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I FIGLI DELLA NAKBA

Nakba, Sionismo, Ebraismo,  Islamismo, Planislamismo. 

Sono queste le moderne terminologie che, ad oggi, accompagnano le nuove ideologie, mischiandosi con storie di popoli e facendo leva sui processi umani che si sviluppano. E nel giorno in cui si ricorda la Nakba, si provvede ad inquadrare la fattispecie storica collegata ad ulteriori fenomenologie ideologiche.

Il Sionismo è una dottrina nata nel 1897 da Thomas Herzl che, riunendo a Basilea tutti i “guru” dell’ebraismo internazionale, accese i fuochi spirituali sull’eterna rivendicazione mai sopita: la Terra Promessa. 

Da qui, un’unità d’intenti protesa a concretizzare questo progetto, con l’invio di emissari in “quella” Terra Promessa, chiamata in codice con il nome di “sposa”, che però aveva un nome ben preciso: Palestina, radice del nome ‘Terra di Canaan’. 

Il resoconto degli emissari, arrivati in Palestina, è degno dei migliori romanzi che incrociano amore, nostalgia e spionaggio; difatti, gli 007 ebraici arrivati sul posto, trovarono non una terra disabitata, priva di vita, ma animata da Kibbutz che riuniti in regolari forme di armonia, rappresentavano un Governo di pace e convivenza. 

La risposta degli emissari ebraici a Thomas Herzl, rimase nella storia e fu la seguente frase criptata: “La sposa è bella, ma è sposata ad altro uomo”. La sposa, dunque la Terra Promessa, non più giovane e vergine illibata in attesa di un secolare ritorno del proprio uomo espulso da millenni, ma ormai accasata da secoli e con figli a carico. 

Questa frase promonitrice di tragedie future, ha dato vita al nome di un libro scritto da Ghada Karm in cui si descrive l’intero excursus di questa vicenda. 

E’ solo successivamente dopo la seconda guerra mondiale che gli intenti del congresso di Basilea trovarono sfogo con la guerra dei ‘ sei giorni’, dove le milizie sioniste, vinsero una battaglia contro gli eserciti arabi e si insediarono in quella terra che dal 14 Maggio 1948 porta il nome di Israele ( il libro ‘Gerusalemme, Gerusalemme !‘ di Lapierre e Collins descrive magistralmente tutte le fasi di conquista passate attraverso tentativi di risoluzioni politiche, nonché la costruzione di una nazione attuata di fatto da un gruppo terroristico: l’ Irgun.). Tale ricostruzione storica , prodotta dagli scrittori anzidetti, illustra le secolari invasioni ed occupazioni a cui è stata oggetto Gerusalemme, dai tempi antichi alla data odierna. La Lega dei diritti dell’uomo di Israele ha rilevato che  dal 1967 al 1969 oltre 20.000 case di arabi sono state fatte saltare in aria tra Israele e la Cisgiordania. Secondo gli studiosi della Nakba, oltre all’eccidio, la logica Sionista ha cercato  di annientare ogni traccia storica sulla persistenza  palestinese, avvalorando il mito sopra descritto della ‘sposa rimasta in solitudine’, cercando di distruggere qualunque attività umana sia riconducibile alla vita pre-Sionismo: cultura, tradizioni, villaggi, case. Dal 15 Maggio 1948, dunque, la nascita di ciò che i palestinesi definiscono la Nakba ( tragedia), ossia la fuga di oltre 750 mila palestinesi in seguito ad eccidi, espropri, pulizie etniche e conseguenti rifugi in diversi campi profughi in nazioni limitrofe ( Libano, Siria, Paesi arabi in genere). A tal proposito, nel 1948, le Nazioni Unite approveranno la Risoluzione 194 che riconoscerà ai profughi palestinesi il diritto al ritorno dalle case, dai villaggi e dalle terre da cui erano stati espulsi con la forza. Ai profughi verrà invece negato il rientro, diversamente da come previsto dalla IV Convenzione di Ginevra.

