Economia

Scuola Austriaca

L’economia[1] è divenuta “cosa di tutti” da un po’ di anni a questa parte, paroloni difficili di origine anglofila, tappezzano e riempiono gli articoli dei nostri giornali. Con le righe a seguire, cercherò di soffermarmi, in ordine cronologico sui diversi pensieri economici che hanno forgiato l’economia attuale. 

In quest’articolo: Scuola Austriaca.

“La Scuola austriaca grazie ai suoi economisti è arrivata molto lontana, e, a mio giudizio, ha cambiato irreversibilmente la visione dell’economia di molti economisti di questo paese.”

Alan Greenspan, presidente della Federal Reserve, in merito alla Scuola austriaca. 

La scuola austriaca, conosciuta anche come la “Scuola di Vienna”  è una scuola di pensiero economico eterodossa che proclama una stretta associazione all’individualismo metodologico, è stata fondata nel 1871 da Carl Menger a Vienna. Nacque inizialmente come uno dei filoni della rivoluzione marginalista, collocandosi poi al di fuori della teoria economica ortodossa. Il suo approccio venne sviluppato da Friedrich von Wieser e da Eugen von Böhm-Bawerk, che lo inoltrarono a esponenti della generazione successiva, tra cui Joseph A. Schumpeter e Ludwig von Mises. Proprio quest’ultimo, a sua volta, esercitò grande influenza su altri giovani economisti, il più noto dei quali è sicuramente Friedrich A. von Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974 che ebbe un ruolo chiave nel diffondere le idee della scuola austriaca nel resto del mondo.  A livello politico, tale scuola, ha dato vita e influenzato le teorie e i movimenti libertari e, in maniera minore, anche quelli liberisti. Il suo nome deriva dalla nazionalità austriaca di molti suoi membri, come appunto Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises, che furono anche ex-studenti dell’Università di Vienna. Nonostante la scuola fosse appunto nata in Austria, gli ultimi aderenti, come Murray N. Rothbard, hanno tratto molti spunti dalla Scuola di Salamanca del XV secolo, che aveva sede nell’Università di Salamanca, e dai fisiocrati[2] francesi del XVIII secolo.

Per la scuola austriaca l’unica teoria economica valida deve derivare logicamente dai principi basilari dell’azione umana. Al di là dell’approccio formale alla teoria, spesso chiamato prasseologia, la scuola ha sempre predicato un approccio interpretativo alla storia. Il metodo prasseologico permette di derivare le leggi dell’economia valide per ogni azione umana, mentre l’approccio interpretativo si occupa di singoli eventi storici. “Mises chiama la teoria generale dell’azione umana prasseologia. La scienza della prasseologia, specialmente nel suo ramo più sviluppato, l’economia, ha permesso di formulare leggi anche nel campo della condotta umana e della società. Mises pone la questione principale cui l’economia è tenuta a  rispondere: in che cosa consiste la relazione di quanto essa determina con l’azione umana.”[3]

L’approccio della scuola austriaca è strettamente razionalista (pur annoverando due anime: kantiana e aristotelica) e si distingue sia dall’approccio platonico/positivista della moderna economia di scuola neoclassica ora dominante, sia dallo storicismo della scuola storica tedesca e degli istituzionalisti americani. Sebbene il metodo prasseologico sia molto differente da quello attualmente utilizzato dalla maggior parte degli economisti, esso è fondamentalmente identico all’approccio tradizionalmente tenuto dagli economisti classici di scuola britannica, dai primi economisti continentali e dai tardo-scolastici. La metodologia austriaca è una netta contrapposizione alla scuola classica del pensiero economico[4].

