti ritengono che la gente dovrebbe istituire dei sistemi bancari di credito libero. Le banche sostanzialmente creano ricchezza da depositi che non appartengono a loro, lucrando con tassi d’interesse sulla differenza. I mutualisti mirano perciò alla realizzazione di banche che concedano liberamente credito, favorendo così gli interessi dei partecipanti, piuttosto che dei banchieri.
“In casi in cui la produzione richieda grandi divisioni del lavoro, è necessario creare un’associazione tra i lavoratori, perché altrimenti rimarrebbero isolati in classi di subordinati e superiori, e si verrebbero a creare due classi industriali di capi e di lavoratori stipendiati, che è una cosa ripugnante in una democrazia e in una società evoluta.”
RIFERIMENTI
· Itinerarium. Università, corporazioni e mutualismo ottocentesco: fonti e percorsi storici, Fondazione CISAM, 1994.
· Giulio Marcon, Le utopie del ben fare. Percorsi della solidarietà: dal mutualismo al terzo settore, ai movimenti, L’ancora del Mediterraneo, 2004;
· Maria Grazia Ceriggi, Cooperazione e mutualismo. Esperienze d’integrazione e conflitto sociale in Europa fra Ottocento e Novecento, Franco Angeli, 2005;
· Pierre-Joseph Proudhon, Critica della proprietà e dello stato, elèuthera, 2010.
[1] https://www.convincere.eu/economia/item/425-economia-classica
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