Politica

CARO PRESIDENTE… I prigionieri politici iraniani scrivono a Obama

Più di cinquanta prigionieri politici in Iran hanno scritto una lettera a Barack Obama spiegando il loro punto di vista riguardo la situazione di stallo internazionale presente. Ecco il testo integrale tradotto dal persiano e dall’inglese dal sottoscritto: 

“Sig. Presidente!

Noi, i firmatari di questa lettera e prigionieri politici passati e presenti in Iran, stiamo scrivendo questa lettera per attirare la sua attenzione sui devastanti effetti delle sanzioni economiche e sugli intensificati sforzi per isolare diplomaticamente l’Iran dalla comunità internazionale. Questi sforzi stanno però influenzando negativamente le vite degli iraniani e sono sfociati in limitazioni severe nella vita politica del nostro paese. Questa lettera riflette le serie preoccupazioni del pubblico iraniano riguardo il futuro deprimente al quale potrebbe condurre il continuo conflitto tra gli USA e l’Iran. Condividiamo con voi queste nostre preoccupazioni.

Il conflitto riguardante il programma nucleare iraniano si è sviluppato, negli ultimi anni, in un pericoloso contesto con gli USA e più generalmente con l’Occidente. Questo conflitto ha indebolito la fiducia e intensificato le animosità tra le tue parti. 

Il conflitto è risultato nell’imposizione di sanzioni opprimenti mai viste la quala vittima principale è il popolo iraniano che deve vivere sotto l’insostenibile pressione dell’opprimente inflazione e la carenza di beni primari per una vita decente. La cosa triste è che sembra ci sia davvero una bassa speranza di risolvere il conflitto.

Nelle recenti elezioni presidenziali in Iran (14 Giugno 2013), è stato eletto un politico il quale campagna elettorale ha promesso moderazione e decisioni razionali nelle politiche internazionali e nazionali. Questa amministrazione ha promesso di perseguire relazioni costruttive nel campo internazionale e intende portare un messaggio di cambio positivo e rispetto reciproco.

Crediamo che sia arrivato il tempo per le nostre due nazioni di cambiare pagina e iniziare una nuova era di comprensione reciproca. Dal nostro punto di vista, il mandato di questo governo potrebbe essere l’ultima chance per dare a questo conflitto una risoluzione ragionevole e reciprocamente accettabile. E’ chiaro che ci sono partiti e soggetti in entrambe le fazioni che non desiderano una fine pacifica per questo conflitto e preferirebbero vederlo trascinarsi oltre. Ma la ragione prevale per una perserveranza negli sforzi diplomatici con lo scopo di ottenere una più veloce e meno costosa risoluzione a questo conflitto.

Il presidente Rohani è un politico conosciuto per essere un gran sostenitore del dialogo e dell’impegno costruttivo nelle relazioni internazionali, e gode di una base solida di supporto in Iran. Ha anche un passato trasparente di negoziazioni con la troika europea riguardo la questione nucleare. Con l’elezione di questo presidente, la logica aspettativa è che le politiche passate, con la imposizione delle sanzioni economiche in primis, inizino a cambiare e dare spazio a più costruttive relazioni e rispetto reciproco. Continuando con la pressione di questi ultimi anni, convinceranno sempre più a stragrande maggioranza del popolo iraniano che gli Stati Uniti non sono realmente interessati nel risolvere il conflitto.

Usando la limitata oppurtunità che il sistema elettorale iraniano permette, la maggioranza degli iraniani ha espresso il suo desiderio di un cambiamento genuino in ogni aspetto della politica, inclusa la politica estera del paese, e di finire le durezza economica che il precedente governo gli ha imposto. Crediamo che rimanere indifferenti a questo cambiamento e continuare la politica dell’ultimo decennio condurrà la maggioranza del popolo iraniano a credere che gli Stati Uniti non sono seriamente interessati a risolvere diplomaticamente la questione.

Le sanzioni economiche sono stati il fattore chiave nel creare una situazione in cui il potere d’acquisto di più della metà delle famiglie iraniane si è ridotto significativamente nell’arco degli ultimi due anni. Le sanzioni hanno colpito maggiormente l’industria manufatturiera e il settore dell’ esportazione dell’economia iraniana e hanno ridotto l’occupazione e gli investimenti nel settore civile quali le automobili, acciaio, industrie petrolchimiche ed infine l’edilizio.

