Cultura

LA MAGIA DI NARNI SOTTERRANEA

Narni sotterraneaUn mondo sepolto,dove l’umana ragione ha lasciato il posto alla violenza

più cruenta delle prigioni, dove la mancanza di libertà ha portato un uomo a cercare la sua personale libertà spirituale, e attraverso scritte e disegni sui muri, ha dato una testimonianza precisa di come la conoscenza è qualcosa che si puo’ trovare dentro se stessi e non fuori.
Un giorno del 1979, un anziano del paese raccontò ad un gruppo di ragazzi appassionati di speleologia che, presso il convento di San Domenico a Narni, si trovava un ingresso sotterraneo nascosto dalle macerie. Spinti dalla curiosità, i ragazzi vi si recarono, ed effettivamente trovarono quello che, secoli prima, era l’ingresso di una chiesa del XII secolo.
Roberto Nini racconta: “All’inizio non capivamo di cosa si trattasse… poi abbiamo visto davanti a noi gli occhi di un angelo”. Non era un’allucinazione: l’angelo c’era, ed era dipinto su un abside. I ragazzi si trovavano all’interno di una chiesa.
Si accorsero, poi, della presenza di una porta murata e dopo aver creato un varco, si trovarono di fronte ad un altro locale: i resti di un’antica domus con una cisterna romana.
In fondo al locale, un lungo corridoio che portava ad una grande sala: quella degli interrogatori inquisitori e delle torture, come attestano gli archivi dell’epoca. Oggi in questa sala sono state poste le riproduzioni degli strumenti di tortura, tra cui un anello con carrucola a cui venivano appesi i prigionieri che venivano puniti con il supplizio dei tratti di corda. Questo era posizionato davanti alla cella, in modo che i prigionieri vedessero con i loro stessi occhi a cosa sarebbero andati incontro se non avessero collaborato. All’interno della cella, sui muri, i messaggi lasciati dai reclusi.
La maggior parte di essi appartengono a Giuseppe Andrea Lombardini, … “qui rinchiuso il 4/12/1759”, come attesta uno dei suoi graffiti.
Tra gli altri prigionieri, attraverso i volumi degli atti ufficiali del comune di Narni, troviamo notizie datate 1726 di Domenico Ciabocchi, detenuto per bigamia, eresia ed omicidio. Un giorno, continua a raccontare Roberto Nini, durante l’ora di pranzo, il Ciabocchi aggredì l’inserviente addetto a portargli il cibo e riuscì ad evadere.
Si hanno notizie, tramite tre iscrizioni poste alla sinistra dell’entrata della cella, di un certo Andrea Pasqualucci, imprigionato nel 1811 quando i soldati napoleonici utilizzarono il complesso come caserma.
Entrando nei sotterranei, sono rimasta stupita di come non sembri affatto di trovarsi sotto terra ed ho avuto la sensazione aver sentito nell’aria un vago odore di fiori, ma  cio’ che più ha colpito la mia attenzione, sono i misteriosi graffiti di Lombardini, incarcerato con l’accusa di aver favorito l’uscita dal carcere di Spoleto di un suo collega.
Guardando le pareti della cella ci troviamo di fronte al testamento di un uomo che scriveva ogni giorno della sua vita temendo che ogni volta potesse essere l’ultimo, si percepisce tutta la sofferenza e una strana energia.
I messaggi da lui lasciati sono chiarissimi dal punto di vista letterale ma hanno un valore simbolico di non facile ed immediata interpretazione. Ho avuto l’impressione, confermata poi dalle parole di Roberto Nini che, con quei disegni, il Lombardini ha voluto indicare i principi più importanti dell’alchimia.
Le sue tracce, però, spariscono all’interno della cella: non si sa che fine abbia fatto, poichè nei documenti fino ad ora presi in considerazione dagli studiosi non si è trovato ancora nulla.
E se l’ipotesi più verosimile sia anche la più banale tra tutte, la morte per stenti o per mano dell’Inquisizione, quei graffiti misteriosi continuano a farci pensare che ci sia qualcosa di più…

(immagine tratta da www.fondoambiente.it)

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