Cultura

LE UOVA D’ORO

Il deposito bancario lo conoscono in molti, almeno soltanto per sentito dire.

Chi da piccolo non ha avuto un salvadanaio in cui riporre i soldini, per poi contarli e ricontarli; chi non ha avuto un libretto postale, magari aperto dai nonni, dove mettere le paghette o i primi regalini importanti dei compleanni; chi non ha avuto un conto corrente o un vero e proprio deposito bancario: semplice, di risparmio, rimborsabile, a scadenza. Se non tutti, una gran parte di noi.

Il “SEF”, però, lo conoscete in pochi, vero?

Vi svelo l’arcano: è l’acronimo di “Social Eggs Freezing”, ovvero, non letterariamente: “deposito bancario di ovociti”.

È, quel che si dice, l’ultima frontiera del congelamento degli ovociti.

In Italia è, al momento, ancora un procedimento poco noto a cui accedono più che altro donne che hanno problemi di menopausa precoce; donne che devono subire interventi chirurgici o chemioterapici che potrebbero inficiare la possibilità di concepire. Ancora sono poche, sembra non più di 500, le donne giovani e sane che usufruiscono di questo procedimento al solo scopo di posticipare una maternità consapevole.

Solo scopo, può sembrare un’accezione negativa o una critica e può dare la sensazione di voler sminuire un importante cambiamento. Non è così. Non sono nella condizione di poter giudicare, non dovrebbe esserlo nessuno, e non voglio nemmeno farlo. Di certo ho una mia opinione in merito, che sostanzialmente è questa: non sono contraria ai nuovi metodi e alle nuove tecnologie se possono essere di aiuto a chi ne ha bisogno, non mi piace, però, la strumentalizzazione né delle presunte innovazioni né delle persone a cui sono riservate. Persone che, in un momento di fragilità, hanno bisogno prima di tutto di capire ciò che sta accadendo alle loro esistenze e, poi, di usufruire di quanto la tecnologia moderna ora, più di ieri, sia in grado di offrire.

C’è chi sostiene che questa nuova tecnica sia una rivoluzione e chi un’assicurazione.

Forse tutte e due le cose ma, a parte quelle donne accompagnate in questa scelta più per necessità terapeutica che per altri motivi, credo che ciò che possa spingere le altre donne, di qualsiasi età, a compiere questa stessa scelta sia la possibilità. Una piccola parola che apre un futuro. Un possibile futuro.

Il sapere che ci potrà sempre essere una porta aperta, anche quando l’orologio biologico avrà smesso di ticchettare; la possibilità di rimandare a data da destinarsi una possibile ed eventuale gravidanza. Decidere, poi, se sia giusto o sbagliato sta alla coscienza di ognuno di noi. E le coscienze sono tante e così diverse che ognuna, a suo modo, si trova nel giusto.

Si è parlato di rivoluzione, di assicurazione. E se fosse che, come pare sostenga la psicologa Elena Rosci: […] la tecnologia asseconda una forma di onnipotenza narcisistica che ha una componente illusoria: l’idea di poter prolungare il tempo dell’indeterminatezza, in cui non dici né si né no all’idea di un figlio […].”

Bella riflessione.

Il Social Freezing, il deposito di ovuli, è una vittoria o una sconfitta?

Potrebbe apparire scontata la risposta: una vittoria! Della tecnologia e delle innovazioni sul tempo, sull’orologio biologico, sulle malattie (forse l’unica vittoria tout-court) ma, come in tutte le belle cose, la sorpresa o, nel caso specifico, la sconfitta è in agguato. Subdola come una mezza verità. Perché? Perché la biologia è un dato inconfutabile e ove si riesca a batterla congelando gli ovuli non la si può vincere sul campo del risultato: nessuno potrà assicurare la buona riuscita di un impianto perché un uovo congelato non dà gli stessi risultati di un uovo “fresco”.

Si basa tutto sui numeri e, purtroppo, la matematica non è un’opinione. Perché per le donne dovrebbero contare così tanto i numeri e non le emozioni o i desideri o i bisogni? Perché non cercare di convivere al meglio con la natura biologica che ci appartiene, magari cercando di capirla di più, di conoscerla meglio per non cedere sempre alle illusioni?

