Criminologia

Esiste qualche tipo di approccio in grado di eliminare del tutto i pericoli negli interventi delle forze dell’ordine per i loro operatori?

In questi ultimi giorni, troppe situazioni ad alto rischio, con conseguenze anche gravi, hanno messo a dura prova le nostre Forze dell’Ordine. Un pensiero va ai due poliziotti, “figli delle stelle”, come sono oggi nominati, di Trieste, che purtroppo non sono più fra noi ed anche agli altri uomini valorosi in uniforme che si sono trovati ad affrontare minacce di morte profferite da personaggi della malavita locale. UNARMA, Associazione Sindacale Carabinieri, ritiene che sia giunto il momento di esaminare il tema concernente, lo sviluppo delle risorse umane quale fattore d’incremento della qualità del rapporto tra l’operatore delle Forze di polizia e il cittadino.

La definizione di “cittadino” e di “utenza in generale” comprende non solo il soggetto comune che viene in contatto con l’operatore per vari motivi di carattere ordinario e in modo tranquillo, ma vuole intendere anche il cittadino che rientra nella fattispecie di soggetti con comportamenti a rischio, siano essi vittime o autori di reati, soggetti con i quali l’operatore deve stabilire una collaborazione, soggetti in stato di alterazione mentale e così via. 

Infatti, nell’ambito della sua quotidiana pratica professionale, l’operatore di polizia entra in contatto con situazioni che possono avere le caratteristiche più diverse e con fenomeni psicologici che si sviluppano al di fuori delle sue previsioni e volontà; inoltre, proprio nell’ottica di un ampliamento del confine relazionale delle forze  di polizia ai fini preventivi, si deve prevedere e considerare che l’operatore dovrà sempre più acquisire competenze specifiche di  approccio alle situazioni soprattutto nei momenti iniziali e in quelli che evolvono in situazioni critiche. La prevenzione delle situazioni a rischio è particolarmente legata al modo in cui l’operatore entra in un contesto e si relaziona con l’altro. 

Appunto, la modalità relazionale con la quale l’operatore  entra in contatto con la realtà esterna ha in sé elementi critici in quanto costituisce il terreno di base su cui si svilupperanno gli ulteriori interventi. 

Per quanto attiene al presente tema, inoltre, l’operatore ha un altro compito, che è quello di sapersi adattare ad esperienze che possono presentare particolari livelli di rischio.

La pratica professionale dell’operatore di polizia e gli studi in merito hanno, ormai rilevato che, oltre alle caratteristiche attinenti al ruolo specifico, è necessario possedere una capacità di saper gestire i propri momenti di crisi e le proprie difficoltà personali in relazione a specifiche caratteristiche del proprio lavoro. 

In tal senso si può, oggi ritenere che un’efficace performance dell’operatore di polizia debba considerare uno sviluppo delle capacità relazionali degli operatori accompagnando alla normale attività formativa prevista una strategia “con-formativa” che possa integrare il tradizionale e specifico addestramento.

Naturalmente, non esiste alcun tipo di approccio in grado di eliminare del tutto i pericoli, perché troppi fattori concorrono a crearli, ma esistono sicuramente dei comportamenti che riducono in maniera importante il livello di rischio.

In questa attuale forma di Società, dove tutti sono pronti a documentare con gli smartphone un intervento di polizia, spesso omettendo di raccontare anche la causa del comportamento posto in essere dagli agenti, la sensazione di isolamento e di scarsa empatia tra cittadini e Forze dell’Ordine sta crescendo a dismisura. A poco valgono i sondaggi che danno quella o l’altra forza di polizia al primo posto di gradimento, poiché questa dimensione, fluida e variabile, legata anche agli umori politici del momento, non serve a migliorare le performance degli agenti. 

Le attese dei cittadini, riguardo alle capacità degli operatori della Sicurezza, sono molto alte, ma spesso non si conoscono i meccanismi mentali, comuni a tutti gli esseri umani, che di conseguenza interessano anche chi opera in mezzo alla strada. Molto esplicita a questo riguardo è stata la Dottoressa Simonetta Garavini, Psicologo, Psicoterapeuta e Maggiore della Riserva dell’Esercito, la quale ricorda che quando si opera in mezzo alla strada, o in teatri di guerra, “spesso ci si muove in una realtà molto limitata nel tempo, che richiede decisioni e reazioni personali istintive, che non lasciano spazi a riflessioni e a ragionamenti razionali. Non c’è tempo per ragionamenti giuridici, ma solo per corrette reazioni, frutto di una consolidata formazione professionale, morale e spirituale; di un’etica comportamentale fortificatasi nel tempo; di un’allenata formazione psicologica e di una consapevole convinzione della giustezza e della legittimità del compito ricevuto; di una generosità comportamentale che non lasci spazio a dubbi o incertezze in merito a cosa è più giusto fare o non fare in una determinata situazione“.