Sig. Presidente! Tutti gli iraniani, incluse le famiglie dei prigionieri politici e specialmente i ceti più bassi, stanno soffrendo sotto il carico dell’inflazione crescente e la carenza di medicinali e altre risorse basilari necessarie per la vita. Le sanzioni si sono trasformate in una punizione collettiva imposta non solo al governo iraniano, ma anche alla gente comune! L’economia nazionale si è ristretta negli ultimi due anni e la forza dell’Iran come una nazione-stato si sta riducendo.

Continuando su questa strada, come intesa dalla recente legislazione del Congresso USA, condurrà a un embargo de facto sull’Iran il quale sarebbe un primo passo nel dichiarare una vera guerra. Il  Nuclear Iran Prevention Act (ratificato il 31 Luglio 2013, quattro giorni prima dell’insediamento di Rohani) è il miglior esempio di questi nostri sforzi. In questa guerra, i sostenitori della democrazia in Iran, come noi, che hanno pagato il prezzo della fiducia nei diritti e nelle libertà civili e politiche con la sofferenza delle nostre famiglie e con gli anni passati in prigione, difenderanno l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Iran. Le forze popolari iraniane sono state già testate in passato dagli Usa, nel colpo di stato del 1953 contro il governo di Mohammad Mossadeq, e da politico ben informato saprà come il cambio di regime in Iran ha influenzato le relazioni tra le nostre due nazioni fino a questi giorni.

Sig. Presidente! Sappiamo e apprezziamo il fatto che la sua amministrazione ha seguito una politica verso l’Iran che è diversa sia in forma che in contenuti dalla linea dura della maggioranza repubblicana nel parlamento statunitense. Ma vediamo allo stesso tempo che i risultati pratici di questi politiche si sono riflessi nelle leggi che sono passate dal Congresso USA e che ha dovuto firmare come parte delle larghe intese con la Casa controllata dai repubblicani. L’Iran Freedom And Counter-Proliferation Act, ratificato il 2 gennaio 2013 e attivato quindici giorni dopo l’elezione del presidente moderato dell’Iran è il caso più recente.

Forse è prudente valutare in modo critico la politica dell’amministrazione Bush verso il governo del presidente Khatami. Oltre che complicare la questione nucleare che ai tempi era molto più facile da risolvere il risultato della politica è stato fortificare una insensata corrente politica estremista e alzare alte barriere per la risoluzione della questione nucleare. Una revisione onesta dell’ultimo decennio turbolento nel Medioriente mostrerà facilmente come queste politiche non hanno portato a risultato positivi. Riutilizzare approcci fallimentari complicherà ulteriormente la situazione.

Alcune persone crederanno che le sanzioni promuoveranno la democratizzazione in Iran, noi non siamo d’accordo. Pensiamo che la democrazia è la fine tanto desiderata degli sviluppi indigeni. Ma le sanzioni, le difficoltà imposte sulla gente e mettere pressione a un nuovo governo appena insediato, calcolando i limiti del sistema politico iraniano, non sono il modo giusto di agire. Il risultato di queste politiche porterà, nuovamente, a fomentare l’estremismo e a indebolire il movimento democratico in Iran.

L’Iran necessita di stabilità è speranza al fine di essere capace di gestire la propria corsa verso la moderazione e la democrazia all’interno del paese, e verso la riduzione delle tensioni e l’impegno costruttivo al di fuori del paese. La speranza e l’entusiasmo verso il nuovo presidente crolleranno sotto il peso delle devastanti sanzioni sulla vita della gente. I risultati saranno, nuovamente, radicalismo e prospettive pericolose per la sicurezza nazionale e la pace internazionale.

L’imporre sanzioni e creare ingiustificate difficoltà agli vita degli iraniani violano i diritti fondamentali dei nostri cittadini. Crediamo che queste azioni siano incongruenti con i principi universali dei diritti umani e con lo spirito della costituzione statunitense.

Sig. Presidente! Crediamo che sia tempo di rimpiazzare le sanzioni con uno sforzo per ottenere una reciproca e accettabile soluzione per la questione nucleare. Una soluzione dignitosa nella quale nessuna delle due parti dovrà sentirsi un perdente. Questa soluzione dovrebbe essere basata sulla genuinità delle preoccupazioni verso il programma nucleare iraniano e il diritto legittimo dell’Iran di utilizzare l’energia atomica per scopi pacifici, in ottemperanza degli standard legali internazionali.

Noi, infine, sproniamo la vostra amministrazione e il nuovo governo in Iran a fare tutto il possibile per ottenere la reciproca fiducia e il successo della diplomazia. Speriamo che la opportunità creata dall’elezione del presidente Rohani venga presa al volo dagli Stati Uniti. Speriamo anche che le misure dei rispettivi governi aprano una finestra di intesa e sviluppo costruttivo tra i due paesi in modo che gli interessi di entrambi vengano rispettati al meglio.”

