Politica

LETTERA APERTA AL SIG. CAPO DELLA POLIZIA

BLICK-BLACK-BLOCK: ANCORA……?

Gentile Prefetto, Lei esercita una funzione di valore costituzionale non di poco conto, ovvero, Lei è il responsabile dell’ordine e della sicurezza pubblica, la cui letteratura gestionale contempla una fase dove le misure e i provvedimenti adottati concretizzano la cosiddetta prevenzione ed una dove, nonostante le misure ed i provvedimenti adottati, inevitabilmente occorre limitare e contenere il consumo dei reati con la cosiddetta repressione.

Ora, attenendoci alle manifestazioni, a partire dai fatti incresciosi di Genova 2001 fino a sabato 5 aprile 2014, mi pare che l’istituzione da Lei diretta ignori totalmente la prevenzione, eppure historia docet, ma a chi? Non certamente a quell’operatore di polizia in borghese con il casco, da Lei definito cretino, che riferisce di aver inciampato nel corpo di una ragazza finita a terra, mentre le immagini televisive lo smentiscono sonoramente, tradendo una qualità umana del soggetto a dir poco pessima.

Entriamo nei dettagli della faccenda perché le conclusioni alle quali siamo costretti ad arrivare porteranno alla luce pesantissime lacune organizzative ed operative.

Secondo logica il cretino, peraltro miope a suo dire, operando durante la manifestazione con corteo in abiti borghesi avrebbe dovuto camuffarsi in mezzo ai fomentatori di disordine e carpire quelle informazioni utili da comunicare tempestivamente ai colleghi operanti in divisa. Dunque, i fatti accertano che l’energumeno chiamato da Lei cretino, fosse ad operare in tutt’altra situazione, facendo emergere chiaramente che abbia contravvenuto precisi ordini e precisi compiti da svolgere, oppure che abbia dimenticato o smarrito la divisa che in quella circostanza operativa doveva obbligatoriamente indossare. In ogni caso, viene alla luce che l’addestramento del personale è totalmente carente o quantomeno manchi di quell’aggiornamento professionale indispensabile per gestire al meglio le situazioni critiche.

Va, inoltre, messo in risalto che le selezioni delle persone che aspirano a diventare poliziotti difettano di un esame psicologico severo. Chiarito ciò, non può essere elusa la comparazione di quello che è accaduto con l’impiego della quantità di risorse destinate all’ordine e alla sicurezza pubblica che, visti i risultati scadenti, per i cittadini che pagano le tasse hanno un costo eccessivamente oneroso.

Mi riferisco agli oltre 45.000 poliziotti operanti negli uffici anziché svolgere per strada i compiti d’istituto previsti dagli artt. 36 e 67 della legge 121/81. Questo dato statistico, che non è smentibile, porta alla luce lo sperpero di denaro pubblico senza che si operi un controllo qualificato delle spese.

Sono ascrivibili a questo scellerato modo di dilapidare le risorse: l’acquisto delle divise (2700 euro circa ognuna), il mantenimento di tutti gli edifici per ospitare gli istituti d’istruzione dove, appunto, non s’impara nulla di quello che servirebbe.

Caro Prefetto, il permanere di questa condizione gestionale dell’ordine e della sicurezza pubblica comporta effetti paradossali, per cui se è vero che la titolarità delle funzioni amministrative, patrimoniali e contabili è assegnata dall’articolo 36 della legge 121/81 al personale appartenente ai ruoli dell’Amministrazione civile dell’Interno, quest’ultimo, il cui rapporto di lavoro ha la natura giuridica privatistica, vede determinarsi l’organico in base ai carichi di lavoro secondo le disposizioni contrattuali.

Pertanto, sic stantibus rebus, se si dichiara o si lascia dichiarare che il personale civile è in esubero si commette un grave errore in relazione alla presenza, negli uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, di circa 45.000 poliziotti. A chi imputare questo stato delle cose? Certamente a chi lo ha preceduto nell’incarico e alle OO.SS. di Polizia il cui potere pesantemente condizionante cesserebbe se prevedessimo con effetto immediato un provvedimento di legge che esclude la presenza delle OO.SS. di polizia dal Consiglio d’Amministrazione del Ministero e non equipari più, ai fini della carriera, l’esercizio della carica sindacale all’esercizio sul campo della professione di poliziotto.

Come chiudere questa storia caro Prefetto?

Semplicemente applicando la legge.

 

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