Sebbene le tesi della scuola austriaca siano controverse e si chiamino in qualche modo fuori dal filone principale della teoria neoclassica (così come sono opposte a molte delle idee di J.M. Keynes), tale pensiero economico ha avuto una certa influenza, a causa della sua enfasi sulla fase creativa (ossia l’elemento “tempo”) della produttività economica e del suo interrogarsi sulle basi della teoria del comportamento connessa con l’economia neoclassica. Menger[5], uno dei maggiori esponenti della scuola austrica, ritenne fondamentale trattare l’economia con un approccio puramente teorico basato sulla convinzione che fosse possibile individuare in ambito economico, con un ragionamento deduttivo, leggi valide in ogni epoca e in ogni contesto. A tale metodo fu più tardi dato il nome di prasseologia, come abbiam detto poco sopra. La scuola di pensiero austriaca adottò l’individualismo metodologico, che vede nell’individuo il solo fondamento della teoria economica. E’ da segnalare un’importante differenza tra marginalismo e la scuola austriaca: mentre gli aderenti alla prima erano tutti esperti caratterizzati da un impiego massiccio della matematica, Menger e i suoi discepoli non esposero mai le loro teorie in forma di modelli formalizzati.

La scuola austriaca, come tutti i filoni marginalisti, si basava sul concetto di utilità marginale, quella cioè che il consumatore trae dall’uso o dal consumo di un’unità addizionale di un bene o servizio. Mentre altri marginalisti consideravano rilevanti, nella determinazione del valore, anche i costi di produzione, gli economisti della scuola austriaca riconducevano questi ultimi all’utilità dei beni finali. Quei costi, inoltre, erano rappresentati dall’utilità che i fattori produttivi avrebbero procurato se fossero stati impiegati nella migliore delle produzioni alternative (costo-opportunità). Secondo la teoria del valore propria della scuola austriaca, quindi, l’utilità costituiva l’unica grandezza importante. Si tratta di un approccio fortemente soggettivo, del tutto opposto ad esempio a quello del pensiero economico classico, secondo cui il valore era determinato esclusivamente dalle condizioni oggettive della produzione. La scuola austriaca è nota anche per aver fornito una teoria del capitale e dell’interesse, basata essa stessa sull’utilità, e più tardi una spiegazione del ciclo economico alternativa a quella keynesiana[6].

Gli economisti austriaci furono i primi ad analizzare chiaramente ed aspramente le teorie marxiste e la dottrina hegeliana. Il primo libro fondamentale della Scuola austriaca, “Principles of Economics” di Carl Menger, venne scritto solo quattro anni dopo il primo libro “Il Capitale” di Karl Marx, mentre il secondo e il terzo libro seguirono rispettivamente di quattordici e di ventitré anni l’opera di Menger. Lo stesso Böhm-Bawerk scrisse negli anni ottanta e novanta del XIX secolo diverse critiche molto approfondite nei confronti del marxismo. Vi fu una svolta all’interno della Scuola austriaca con l’avvento al potere in Germania di Adolf Hitler, vista l’impossibilità di convivenza con il Terzo Reich, molti economisti austriaci scapparono dall’Austria, paese-fulcro di tutta la scuola. Gran parte degli economisti, tra cui Ludwig von Mises, si stabilirono negli Stati Uniti. Gli economisti austriaci si divisero in due tipi:

– uno, rappresentato certamente da Friedrich von Hayek che univa la diffidenza nei confronti dei concetti neoclassici[7] al lo smisurato utilizzo dei metodi della stessa scuola neoclassica;

– l’altra tipologia, rappresentata dal “Ludwig von Mises Institute”, ricercava un nuovo formalismo da applicare all’economia. 

 

“Le forze che determinano lo stato, perennemente mutevole, del mercato sono i giudizi di valore degli individui e le azioni dirette dai loro giudizi di valore”.

Ludwig von Mises. 

 

RIFERIMENTI

C. Menger, Principi fondamentali di economia, Rubbettino, 2001.

E. von Böhm-Bawerk, Potere o legge economica?, Rubbettino, 1999.

www.treccani.it

www.wikipedia.it

 

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[1] https://www.convincere.eu/economia

 

[2] https://www.convincere.eu/economia/item/410-la-fisiocrazia

 

[3] M.C. Federici, Dove fondano le libertà dell’uomo, Edizioni Borla, Roma, 2006. p. 41.

[4] https://www.convincere.eu/economia/item/425-economia-classica.

 

[5] Citato in: https://www.convincere.eu/economia/item/445-marginalismo.

 

[6] https://www.convincere.eu/economia/item/471-economia-keynesiana

 

[7] Scuola neoclassica o marginalista https://www.convincere.eu/economia/item/445-marginalismo.

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