Musica e spettacolo

“Producendo per gli altri, ho trovato me stesso”: intervista a SebastiAn

In SebastiAn c’è sempre stata una tendenza all’iconicità ben marcata, vuoi i brani corposi e ben strutturati, vuoi il modo di porsi e veicolare la propria immagine. Eppure, se in “Total” – e in tutto ciò che ne è conseguito – il produttore sembrava evitare un certo trasporto emotivo, ora, con “Thirst”, la situazione è evidentemente cambiata.

Dove sei stato in tutti questi anni?

 

Tra il primo e il secondo album ho prodotto molte persone, mi sono concentrato principalmente sulla produzione di album. Per esempio, ho prodotto Kavinsky, alcuni artisti francesi, sono stato poi coinvolto nell’album di Frank Ocean e anche in quello di Charlotte Gainsbourg. Quindi, risposta semplice: in questi otto anni, sostanzialmente, ho prodotto.

Possiamo dire che sei stato dietro le quinte…

Esattamente.

Penso che comunque sia molto differente produrre per se stessi piuttosto che per gli altri…

Penso che produrre per qualcuno sia come nascondersi in favore del progetto degli artisti. Viene richiesto di re-impostare il proprio stile per adattarsi meglio a quello dell’artista per cui stai lavorando. Quindi, è esattamente il processo opposto che devi adottare quando invece lavori per te stesso. Forse per questo ho voluto molte collaborazioni in “Thirst”, dove il processo è stato invertito: ho iniziato a creare da solo e ho chiesto ad altri artisti di entrare poi nella mia musica.

Perché hai deciso di produrre per altre persone? Voglio dire, eri famoso e la tua musica era anche molto apprezzata dal pubblico, non è un po’ strano?

Per me non è affatto strano. Ho iniziato come produttore sin da giovane e quindi già da prima del mio successo stavo producendo per altre persone. L’album è stato il primo progetto solista, e dopo che è uscito, sono tornato direttamente al mio primo amore, che è produrre. Mi piace sempre incontrare artisti, produttori. Alcune persone mi hanno scoperto con i miei album, me ne rendo conto, ma nella mia testa io sono sempre un produttore.

Lo sai che ci sono un sacco di nostalgici che non vedevano l’ora che fosse il momento del tuo ritorno?

Se lo so? Mmmmh. Non lo sapevo esattamente, ma ora sto iniziando a sentirlo. Mi piace solamente produrre pezzi e fare nuova musica… quindi sto scoprendo solamente in questo momento che sì, effettivamente alcune persone mi stavano aspettando.

Perché credi manchino così tanto le sonorità tipiche dell’elettronica francese?

Penso che il sonorità tipiche della French Touch strizzino l’occhio a qualcosa di molto gioioso, qualcosa di molto umano… i suoni sono forti e diretti. La maggior parte delle tracce che ho sentito dagli Stati Uniti o non so, da qualsiasi altra parte, sono più simili a qualcosa… mmmh … di depresso. Forse i suoni francesi mancano perché sono più affini alla disco, sono qualcosa di vivo. Forse le persone sono stufe di essere depresse (ride, NdI).

Parlando di French Touch: hai rinnovato la collaborazione con EdBanger…

Non potevo fare altrimenti, è la mia famiglia! Ho iniziato con loro, mi piace quello che fanno e ho sentito un impulso naturale nel pensare a loro anche per questa nuova uscita. Appena sono arrivato lì da loro, per dirti, ho incontrato i Justice: abbiamo iniziato tutti insieme… questo è qualcosa di  tipicamente francese e parigino, siamo tutti amici. Siamo una famiglia, quindi non ho potuto smettere.

Mai lasciare la famiglia!

Sì, ecco, non siamo quella famiglia dove tutti si riuniscono a Natale, ma siamo pur sempre una famiglia!

Parlando invece di collaborazioni…come è nata quella con Yves Saint Laurent?

