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Il Mobbing

Immagine tratta da www.asl3.pa.umbria.itIl lavoro è uno degli elementi centrali della vita dell’uomo, non solo perché occupa una parte consistente della sua esistenza in termini di tempo, ma anche per l’importanza che assume a livello personale e sociale.

Dallo svolgimento di una determinata mansione possono derivare piacere e senso di realizzazione poiché l’individuo è in condizione di fare nuove esperienze, di utilizzare la propria abilità lavorativa e quindi di migliorare la stima di sé, oltre a raggiungere lo status sociale desiderato dal punto di vista economico.

Il lavoro diventa espressione essenziale dell’uomo già in epoca rinascimentale perché in quel periodo cambia la concezione dell’uomo stesso, ritenuto ora responsabile della propria vita, in grado di dominare i fenomeni, di porsi degli scopi da realizzare, di essere artefice della storia.

Ma l’ambiente di lavoro, oltre che di soddisfazioni, può essere fonte di delusioni e di difficoltà altrettanto grandi che conducono spesso a situazioni di stress e di disagio.

 

 

 

Dal punto di vista dei rapporti interpersonali ciò che mette a dura prova le capacità relazionali degli individui, è il fatto di dover convivere con persone non scelte e con le quali si potrebbe non andare d’accordo.

Nel sistema di comunicazione le informazioni potrebbero essere carenti, male interpretate o distorte creando confusione, sospetto o disaccordo.

Il conflitto, inteso come tensione, ostilità, competizione e dissenso è un elemento costante e necessario della vita professionale perché può portare a cambiamenti positivi, al miglioramento, alla crescita e all’arricchimento.

Le organizzazioni di lavoro sono luoghi che prevedono un certo grado e livello di conflitto naturale e fisiologico: sarebbe irrealistico pensare alle organizzazioni come luoghi d’esclusiva armonia.

Un conflitto non è patologico in sé stesso se la differenza di opinioni si manifesta in modo adeguato ed allargato tra più persone, anzi potrebbe risultare anche molto costruttivo per l’azienda.

Ma può accadere che i rapporti interpersonali all’interno di un ufficio degenerino progressivamente e che un conflitto “in nuce” sia lasciato libero di svilupparsi in modo incontrollato perché si tende a nasconderlo, a sottovalutarlo, a minimizzarlo. Il conflitto non riconosciuto ed adeguatamente affrontato infatti continua a muoversi e ad espandersi sotto la superficie dell’apparente normalità creando malumore, scontentezza ed insicurezza.

Il conflitto che rimane irrisolto nel tempo determina situazioni stressanti ed una forma di disagio sociale che costituisce terreno fertile per l’impiantarsi di conflitti più stabili e patologici come il Mobbing.

Il fenomeno del Mobbing nell’ambito del lavoro ha assunto rilevanza pubblicistica soltanto in tempi relativamente recenti; esso però ha certamente radici molto lontane poiché, nella sua effettiva sostanza, trova origine nei rapporti intercorrenti nelle relazioni tra lavoratori e datori di lavoro e tra gli stessi lavoratori,  per cui anche nel lontano passato dell’era industrializzata sicuramente si verificavano episodi di mobbismo senza la dovuta rilevanza che avrebbero dovuto avere sul piano sociologico e psicologico dei lavoratori.

In proposito viene in mente “l’omino charlot” del film Tempi moderni in cui erano già presenti elementi di mobbismo, intesi quale forzatura del lavoratore con ritmi e sistemi di lavoro che non potevano non ripercuotersi sulla sfera fisica e psicologica. Si tratta di un tema molto discusso in questo momento, soprattutto in seguito alla recente uscita del film di forte passione civile diretto da Francesca Comencini  Mi piace lavorare, in cui la protagonista (l’attrice Nicoletta Braschi) è una capocontabile e madre single che viene via via degradata a mansioni sempre più umili con messa in atto, da parte dei suoi superiori, di comportamenti lesivi della personalità e dell’umanità del soggetto che, in uno stato di ovvia sofferenza esistenziale, vede e sente disconosciuti i suoi meriti professionali.

La distinzione tra azioni mobbizzanti e Mobbing vero e proprio è di cruciale importanza: le prime sono infatti eventi sì traumatizzanti ma a carattere sporadico, spesso dovuti a fattori caratteriali e situazionali. Spesso gli effetti sono simili: la persona verso cui si manifestano si sente umiliata, trattata ingiustamente, degradata senza ragione.

Tuttavia le azioni mobbizzanti sono momentanee per propria natura: non avendo alcun fondamento, sono destinate a ricomporsi prima o poi automaticamente quando le cause esterne vengono meno.

Il Mobbing invece ha radici ben più profonde: è un’azione unica, non una serie di azioni autonome, sistematica, premeditata consciamente o inconsciamente ai danni di una vittima ben precisa, con l’intento di distruggerla, allontanarla, degradarla. 

Il termine Mobbing deriva dal verbo inglese “to mob” che significa “aggredire, accerchiare”.

Il vocabolo è stato introdotto per la prima volta in campo etologico dallo studioso Konrad Lorenz nel 1971 per indicare l’attacco di un gruppo di animali ad danni di un altro animale, con l’intento di isolarlo ed espellerlo dal gruppo stesso.

Nei primi anni ’80 lo psicologo Heinz Leymann, che coordinava un gruppo di studio in Svezia, utilizzò per primo il termine Mobbing per descrivere comportamenti di terrorismo psicologico utilizzati negli ambienti di lavoro, situazioni di violenza psicologica, persecuzioni, aggressioni sia fisiche che verbali protratte nel tempo che si esprimono in un insieme di comportamenti messi in atto ai danni di colleghi e superiori. Il fine è quello di ridurre questi ultimi ad una situazione di emarginazione ed isolamento, fino all’esclusione  dal mondo del lavoro.

Le forme che il Mobbing può assumere sono molteplici: dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue critiche alla sistematica persecuzione, dall’assegnazione di compiti dequalificanti alla compromissione dell’immagine sociale nei confronti di clienti e superiori; nelle azioni più gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali.

Quello che è importante sottolineare è che il Mobbing non può essere considerato una malattia della persona, ma un malessere dell’ambiente lavorativo; non è un problema medico né tantomeno psichiatrico, bensì una degenerazione delle relazioni interpersonali con colleghi e superiori che finisce per compromettere l’esito delle prestazioni lavorative del soggetto fino a minarne la salute psicofisica.

 

Gianni Giangregorio

 

 

 

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