Ogni 15 Maggio in quella terra, che non riesce a trovare pace ed uniformità di principi di pace, si assiste ad una duplice e psicotica scena che vede un popolo ricordare la propria indipendenza il giorno prima e un popolo rivendicare privazioni, pulizie etniche non riconosciute e continui richiami all’autodeterminazione che ancora proseguono. Da qui, l’accusa ai governi europei di avere consegnato una terra denominata Palestina, sotto il protettorato britannico in cui ebrei e palestinesi avevano da sempre convissuto nella forma più pacifica, al Sionismo , come forma di ‘risarcimento’ ad un popolo decimato dalla Shoah. Da qui, l’insorgenza di altre forme di intolleranza scaturite da questa infausta scelta, che come ha sostenuto Monsignor Tutu, premio Nobel per la pace nel 1984, “vede i palestinesi come le vittime reali dell’olocausto nazista, per diretta concomitanza di fatti e contestualità storiche in cui si genera la Nakba”. Da una tragedia (la Shoah ebraica), la discendenza naturale di un’altra tragedia umana di un popolo, la Nakba palestinese.    

Ciò che gli studiosi della Nakba accusano all’odierno Stato di Israele è una legislazione  discriminatoria, fondata sull’«Halakhah», di fatto la dottrina madre della Nakba. Questo sistema di potere politico concretizza  il sistema legislativo del giudaismo tradizionale stratificato al pensiero rabbinico plasmato dalla interpretazione talmudica, che evidenzia un nazionalismo sciovinista  che sbocca in un’ avversione  contro tutte le nazioni del mondo e nei riguardi dei ‘Gentili’. Analizzando la legislazione presente nello Stato d’ Israele, si può a grandi linee avere un quadro completo del concetto di cittadinanza e nazionalità, definita in tal senso. In Israele si considera «ebreo» chi ha avuto una madre, una nonna, una bisnonna e una trisavola ebrea di religione ebraica, o chi si è convertito al giudaismo da un’altra religione (nell’ambito dei dettami imposti da Israele.). Diversamente, chi si è convertito dal giudaismo a un’altra religione non viene più considerato «ebreo». Di conseguenza, tale Stato, limita ai non ‘ebrei’, tali forme di diritti civili quali: diritto all’eguaglianza di fronte alla legge, il diritto di residenza,  il diritto al lavoro e diritti economici. Sulla base di questa descrizione di Stato, in cui si plasma diritto religioso e diritto laico, si accusa Israele di  essere uno Stato fondato sull’apartheid, alla cui base impera la discriminazione tra ebrei e non ebrei.

Il sistema giudiziario, contiguo a quello politico, non consente la testimonianza dei ‘Gentili’ nei Tribunali perché  ‘bugiardi patologici’, menzogneri per definizione talmudica. Basta solo pensare che la risoluzione ONU 3379/XXX del 10 novembre 1975 attribuiva al Sionismo la definizione di dottrina razzista contenente forme esplicite di discriminazione razziale. Ad oggi, diversi politologi ed esperti di politica internazionale, individuano nello Stato ebraico una nazione guerrafondaia,  destabilizzante per gli equilibri di pace del Medio Oriente. A complicare una già precaria condizione di instabilità, vanno in soccorso gli insediamenti illegali verso territori di fatto palestinesi, alimentati da tensioni dovute ad espropri criminali, occupazioni di terre cisgiordane, costruzione del muro della vergogna, che da Gerusalemme Est isola Ramallah in un fortino adibito a ghetto, solcando  luoghi di pertinenza palestinese, dividendo nuclei familiari, alterando la storia e la geografia di un popolo. A questo si aggiungono autentiche ingiustizie sulla distribuzione dell’acqua, sull’avvelenamento di prodotti alimentari destinati ai palestinesi, prelevamenti abusivi in cui si maturano, all’interno di carceri, violenze psicofisiche e torture a palestinesi di qualsiasi età ( dai sette ai settant’anni).

