Politica

Siria e Turchia, quel confine che non si vede

Turchia e SiriaTel Abiad è una cittadina siriana di circa 12mila abitanti che sorge vicino il fiume Balik. La sua piazza principale dista 1.850 metri dalla piazza di un’altra città, la città turca di Akcakale.

Nella serata del 3 ottobre un colpo di mortaio esploso dal territorio siriano ha colpito la cittadina turca, uccidendo cinque persone. Il governo turco, naturalmente, non ha esitato a reagire. Le postazioni militari di Rasm al Ghazal, vicino Tel Abiad sono state bombardate dall’aviazione turca, portando la morte di morti almeno  cinque soldati siriani.

L’ennesima scintilla tra Erdogan e Assad che rischia di esplodere in un conflitto, dopo che da quasi due anni le violenze in Siria allarmano l’intera regione.

E non poteva essere altrimenti.

Il conflitto siriano non è alimentato solo da tensioni politiche interne, assomiglia invece sempre più ad un fiume in piena che si allarga ed ingloba scontri etnici, jihadismo e speculazioni internazionali, fino a non trovare traccia dell’inizio dell’uno e della fine dell’altro.

Ed è questo forse che preoccupa realmente paesi come la Turchia, che negli ultimi mesi ha visto arrivare più di 93mila rifugiati dalla Siria, molti dei quali sono transitati proprio dal varco di Akcakale. Quello che appare più chiaro è che i confini reali tra i due paesi sono sempre più liquidi, più incerti, suscettibili alle violenze siriane e l’inevitabile coinvolgimento delle forze turche dispiegate sul confine lo dimostra.

Secondo il governo turco “azioni aggressive, come parte delle operazioni militari condotte dalle forze armate della repubblica araba siriana, a partire dal 20 settembre, sono state dirette anche contro i territori del nostro paese . Queste azioni sono perdurate, nonostante i nostri ripetuti avvertimenti e iniziative diplomatiche . Azioni aggressive nei confronti del territorio del nostro paese ci portano al limite di un attacco armato”.

Ma se da una parte Ankara non può permettere nessuna violazione alla sovranità sul suo territorio, Damasco accusa la Turchia di aver permesso a terroristi islamisti ed armi di entrare in territorio siriano proprio da quel varco.

In questi giorni si è parlato di possibile conflitto tra Siria e Turchia, ma nessuno lo vuole. Non lo vogliono i turchi, che sanno distinguere un effetto collaterale della complessità della situazione siriana, da un pericolo concreto nei confronti della sicurezza nazionale. Non lo vuole Assad, che sa di non essere in grado di affrontarlo e non ha atteso di far sapere alle autorità turche che l’incidente non si ripeterà. Ed è per questo che un intervento Nato, al momento, è improbabile. Comunque sia la comunità internazionale, Italia compresa, ha fermamente condannato l’attacco siriano, sottolineando la legittimità della reazione turca.

Cosa succederà ora? Probabilmente niente. Nonostante la richiesta del governo di Ankara di consentire ai militari di condurre operazione oltre la frontiera nazionale è stata approvata dal parlamento turco, la risoluzione della crisi siriana non arriverà per vie militari. E mentre la gente innocente di Tel Abiad e Akcakale muore, le due città ora sofferenti non sembrano essere state mai così vicine quanto oggi. 

 

© Riproduzione Riservata

Claudio D'Angelo

Analista per l'istituto di ricerca sui rischi geopolitici Triage Duepuntozero

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