Cultura

VANITA’ NELL’ETERE

La vanità - Tony AlonzoLa tv commerciale nasce intorno agli anni ’70, sovvenzionata dal finanziamento privato.

L’esperienza americana insegna che i prodotti seriali sono quelli di maggior successo perché plasmano il fruitore al desiderio del bisogno, e non al bisogno in quanto tale, di far parte di una continuità. L’illusione di una continuità.

Non a caso le puntate delle soap e gli appuntamenti costanti di alcuni programmi televisivi servono proprio a tener ben saldo il pubblico che, infine, viene considerato solo come merce di scambio: più è alto il gradimento del programma in questione più gli inserzionisti pagano e più, sempre gli stessi, possono approfittare degli spazi pubblicitari creati ad hoc per ogni tipo di format e, di conseguenza, per ogni spettatore presumibilmente interessato all’offerta. Marketing. Puro e semplice.

Ecco perché, spesso, i contenuti mancano.

Servono programmi che siano in grado di attirare più spettatori possibili, pronti a farsi abbindolare nella rete delle puntate e del rapporto indeterminato, parola che oggi tanto piace; predisposti, infine, all’incontro con lo stesso identico programma tutti i giorni.

La sostanza lascia a desiderare soprattutto perché le varie serie servono a coprire più ore possibili di programmazione giornaliera, insomma, come di dice: si allunga il brodo.

Questo non vuol dire che tutta la tv commerciale sia negativa, se parliamo di quella adibita alla conoscenza, alla cultura e alla vera informazione. In questo caso può arrivare a tutti e cercare di (in)formare il più alto numero di fruitori, magari utilizzando anche linguaggi più semplici che siano di aiuto a tutti coloro che si avvicinano alla tv.

Vorrei, in particolare, disquisire sul programma per giovani e non: “Uomini e Donne”. Se ne parla tanto. C’è chi lo guarda perché fa ridere, chi perché lo trova un passatempo, chi perché concilia il sonno e chi perché solo curioso di vedere trucco e parrucco. Possibile non ci sia mai nessuno che si chieda come facciano tanti bei ragazzi, giovani, a cercare l’anima gemella in televisione? Se occupassimo il nostro tempo libero a fare una bella passeggiata nella nostra città, vedremmo tante coppie, giovani e meno, che quasi mai rientrano nella categoria “adoni e top model”: sono persone normali e non personaggi. Eppure il fidanzato/a l’hanno trovato lo stesso e non credo sia stato solo a causa di un colpo di fortuna. Peraltro senza l’aiuto della De Filippi, e qui alcuni grideranno “al miracolo”. Senza trucco e parrucco professionale si può arrivare addirittura a parlare di fatture esoteriche.

A parte l’ironia, trovo sbagliato il messaggio, non vedo segnali positivi né un vago cenno di cultura. Credo che i mezzi di comunicazione debbano svolgere un ruolo se non educativo almeno moralmente adatto a tutti coloro che si identificano nei personaggi appositamente creati, e non essere esclusivamente mezzi utilizzati impropriamente, a mio parere.

I consumatori beneficiari di questi programmi, molto spesso ragazzi, cosa imparano? A muovere il didietro, a sbagliare la coniugazione dei verbi e soprattutto a mettersi in mostra.

Alcuni hanno affermato che il programma piace anche perché riesce a far staccare  la spina dalle situazioni contingenti, proprio perché considerato un programma leggero.

Leggerezza, però, non è indice né di stupidità né di ipocrisia né di abdicazione dai contenuti. Mi chiedo se sia giusto staccare la spina con proposte simili, comprendo perfettamente che de gustibus non disputandum est ma anelerei ad alternative migliori. Anche un cartone animato riesce a far staccare la spina, spesso invia un messaggio positivo e predispone ad una risata, anche un semplice sorriso andrebbe bene.

Alla base di questi programmi rimane il desiderio “malato” di entrare nell’esistenza privata degli altri per carpirne chissà quali segreti.

Qualcuno ha detto che “la stupidità fa parte della vita”, è vero, ma stazionare proprio su questa caratteristica e costruire da qui il proprio crescere mi sembra oggettivamente e obiettivamente di scarso livello intellettuale, sia come progetto di vita che come svago.

In questo tipo di programmi si urla, si strilla e non si fanno parlare gli altri. Non si da spazio. Non si dialoga. Non si scambiano opinioni sensate. Un contenitore pieno di persone spesso grette e meschine. Altrettanto spesso ignoranti. Anche fra il pubblico: modi aggressivi, gratuiti e senza senso. La conduttrice poche volte riprende, il più se la ride. A sottolineare ipocritamente il senso della frase: “vivi e lascia vivere”. Gli opinionisti? Opinabili!

E non mi si venga a dire che si tratta di un genere di trasmissioni che rispecchia la realtà perché trovo il concetto abbastanza riduttivo.

Allora riassumiamo, al giorno d’oggi per trovare lavoro si deve: sbagliare i verbi, essere buzzurri e ignoranti, aggressivi, belli o piacenti, ben vestiti e possibilmente magri. In più bastano poche apparizioni non molto meritocratiche che subito si può diventare VIP. Un gran bel messaggio!

Uomini e donne a sgambettare felici, a fare il broncio per un sms ipoteticamente scorretto e anziani ridicolmente agghindati per le feste di non si sa quale carnevale.

Perché dovrebbero farci credere che la realtà sia così, e perché, eventualmente, farci evadere dalle nostre abitudini in questo modo squallido? Non pensiamo di meritare di meglio?

Quando ho desiderio di evasione mi approprio del divano, mi ci accomodo con un bel libro o scelgo di passare il mio tempo a chiacchierare con le amiche. Vita vera, signori, e non affabulazioni ipocrite da parte di chi ci vuole far credere che tutto quello che propinano sia vero! E’ solo un caos di critiche sui vari modi di vestire, se adatti o meno alle età e ai fisici; sui capelli; sui trucchi; sugli sms spulciati nei telefonini di turno, in barba alla fiducia; sui baci dati a tutti; sugli sguardi furtivi  alle telecamere e alle finte speranze. Dove sono i protagonisti di qualche anno fa? Forse scomparsi, inghiottiti dall'(in)successo. Pagati profumatamente per concedere la loro presenza in televisione, in altri programmi simili, che non regalano nulla ai contenuti.

Ammetto di non essere in grado di capire appieno il significato di questi format.

W l’ignoranza.

La mia! Perché la testa non mi serve solo per dividere le orecchie!

 

(immagine tratta da www.ioarte.org)

 

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