Questa è arrivato subito dopo l’album con Charlotte Gainsbourg, che è stata una specie di testimonial del brand. Mi hanno chiesto di provare a creare la musica per lo show, ha funzionato bene, e abbiamo iniziato a lavorare. È stato il via di una grande collaborazione, anche grazie ad un ottimo feeling con Anthony Vaccarello, direttore creativo di YSL. Sono quasi quattro anni che lavoriamo insieme ed è stato fantastico, perché ha cambiato il mio modo di fare le cose. In questo tipo di progetti, sai, tutto è veloce, dinamico… nell’ambiente della moda tutti urlano ovunque, è isterico! Hai davvero pochissimo tempo per produrre la musica, è una sfida… Sai, finisci la canzone e tre giorni voilà, dopo c’è lo show. È comunque bello e stimolante questo tipo di approccio… tutto è molto veloce. Mi piace molto anche come metodo di produzione: sicuramente non ti permette di spegnere cervello. Non conosco molte persone nell’ambiente della moda e non vengo da quel mondo: proprio per questo ho scoperto alcune cose interessanti che non mi aspettavo, quindi sono davvero entusiasta.

Come credi si sposino i tuoi pezzi con la moda e il design? Alla fine, credo che i processi creativi siano simili…

Sì, la penso come te. Ad esempio, la prima idea è stata quella di non fare ciò che le persone si aspettavano dalle sfilate di moda e non inserirvi quindi musica già esistente. Ho proposto di creare la musica per lo spettacolo, in particolare qualcosa che potesse davvero adattarsi a questo tipo di show. Credo sarebbe meglio aprirsi maggiormente tra artisti per collaborare, nel processo di creazione, la cosa ottimale è quella di costruire ponti tra noi. Penso sarebbe molto bello ed utile perché, come ho detto prima, c’è molto poco tempo per produrre, quindi è necessario lavorare tutti insieme… e posso dire che sono davvero felice di collaborare con mondi davvero diversi all’interno del mondo dell’arte.

Alla fine, è tutta arte. Per quanto riguarda l’album in uscita, mi pare che in “Thirst” i suoni siano diventati più cupi rispetto, ad esempio, a tracce come “Embody”. Mi sbaglio?

Io penso che, in una maniera forse un po’ strana, sono riuscito a mettere un po’ di gioia nelle tracce dell’album. Ho messo un po’ di buio nelle tracce più luminose. Ho voluto trovare una sorta di equilibrio tra i sentimenti che ho voluto esprimere nell’album… c’è qualcosa di molto forte nelle tracce più “leggere”. Ad esempio, ho messo qualcosa di forte in “Better Now”, nei sentimenti che ci sono dentro; sento qualcosa di quasi romantico, in un modo strano, in questa traccia. Ho cercato di mettere determinate emozioni anche dove non sono richieste. Mettiamola così: quando la traccia è forte possiamo dire che c’è qualcosa di abbastanza romantico, e quando la traccia è un po’ lenta, possiamo trovare qualcosa di più oscuro.

Forse è solo il tuo modo di comunicare le emozioni…

Non ho vie di mezzo, non ho emozioni sfumate a metà; e ne ho comunque molte…

Chi e quali eventi pensi siano stati fondamentali per la creazione di questo album?

Penso che tutte le persone per cui ho fatto da producer in passato, anche se non sono tutte in questo album, siano importanti. Ad esempio, lavorare con Frank Ocean o Charlotte Gainsbourg mi ha fatto capire molte cose della vita e della musica. Mi hanno dato molte idee differenti, questo perché i loro progetti sono diversi. Mi hanno aiutato cioè molto nel bel mezzo dell’album a trovare la mia via: cercando qualcosa di diverso per loro, ho trovato qualcosa per me. C’è un sacco di gente nell’album come ospiti e mi è davvero piaciuto incontrarla, è davvero importante per me, perché ero comunque una specie di loro fan. E non so chi mi abbia davvero dato qualcosa nello specifico, perché tutti hanno dato qualcosa a me e all’album… non saprei, forse Frank Ocean o Charlotte Gainsbourg hanno avuto il ruolo più decisivo. Quello che è importante per me è capire le persone, fare musica insieme e passare del tempo con loro. Per me l’aspetto umano è molto importante, mi ha dato la forza, la convinta sensazione che sì, volevo fare questo album. Il nuovo modo di lavorare a distanza, quello in cui le persone non si incontrano, non è sicuramente il mio tipo di lavoro. Penso che puoi sentire qualcuno in una canzone solo se passi del tempo con questa persona.