Questa forma di assetto politico istauratosi in Israele è palesemente in contraddizione con i principi cardini su cui è stato fondato tale Stato, come si evince dalla dichiarazione di fondazione da cui si estrapolano alcuni passi prodotti dai padri costituenti: “In ERETZ ISRAEL è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l’eterno Libro dei Libri. Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica.…omississ…. Lo Stato d’Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Lo Stato d’Israele sarà pronto a collaborare con le agenzie e le rappresentanze delle Nazioni Unite per l’applicazione della risoluzione dell’Assemblea Generale del 29 novembre 1947 e compirà passi per realizzare l’unità economica di tutte le parti di Eretz Israel….omississ… Confidando nell’Onnipotente, noi firmiamo questa Dichiarazione in questa sessione del Consiglio di Stato provvisorio, sul suolo della patria, nella città di Tel Aviv, oggi, vigilia di sabato 5 Iyar 5708, 14 maggio 1948”.

Il Planislamismo  è, diversamente, una  corrente ideologico-religiosa che si riconduce alla rivendicazione della sconfitta di Lepanto nel 1476 dagli islamici per mano dei Crociati. All’interno di questo Planislamismo viene individuato nel Panturchismo,  un’autentica dottrina terroristica con strategia anti cristiana, che assume altresì i connotati dell’anti-Occidentalismo, intesa come distruzione della cultura europeista perché ‘infedele’ e contraria alle regole della verità: quindi dell’ Islam. Questa lotta è, pertanto, definita  l’umma islamica  che, in nome di questo credo, racchiude cellule ovunque: Europa, Africa, Asia, Gaza, Tanzania, Georgia,  Malesia, Kashimir, mondo persiano. (“Grazie alla debolezza degli Stati Democratici europei, entreremo in Europa e distruggeremo il Cristianesimo, vendicheremo la cacciata dei Mori da parte degli europei nel 1917, annienteremo i Crociati e li convertiremo all’Islam”, questi sono stati gli intenti registrati dai sistemi investigativi degli Stati europei).

La logica ideologica del Panturchismo ha raccolto, ad esempio, numerosi adepti anche in nazioni come l’ Albania dove la criminalità organizzata ha intrapreso da anni una stretta forma di collaborazione, percependo finanziamenti da Al Qaida, con la promessa di scardinare sistemi legalitari di Costituzioni europee. Secondo le relazioni investigative  che sono giunte in passato dal l Monitoring group dell’Onu, ulteriori correnti ideologiche di matrice terroristico-religioso che rappresentano un’ ala del Planislamismo, si definiscono in :  Abu Sayyaf , ed Harakat Ul-Mujadin.  Vi è da precisare altresì che, i tentatativi di ‘infiltraggio finanziario’ del terrorismo islamico in Europa, sono attuati con una tipologia di autofinanziamento definibile  in  FIIGS,  raccolta libera di fedeli e dalla ZAGAT e con canali bancari islamici che si osano denominare per la sua complessità in  hawala. Da qui, l’ingresso nel Vecchio Continente di oltranzisti della mezzaluna, con principi rivendicati in luoghi di culto islamico, quest’ultimi regolarmente autorizzati da Costituzioni democratici occidentali, adibiti però all’istigazione all’odio religioso : “Allah non permette ai suoi fedeli di fare amicizia con gli infedeli. L’amicizia produce affetto, attrazione spirituale e le idee degli infedeli sono contrarie alla Sharia. Conducono alla perdita dell’indipendenza, dell’egemonia, mirano a sormontarci e l’ Islam non si fa sormontare.  ..omissis…non siate deboli con il nemico, non invitatelo alla pace specialmente mentre avete il sopravvento. Uccidete gli infedeli ovunque si trovino. Assediateli, combatteteli con qualsiasi sorta di tranelli..”   

Da qui, il dramma di convivenze dei figli di Allah ad integrarsi all’interno della società occidentale, ma anche la configurazione reale di ciò che avviene in Paesi dove la matrice islamica è marcata: donne private della totale libertà ed autonomia, massacri a chiunque in piena libertà sceglie ulteriori forme di religione, sistema sociale rigido fondato sull’ applicazione del Corano. 