Rinunciare ad avere un figlio proprio può essere una difficile decisione, una dolorosa presa di coscienza, ma è sempre giusto costringere il proprio fisico a qualcosa di ancora più difficile ed estraneo per natura? Per la raccolta degli ovociti ci si deve sottoporre a cure ormonali che permettano di produrne di più, fino a circa 10 al posto di 1 o 2, per poterne preservare una quantità maggiore da criocongelare in azoto liquido. Il Social Freezing è appunto basato su di una nuova tecnica di raffreddamento veloce, più sicura per gli ovociti, messa a punto proprio in Italia e praticata in ben 60 centri. Ciò non toglie che il fisico della donna è sottoposto ad un bombardamento ormonale non indifferente.

Un po’ di numeri, visto che ne abbiamo parlato: le uova congelate entro i 30 anni della donna hanno un certo grado di deterioramento, ricordate sempre che siamo legate ad una biologia imprescindibile, e che dopo i 40 è consigliabile non tentare nemmeno. Il motivo è presto detto: a 23 anni un’ovulazione su tre può portare ad una gravidanza, a 42 una su 12. Se andate in un qualsiasi centro di fecondazione assistita, o centro di fertilità che dir si voglia, ve lo diranno; ma perché aspettare di essere grandi e mature per sapere? Perché non c’è un’educazione scolastica che inizi a far scoprire il corpo umano, con le sue bellezze e le sue peculiarità, molto prima dell’età adulta?

Intanto che riflettiamo anche su questo, facciamo un po’ di conti. E non solo sulla durata e sul deterioramento degli ovociti, ma anche sui costi di questa nuova tecnica perché, ricordate sempre, tutto ha un prezzo: in Italia, per ora, il costo si aggira dai 2.500 ai 4.000 euro, con un fisso annuale per la conservazione che va dai 200 ai 300 euro; in America, dove il Social Freezing è aumentato del 20% aiutato dalla grande propaganda, costa dai 9 ai 13.000 dollari.

Ciò che dovrebbe essere gratuito e naturale diventa difficile e a pagamento.

Ovvio e giusto pagare per un servizio, utile a quanti (tanti) approcciano a tecniche di inseminazione e/o conservazione di ovociti, ma non a tutti i costi. Credo, e qui esprimo una mia personalissima opinione, che sia bellissimo dare alle donne la possibilità di scelta sul se e quando diventare madri e che tutte possano avere l’occasione di trovare la propria porta sempre aperta alle possibili e infinite strade.

Auspico, però, che sia più importante la vera informazione che non la mera sperimentazione, e che non si giochi sui corpi delle donne facendo leva su sogni e speranze. Perché queste sono sempre presenti, insite in ogni animo femminile, a discapito dei numeri. Credo, inoltre, che sia giusto favorire la scelta di una gravidanza responsabile, posticipata ad un momento della vita più favorevole, quando sia presente il compagno giusto, dopo un corso di studi importante, in seguito ad una carriera sportiva che ha rubato tempo alla biologia, ma che non sia un gioco al rimpiattino, del tipo: voglio/non voglio/vorrei.

Spero che, in coscienza, le donne non si accaniscano sui propri corpi e sulla propria psiche solo perché la società le vuole MADRI a tutti i costi.

Una donna è tale, sempre, anche senza essere madre.

Una coppia è fatta di due elementi.

Anche una famiglia può esserlo. Lo è.

Un figlio è un di più, è un dono meraviglioso, ma che non cementa l’unione se non c’è amore vero.

E se questo c’è, tutto il resto non conta poi molto.

 

 © Riproduzione Riservata

 

 

(N.d.A.:Per correttezza preciso che la riflessione sopra riportata è scaturita dopo aver letto un articolo trovato su di un settimanale femminile di luglio scorso, quindi, parecchi dati e riferimenti sono stati ripresi dal suddetto articolo.)

 

(immagine tratta da: www.thesundaytimes.co.uk)

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