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ESOTERISMO E CULTURA

Brochure presentazione libroEsoterismo e congetture massoniche nel paradiso di Dante

 

Nota sintetica al contenuto del Libro

 

L’opera cerca di contrastare la superficialità con la quale si alimenta il risvegliato interesse verso Dante Alighieri e soprattutto nei confronti della sua opera principale la Divina Commedia. Sulla figura del sommo poeta vi sono elementi di valutazione storicamente incontrovertibili che riescono comunque a renderne abbastanza nitido il valore umano incardinato su principi filosofici e teologici alquanto evidenti. Questa trasparenza è facilmente deducibile, per esempio, dall’ecumenico perdono chiesto dal defunto Papa polacco a tutti quelli che la Chiesa ha perseguitato o ucciso; ecco, in quell’elenco non figura Dante Alighieri. Dovrebbe essere sufficiente questa esclusione per attivare una attenzione più profonda sull’autore della Divina Commedia e sui suoi contenuti.

Il dissenso di Dante contro la Chiesa, seppur forzatamente sintetizzato, può essere individuato sul tipo di atteggiamento ed interesse che quest’ultima nutriva, o se vogliamo tuttora nutre, verso l’Uomo. Da questo punto di riflessione, se guardiamo all’oggi, non c’è di che scoraggiarsi; mentre ai tempi di Dante il cumulo del potere Spirituale con quello Temporale era ritenuto asfissiante per la società degli uomini di allora. Dissentire da questa volontà significava esporsi apertamente alle attenzioni dell’Inquisizione e rimanere vittime della sua crudeltà; Cecco D’Ascoli non ha voluto tenere conto di questo pericolo, Dante, investito di responsabilità maggiori nei riguardi dell’umanità tutta, ha nascosto il suo testamento esoterico e le sue conoscenze di verità nella Divina Commedia affinché non si disperdessero definitivamente.

Che questi fossero doni destinati all’Umanità lo si intuisce da ciò che Dante scrive nella lettera indirizzata a Can Grande della Scala cui è dedicata la cantica del Paradiso, quando afferma che l’opera ha lo scopo di sottrarre l’umanità dall’ignoranza in cui versa. Quindi l’opera è destinata all’Uomo che in quanto tale è nella piena libertà di decidere se intende evolvere verso la consapevolezza di essere un individuo il cui tessuto spirituale interagisce con il Creato secondo canoni non prestabiliti e certamente non religiosi, bensì attraverso la percezione di una verità che la propria sensibilità gli fa intravedere nel momento in cui si immerge nel Creato e svolge quella stancante fatica di risalirne all’Autore; tutto il resto religioni incluse, compresa quella cattolica, sono inutili deviazioni da quel cammino che è così evidente e così difficoltoso da intraprendere.

Dicevo, l’Uomo è così vera l’asserzione che non posso fare a meno di riportare l’opinione di Dante medesimo circa l’Uomo quale soggetto ed individuo reagente e pensante; colgo l’opinione del Sommo Poeta e Maestro nel canto XXVI dell’Inferno quando Ulisse, nella figurazione narrativa nel rivolgersi a Dante e a Virgilio, profferisce le seguenti parole: …“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.” Inferno XXVI 118-120.

L’invito a conoscere ha ovviamente un significato esteso, quindi nessuno può sottrarsi all’obbligo di includervi anche la conoscenza di se stessi, ovvero quel principio socratico che sappiamo era inscritto nel frontone del tempio di Apollo, Dio della Luce, a Delfi.

Quindi, se vogliamo Dante si preoccupa dell’Uomo con un atteggiamento culturale che decisamente non può essere definito o qualificato come materialistico; anzi, nel far precedere la virtù nel senso più alto e nobile del termine fra le cose da seguire, è fin troppo manifesto che l’Uomo concepito dal Sommo Poeta e Maestro non può non essere che un individuo che cerca di affrancarsi dallo stato di generalizzata e profonda ignoranza, nel letterale significato di non conoscenza, e che vive la propria vita per scoprire e capire se stesso ancor prima di capire, attraverso la conoscenza, il Creato ed il suo Creatore.

A questo destino, a questo compito, a questa prospettiva e, per chi vuole liberamente assumerlo, a questo dovere si abbinano perfettamente queste parole con le quali Louis Pauwels e Jacques Bergier chiudono il loro saggio intitolato Il Mattino dei Maghi: “Una vita d’uomo non si giustifica se non con lo sforzo, anche sfortunato, tendente a capire meglio. E capire meglio è aderire meglio. Più capisco, più amo, perché tutto ciò che è capito è bene”.

 

 

Domenico Pavone

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