Ci si chiederà: che differenza intercorre allora fra il Sionismo e questo Planislamismo? Analizzando i contenuti sopra elencati, la risposta è chiara: nel progetto. Il progetto del Sionismo è stato quello di rifarsi ad una concezione biblica della storia e dell’identità di un popolo, mirando a ‘riappropriarsi’ di una terra , in qualsiasi modo (come abbiamo visto, grazie ad unità terroristiche). Qualsiasi altra concezione di Stato, è estranea, nemica, da eliminare. Il Planislamismo è, diversamente, una forma rivoluzionaria di esportazione di un potere politico riconducibile ad una dottrina religiosa, in cui i suoi adepti, sotto l’aspetto sociologico e criminologico, rispondono ad una missione da porre in atto, che è quello di salvare il mondo dalla perdizione. Altra differenza fra le due classificazioni: l’interesse del Sionismo è unicamente incentrato verso una sola terra, quella promessa, l’interesse del Planislamismo si sposta negli ambiti delle altre nazioni anche lontane. Regime derivante da terrorismo esogeno per quest’ultimo, regime derivante da terrorismo endogeno per la prima concezione ideologica di Stato (“L’obiettivo più importante del piano D era ripulire il futuro Stato ebraico dalla maggior numero possibile di palestinesi. A ciascuna brigata de l’Hagana (struttura terroristica, n.d.a ), fu consegnato un elenco di villaggi da occupare. La maggior parte doveva essere distrutta.” (Ilan Pappe, storico israeliano, Storia della Palestina moderna, ed Enaudi, p 59).  

 Una rappresentazione di Stati, quello Sionista e quello integralista islamico, che risponde nella maniera più chiara al quadro di uno Stato parimenti a  quello iraniano (anche se lo studioso Trita Parsi ha provveduto a differenziare lo Stato iraniano sia da quello ebraico che da quelli prettamente islamici, per la natura costituzionale avente un humus persiano, quindi differente nel tessuto sociale ed umano). 

Dopo avere illustrato queste due moderne correnti ideologiche del XXI secolo, ci si chiederà: la Nakba dei palestinesi che ricorre il 15 Maggio di ogni anno, che c’entra ? 

Il punto di convergenza è proprio questo ed è delicato. La Nakba è una tragedia che riguarda  prettamente un popolo e che ad oggi rimane ‘schiacciata’, inquinata da chi cerca di inglobarla in contesti ideologici diversi. 

Nel senso preciso che, una cosa è l’Ebraismo, altro è il Sionismo. Una cosa è l’integralismo islamico, altro è il mondo palestinese, un mondo costituito da un’eterogeneità di persone che abbracciano sia l’Islam che il cattolicesimo. E la Nakba è una tragedia reale prodotta dal Sionismo, non dal mondo ebraico. Per analizzare la tragedia è giusto orientarsi solo in tale direzione, evitando contaminazioni che cercano di associare l’intero mondo palestinese ad Hamas ed a forme di Planislamismo, così come non si deve associare la costellazione del Sionismo alla logica dell’ebraicità, intesa sia come condizione nazionale che come condizione religiosa ( a tal proposito lo scrittore Shlomo Sand ha ricostruito con acume storico tali classificazioni e differenziazioni). La storia può dunque rispondere ad un quesito che acclara: il Sionismo è l’aberrazione dell’ebraismo, il Planislamismo è l’altrettanto aberrazione della cultura islamica e delle legislazioni laiche che si aspirano in siffatte aree localizzate dei Paesi arabi. Fino a quando non sganceremo la causa religiosa, creata spesso ad arte dalla causa identitaria dei popoli, non si avvicinerà mai la verità e la libertà. 