Possiamo dire che sei un producer “old school”?

Sicuramente. Voglio dire… penso che gente come Moroder, o comunque grandi produttori, abbia tutte molte storie sulle persone con cui hanno lavorato. Quindi, sarebbe un dramma per me, quando avrò 70 anni, non essere in grado di parlare di tutti gli aneddoti che ho con, non so, Frank Ocean, Kavinsky…Ho bisogno di passare del tempo con gli altri, penso che questo sia il modo migliore per fare musica.

Sono assolutamente d’accordo con te. Penso che anche la tua città natale sia stata importante, infatti possiamo vederla nel video di “Beograd”…

Hai ragione, è molto importante. Sono cresciuto a Belgrado, in Serbia, è appunto il paese dal quale proviene la mia famiglia. È stato molto importante per me trovare un po’ di tempo per tornare lì, per riprovare sensazioni forti e riscoprire le mie radici insieme a tutta la mia famiglia. Quindi, quando ho finito il pezzo, ho chiamato So Me e gli ho detto che volevo tornare dove sono cresciuto: e così abbiamo deciso di realizzare il videoclip, che è una sorta di mia visione personale di Belgrado… ci sono molte persone incredibili lì, è stato fantastico.

Sai, io la copertina di “Ross Ross Ross” la trovo davvero una copertina iconica, come quella di “Total”, del resto. Come è nata invece la cover di “Thirst”?

È nata dall’idea principale di un’opposizione… qualcosa che non è davvero divertente, ma nemmeno qualcosa di molto serio. A causa dei social media, sento che l’ego sta crescendo ovunque, e otto anni dopo il mio album – siamo passati da Facebook a Instagram – penso che i messaggi siano cambiati in questi anni. Su Facebook, tutti volevano essere simpatici e divertenti all’inizio, ora con Instagram tutto ciò è ancora bello, ma anche diverso in senso negativo…quando le persone si amano troppo, il bello finisce in scontro. Quindi è una specie di traduzione di come le cose si sono evolute dalla prima copertina ad oggi.

Quindi non ti piacciono i social media?

Non ho giudizi morali sui social media, è solo un sentimento che ho riguardo alla concezione del progresso. L’abbiamo sempre venduto come qualcosa di figo, ma allo stesso tempo pesante; ci sono anche sentimenti davvero cattivi che nascono da parte delle altre persone, non è solamente qualcosa di bello. È nell’aria… quando ho fatto la copertina, ho sentito una pesantezza che volevo mostrare, ed è stato davvero divertente per me. È stato divertente per me perché l’album è un po’ più silenzioso rispetto al primo: mi piace molto il fatto che, se nel primo mi bacio, ora combatto me stesso.

Per me, sei un trasformista: sei passato da “Ross Ross Ross” a “Total”, ma come sei ora?

Sto ancora cercando, non voglio ripetermi troppo. Io credo sia fondamentale andare sempre verso cose nuove, quindi sto ancora imparando e cercando. Sono, in un modo strano, felice. Non posso dire esattamente come sto; sai, quando sai davvero chi sei, è noioso…

Ti ho sentito suonare quasi dieci anni fa a Belluno, e mi hai davvero stregata perché il tuo live mi è sembrato così energico ed epico. Ho notato anche che ti piacciono davvero le intro, e sono molto importanti anche in questo album…

Sì, ricordo molto bene quel set. Mi piace proprio questo nei miei show. Ad esempio, negli show che sto facendo in questo momento, cerco sempre qualcosa di più…sai, questo album non è “nervoso” come il primo, ma quando suono, voglio ancora che la mia musica sia d’impatto. Non posso riprodurre questo album così com’è, dal vivo, ma è necessario portare una versione più energica di questo.

Ci rivediamo in Italia?

Certo che sì! Voglio tornarci!

Fonte: Soundwall.it

Francesca Bortoluzzi

Classe 1994, nata a Belluno. Studentessa d'arte a Trento e grande appassionata di musica, soprattutto elettronica. Scrive da anni per vari media, nella perenne ricerca di nuovi stimoli e sensazioni.

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