Economia

Tigri e sigle, questa pazza economia

Tigri e Sigle«Tigri e sigle, questa pazza economia»: questa espressione dice tutto e niente poiché, nel gran calderone economico, definizioni particolari e sigle sono sempre esistite. È solo che da quando è divampata la crisi su scala mondiale, la gente si informa, si avvicina sempre più al mondo finanziario, tanto da incappare in qualche acronimo o soprannome che più o meno attraente.

Forse il più famoso antesignano è il MEC (Mercato Europeo Comune), creato a Roma nell’ormai lontanissimo 1957 con tutti i buoni propositi del caso, tanto da esser definito come il precursore dell’attuale Unione Europea, ente sovranazionale da qualche giorno premio Nobel per la pace. L’Europa quindi, prima di tutti gli altri, come tante volte in passato era già accaduto, ma dall’altra parte dell’Atlantico non se ne sarebbero stati lì a guardare. È infatti, sorprendentemente, prima l’America del Sud che (la più florida) America del Nord a costituire un mercato comune. Tale organizzazione fu costituita nel 1991 a cinque mani, ossia: Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay (poi sospeso nel 2012) e Venezuela, con l’associazione di Bolivia, Cile, Perù, Colombia ed Ecuador. Questi paesi economicamente formano il MERCOSUR (Mercato Comune del Sud) in modo assai particolare. Se nel caso del MEC i tre maggiori paesi erano piuttosto affini per economia e storia, non si può affermare la stessa cosa per Brasile, Argentina e Uruguay, con il Brasile (77%) che straccia per sviluppo del prodotto economico del gruppo, l’Argentina (20%). Il primo gennaio del 1994 entrò in vigore il NAFTA (North American Free Trade Agreement) che, in soldoni, è il trattato di libero scambio commerciale stipulato tra Stati Uniti, Canada e Messico. E’ forgiato su un preesistente accordo tra States e Canada e segue, come linee base, quelle dell’Unione Europea. Peculiare nel NAFTA è la progressiva eliminazione di tutte le barriere tariffarie fra i paesi che aderiscono all’accordo.

Siamo agli inizi degli anni Novanta e questi mercati comuni, queste sigle quindi, rappresentano i due continenti che fino a quel momento avevano rappresentato l’avanguardia, ovvero Europa e America. Ma le sigle economiche e i soprannomi colpiscono anche piccoli gruppi di nazioni. E’ il caso delle Asian Tigers o Four Dragons. Con la suddetta sigla ci si riferisce ai paesi asiatici con un ininterrotto livello di sviluppo negli ultimi decenni: Taiwan, Sud Corea, Singapore, Hong Kong, i quali sono il vessillo di uno sviluppo che riguarda anche Malesia, Indonesia, Thailandia, Filippine (Little Tigers). Una fetta di Asia che nell’insieme, seppur alquanto distanti, può comprendere anche Cambogia e Vietnam. Sono queste le prime “tigri” economiche, appellativo poi relegato ad altri Stati che hanno impressionato per il livello di sviluppo.

Agli atti due altri casi di Economic Tigers europei. Il primo, (proseguendo con ordine cronologico) riguarda la Repubblica d’Irlanda, investita di importanza alle soglie degli anni Novanta, per poi subire una flessione economica alla fine di quel decennio e riprendersi dal 2000 al 2006. Forte di uno sfarzoso soprannome, “Celtic Tiger”, la Repubblica d’Irlanda passò dall’essere una delle nazioni più povere d’Europa a una delle più ricche. Ma la crisi del 2008 ha colpito drammaticamente anche questa nazione, tanto da esser di diritto menzionata in un altro acronimo, quello di PIGS.

Asian Tigers, Celtic Tiger, mancano all’appello forse le meno famose, ma comunque importanti, Baltic Tigers. Le Tigri del Baltico, al secolo: Estonia, Lettonia e Lituania, forti di un incremento del PIL fino al 2007 che superava, sfiorava e si avvicinava il 10% annuo e tassi di disoccupazione inferiori alla media europea. Non solo, l’Estonia è stata anche inserita nella lista dei dieci Stati con le economie più liberali del mondo e classificata dalla Banca Mondiale come “economia di alto livello”. Ma, così come l’Irlanda e il meridione d’Europa, anche le Tigri Baltiche hanno subito l’onda d’urto della crisi scatenatasi in America.

Come è ormai sulla bocca di molti, la crisi ha colpito in Europa quegli Stati che si affacciano sul Mediterraneo. I PIGS, nome all’evidenza meno elegante di Tiger, sono Portogallo, Irlanda (l’unica a non avere un piede sul Mediterraneo) Grecia e Spagna. Questi paesi soffrono una precaria condizione dei conti pubblici che, complice una scarsa competitività dell’economia aziendale, rende arduo un risanamento del debito pubblico procurato. Esistono varianti di PIGS come PIIGS, con aggiunta dell’Italia, o PIIGGS, con l’aggiunta della Gran Bretagna, ma è senza dubbio l’originale l’acronimo economico più in voga negli ultimi anni, insieme a BRICS, sigla contrapposta a PIGS.

Con BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) si intendono tutti quegli Stati che, a differenza di quelli che costituiscono PIGS, hanno avuto una forte crescita del PIL e delle quote nel mercato mondiale. Ciò è strettamente connesso, nemmeno a dirlo, all’acronimo IBSA (India, Brasile, Sud Africa), che fa da promotore per una politica economica internazionale. I BRICS Rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale e il 28 per cento dell’economia globale. E sono soltanto in cinque. È da valutare anche che non hanno perso l’occasione per palesare la loro preoccupazione sull’attuale situazione economica e per l’instabilità dei mercati, soprattutto nell’Eurozona, considerato che proprio le loro economie «si sono riprese abbastanza velocemente dalla crisi» (Dichiarazione di Delhi, 29-03-12). A quanto pare però, divergenze diplomatiche e la paura di intaccare i propri interessi hanno impedito di mettersi in evidenza come nuovo «pilastro economico». Prova di tale mancanza organizzativa sarebbe il mancato appoggio dei BRICS per una candidata alla Presidenza della Banca Mondiale che li avrebbe meglio rappresentati.

BRICS in inglese significa “mattoni” e l’acronimo non è stato assemblato casualmente in tal modo: dovrebbe appunto costituire la base sulla quale edificare una costruzione economica salda per tutto il globo. Potrà sembrare una metafora banale, ma per costruire, oltre ai mattoni servono anche altri elementi. Se i BRICS saranno i mattoni, ci si augura che l’Unione Europea possa, insieme alle altre forze economiche, esserne il necessario collante o l’indispensabile bagaglio di strumenti necessari per la costruzione. Questa è la crisi più complessa ed articolata che la storia abbia mai registrato; forse per combatterla occorrono delle soluzioni altrettanto strutturate e la collaborazione tra le varie forze in campo potrebbe essere una di queste. Collaborazione, etica, morale: parole con le quali, però, l’economia non va poi così tanto d’accordo.


Fonti:

PIL di Estonia, Lituania e Lettonia sono dati eurostat
 
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