Riguardo alla Nakba, dunque, vi è da dire che la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato recentemente disposizioni di legge che vietano  tali celebrazioni in tale giorno. Il sunto di questa legge, prevede fra l’altro, il taglio dei finanziamenti pubblici, a enti, organi e istituzioni che intendono commemorare la Nakba. A questa norma fanno parte integrante disposizioni ben precise che stabiliscono: divieto ai palestinesi di vivere in città, divieto di  libertà d’espressione riferibilmente alla celebrazione della ‘catastrofe’ ( legge sulla Nakba) e divieto ai  proprietari di abitazioni e case di soggiornare dove le autorità israeliane  hanno indetto illegali ordini di demolizione. Ad affinare l’odio selettivo che tende a distruggere l’identità altrui ed offendere le vittime della Nakba, ci pensa il reciproco negazionismo che si interseca in entrambe le culture oltranziste a far partorire surreali e delinquenziali forme di astrattismo psico-storico che rimarcano: l’ Olocausto ebraico non è mai esistito e la Nakba è un’invenzione araba, la Moschea di Omar ( islamica) era un tempio ebraico ed il Muro del Pianto ebraico era un fortino islamico, la Palestina non è mai esistita, Israele non è mai esistito e via discorrendo. L’odio si mescola in contenitori ideologici e si cosparge di fuoco continuo. Si desumono naturali e logiche forme di paragone storico fra queste due tragedie, così sentenziate: se la Shoah fu generata da una cospirazione attuata per debellare un fantomatico pronto colpo di Stato ebraico che poneva le sue radici nell’acquisizione del potere economico ( la creazione dei falsi Protocolli di Sion è la testimonianza di quanto stiamo asserendo), la Nakba palestinese è stata generata all’interno dell’odio etnico verso chi è considerato invasore ed usurpatore di un disegno biblico originario (“Dobbiamo usare il terrore, assassinio, intimidazione, confisca delle terre, l’eliminazione di ogni servizio sociale per la liberazione della Galilea dalla sua popolazione araba” Ben Gurion, 1948).  Una causa economica la prima, una motivazione messianica la seconda. Entrambe, associati da logiche ricadenti al crimine umano.  

Un’ultima analisi su questa tragedia degli esuli palestinesi dispersi e stratificati nei vari Stati del Medio Oriente, ci riconduce storicamente alla tragedia delle foibe istriane, quando nostri connazionali subirono pulizia etnica dall’esercito bolscevico di Tito e gli esuli  dovettero lasciare le loro terre per rifugiarsi altrove. Oltre alla Shoah, la Nakba ha delle connotazioni  molto somiglianti anche con questa tragedia italiana del dopoguerra, così come è medesimo il tragico destino dell’oblio a cui la storia è andata incontro per decenni. A comprova ulteriore che la tragedia della Nakba non va contestualizzata in settori di pertinenza riguardanti le ‘guerre di religione’, ma  come le foibe, in eccidi mirati alla ripulitura di un territorio mediante eliminazione fisica di un’etnia (sebbene la causa messianico-missionaria nella casistica sionista costituisce la causa scatenante).   

In quest’epoca appena susseguente alla decisione dell’Assemblea generale dell’Onu, che a Settembre del 2012 ha inteso  riconoscere la Palestina quale Stato osservatore non membro dell’ Onu, i figli della Nakba percepiscono questa scelta storica come un primo passo verso un pieno riconoscimento legittimo per la nascita di uno Stato palestinese che è giusto abbia pari dignità e rispetto a quello israeliano. Ed è da qui che si deve partire sempre, dal tentativo di dialogo fra l’israeliano medio ed il palestinese medio, sul valore del rispetto, culla della civiltà umana, è qui che bisogna insistere. Ma il nodo gordiano è ancora questo: quali confini da mantenere e rispettare fra i due Stati ? Antecedenti il 1967 (quindi ricadenti in un lasso di tempo fra il  ’48 ed il ’67) o successivi a tale data ? E più ancora. Che struttura Costituzionale  vorrà osservare questo nascente Stato ? Confessionale, laico o Teocratico in cui Hamas avrà ritagliato un notevole spazio sulle decisioni internazionali ? I figli della Nakba rimangono dunque schiacciati da ideologie e controversie che cercano di confondere ogni forma di verità, cercando di farsi strada fra impervie salite rappresentate dagli interessi che, su scala internazionale, sembrano più preoccupare ed interessare lobby di potere che dal Medio Oriente varcano i confini di Gerusalemme.  

Fonte immagine: www.bocchescucite.org

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