Cultura

IL CAPPOTTO ROSSO

Dieta,

dieta ferrea,

niente “vegano”

niente di niente.

Sono affamata e non solo di cibo.

Mordo … come se mordo.

Meno “puntini di sospensione” e più punti.

 

Normalmente la mia dieta corrisponde a un cambiamento.

Non accetto,

non accetto il tempo che fugge,

non accetto critiche,

pure i complimenti,

scivolano via.

Odio quelli gratuiti,

tanto per dire.

 

Avverto la necessità di essere diversa, 

entro nei negozi e talvolta compro vestiti che non metterò mai, 

adatti ad un’altra,

che forse vorrei essere. 

 

L’ultima volta è successo con un cappottino,

 

Il colore mi ha attratto,

indossarlo e farlo mio  è stato un attimo … 

 

E subito il ricordo ritorna vivido… 

così comi i “puntini”…

caro come un figlio…

lontano come ieri….

vicino, come la mia immagine riflessa nello specchio. 

 

Era un cappottino.

 

Rosso … 

di un rosso unico …

tra un Magenta e un ciliegia … 

forse   no … 

più fragola matura ….

 

Di tessuto di lana …

caldo… caldissimo.

 

Un cappotto cittadino,

con i grandi bottoni a due fori,

di plastica dura, 

morbidi alla vista,

tondi,

anch’essi rossi… 

tra il Magenta e il ciliegia … 

forse   no … 

più fragola matura … 

 

insomma i bottoni erano decisamente dei primi attori … 

si facevano notare… 

 

Ma non sarebbero mai potuti andare lontano …

erano così pigri … 

decisamente pigri… 

 

non avevano mai fatto il loro lavoro … 

stavano lì cuciti …

ben saldi attaccati come le patelle ad uno scoglio …

e se ne guardavano bene di entrare nelle strette asole, aldilà della linea nemica… 

troppo stress

ed il rischio di strapparsi,

li rendeva vili e paurosi … 

anche se sfacciati alla vista dei passanti …

 

Ma questo non è il punto…

 

Il cappottino rosso, quello sì, era il punto …

 

All’inizio era solo una macchia di colore che ondeggiava nel buio di una consueta estiva notte di montagna … 

l’aria pungente e trasparente …

portava la vista lontana … 

al di là dello sguardo e della fantasia,

e certo quel cappottino sbottonato non passava inosservato ..

 

La luce fioca dei lampioni,

gli restituiva più colore

e  il rosso del cappottino diveniva ancora più brillante ……

ed era così evidente 

e così poco adatto ad un paese di montagna ..  

che suscitava alla vista dei pochissimi passanti

il consueto stupore che si ripeteva ormai quasi ogni notte.

 

Dal cappottino rosso sbottonato spuntava inevitabilmente la camicia da notte rosa, 

con il pizzo grezzo…

e il tutto si muoveva come in una danza in una notte senza vento … 

spinto da un passo addormentato e  nervoso di chi è alla ricerca di qualcuno. ….

I piedi calzavano le prime scarpe trovate a portata di mano … 

spesso pantofole aperte ed inadatte al clima dell’altitudine.

 

Le gambe lunghe e bianche erano nude 

ed il freddo si insinuava al di sotto la sottana per risalire su per tutto il corpo fino alla nuca … 

dove scendevano lisce e disordinate, le ciocche di una chioma argentea,

ordinatamente appuntate di giorno quanto selvagge di notte.

 

Ed era così bella.

 

Non le importava degli sguardi dei curiosi,

non le importava di essere fuori luogo … 

lei che era sempre perfettamente a posto …

in quel momento no …. 

era semplicemente una lupa….

alla ricerca disperata dei suoi cuccioli …

 

Erano le estati dal 74 al 78 …

e lei era mia madre

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