 

Firmatari:

1. Mohsen Mirdamadi, chairman of the national security and foreign policy committee of the sixth Iranian parliament, general secretary of Iran’s Islamic Participation Front

2. Mohsen Aminzadeh, deputy foreign minister under the reformist government of President Khatami

3. Mostafa Taajzaadeh, deputy minister of the interior under the reformist government of President Khatami

4. Faezeh Hashemi, Sixth Majles deputy and head of the Women’s Sport Organization

5. Abolfazl Ghadyaani, political activist and senior member of the Islamic Revolution’s Mojahedin Organization

6. Seyed Alireza Beheshti, former secretary of the cabinet and senior advisor to Mir Hossein Mousavi

7. Alireza Rajaie, political activist (National-Religious Current) and secretary of the Iranian Journalists’ Union

8. Abdollah Mo’meni, Spokesman of the Organization of Iranian University Graduates (Advar-e Tahkim-e Vahdat) and head of Mahdi Karroubi’s Free Citizen election campaign

9. Mohammad Amin Hadavi, former member of the Representatives of the Tehran Chamber of Commerce

10. Feyzollah Arabsorkhi, deputy minister of commerce under the reformist government of President Khatami

11. Masood Pedram, political activist (National-Religious Current), political researcher

12. Mohammad Sadegh Rabbani Amlashi, former deputy chairman of Iran’s Nuclear Energy Agency

13. Jiela Baniyaghoob, journalist and civil society activist

14. Narges Mohammadi, human rights activist and secretary of the Center for Defenders of Human Rights

15. Isa Saharkhiz, journalist and political activist

16. Bahman Ahmadi Amooyee, journalist

17. Keyvan Samimi, political activist (National-Religious Current) and journalist

18. Mehdi Mo’tamedi-Mehr, member of the political Bureau of Iran Liberation Movement

19. Emad Behavar, political activist and senior member of Iran Liberation Movement

20. Hasan Asadi Zeydabadi, senior human rights expert, member of the Organization of Iranian University Graduates (Advar-e Tahkim-e Vahdat)

21. Bahareh Hedayat, member of the central committee of Iran’s Student Union (Tahkim-e Vahdat)

22. Omid Kowkabi, PhD graduate of nuclear physics from Texas University at Austin

23. Farshid Fathi, Christian pastor

24. Masood Bastani, journalist

25. Mehdi Mahmoodian, political activist

26. Mohammad Seddiq Kaboodvand, CEO, Kurdistan Human Rights Organization

27. Mehdi Tahaghoghi, political activist, university professor, member of the Islamic Revolution’s Mojahedin Organization

28. Seyed Ahmad Hashemi, former director general under the reformist government or President Khatami

29. Siyavosh Hatam, senior member of Iran’s Student Union (Tahkim-e Vahdat)

30. Mostafa Nili, student activist

31. Mostafa Badkoubeyee, poet and critic

32. Rahman Ghahramanpour, university professor and researcher at the Strategic Studies Center, Expediency Council

33. Hosein Ronaghi Maleki, human rights activist, critical blogger and member of the Countering Censorship in Iran

34. Abolfazl Abedini, human rights activist

35. Ali Khodabakhsh, press activist and former deputy Agriculture Jahad minister

36. Mehrdad Sarjooyee, journalist

37. Mohammad Hasan Yousefpour Seyfi, human rights and children’s rights activist

38. Mehdi Khodayee, human rights activist

39. Mansoor Taghipour, human rights activist

40. Amin Chalaki, political activist

41. Alireza Seyedian, Christian pastor

42. Mostafa Bordbar, Christian convert

43. Ali Nazeri, Dentist, head of the Green Civil Society

44. Seyed Mahmood Bagheri, Teachers Guild activist

45. Mehdi Tajik, student activist and social protestor

46. Jafar Ganji, political activist

47. Ebrahim Banoli Zeydi, cultural activist and social protestor

48. Hosein Zarini, social protestor

49. Arash Saghar, journalist

50. Mostafa Rismanbaf, student activist and social protestor

51. Mohammad Ebrahimi, social protestor

52. Behzad Arabgol, social protestor

53. Kamiyar Parsa, university student and social protestor

54. Hamid Karvasi, social protestor

55. Nader Jani, social protestor

 

Fonte: 

http://www.theguardian.com/world/iran-blog/2013/aug/08/iran-political-prisoners-letter-to-obama

Tradotto liberamente da: Dariush Rahiminia

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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