A questo punto, la prima considerazione da fare è che le nostre forze di polizia hanno bisogno di un addestramento più ampio che li possa mettere in condizioni di migliorare il coping (capacità di far fronte a situazioni stressanti) e la resilienza (capacità di ritornare allo stato originario, precedente all’evento critico).

UNARMA Associazione Sindacale Carabinieri, storica sigla sindacale dei Carabinieri, a proposito del benessere psicologico dei Carabinieri, è stato il primo sindacato ad avere affrontato la tematica con concretezza e celerità,  facendo partire dal giorno 11 ottobre 2019 il progetto “PSY-POLICE” , progetto che promuovere e offre, agli iscritti Unarma asc, in regime di tutela e riservatezza, i servizi di assistenza psicologica gratuita. Il Centro, al cui interno opera un’equipe di Psicologi e di Medici di alto profilo, ha la Direzione Scientifica del Dr. Marco Strano, Dirigente Psicologo della Polizia di Stato in quiescenza ed ex Ufficiale dei Carabinieri che ha maturato una specifica esperienza sul supporto psicologico degli operatori di polizia.

Le Forze dell’Ordine, per il loro stesso benessere psicologico, hanno assolutamente bisogno di rafforzare il rapporto con i cittadini, ricucendo gli strappi dovuti a vicende spiacevoli, che i media non si risparmiano di ricordare senza specificare quasi mai che tutti gli operatori di polizia, persone serie e rispettose delle leggi, stigmatizzano quanto messo in atto da colleghi non degni di tale accezione. 

Rafforzare i rapporti con il cittadino, significa cominciare dal basso, dai piccoli centri dove la polizia di prossimità è sempre stata la carta vincente. Dopo un temporaneo rallentamento della figura del Carabiniere/Poliziotto di quartiere, si è tornato a parlare di Sicurezza partecipata.. Il coinvolgimento dei cittadini nelle pratiche di Sicurezza Urbana, hanno sicuramente migliorato i rapporti con le Forze dell’Ordine e di conseguenza lo stato d’animo dei tanti operatori di polizia che hanno ritrovato il contatto con i propri cittadini. La diminuzione del personale nei reparti, dovuta anche al mancato turnover, ha, di fatto, diminuito la presenza delle pattuglie e i cittadini stanno soffrendo di questa novità. La cosa positiva è che in molti territori, stiamo assistendo alla nascita di aggregazioni spontanee di cittadini che intervengono nella Sicurezza arrivando ad ottenere un ruolo attivo all’interno dei contesti urbani dove vivono, in sinergia con le Amministrazioni Comunali le quali addirittura sono arrivate a stipulare dei protocolli d’intesa con le Prefetture, per la Sicurezza Partecipata. 

Il compito delle Forze dell’Ordine, così come suggerito dalle stesse Prefetture impegnate nei protocolli d’intesa sulla Sicurezza Partecipata, è anche quello di formare i cittadini e le Polizie Locali su quelli che sono i compiti di ognuno di loro nello svolgimento delle attività di supporto alle stesse Forze dell’Ordine. Il beneficio ultimo di questi sodalizi è proprio degli operatori di polizia, i quali si vedono recapitare molte segnalazioni qualificate, utili a meglio gestire il servizio di prevenzione e repressione nei rispettivi territori. Tutto questo diventa motivo di gratificazione e benessere del personale operante ed un ritorno di immagine importante per le forze dell’ordine.

Nell’ambito di questa partecipazione alle tematiche della Sicurezza da parte dei cittadini, uno spazio importante è occupato dal progetto del Controllo di Vicinato, ormai presente in oltre seicento Comuni Italiani e spesso oggetto dei citati protocolli d’intesa. Questo progetto, ha contribuito in maniera incredibile a riavvicinare e rinforzare i rapporti tra le Stazioni Carabinieri e i cittadini locali. Ai protocolli d’intesa, inoltre, partecipano anche i rappresentanti dell’Arma dei carabinieri a livello Provinciale e nel 2013 proprio il Comando Interregionale Carabinieri Podgora,  con una nota interna diretta a tutte le Legioni del Centro Italia, esortava ad adottare il progetto del Controllo di Vicinato, ritenendolo uno strumento di prevenzione della criminalità, esaltando il presupposto della partecipazione attiva dei cittadini con il concorso delle forze dell’ordine al fine di limitare il verificarsi di reati contro la proprietà e le persone. Il tutto con il benestare del Comando Generale dell’Arma che non aveva rilevato criticità nel progetto.

UNARMA, Associazione Sindacale Carabinieri, inoltre, al fine di migliorare il rapporto con i cittadini, e, di conseguenza, lo stato di benessere dei militari dell’Arma, s’impegnerà nel promuovere il tema della sicurezza partecipata, sia all’interno sia all’esterno dell’Istituzione con incontri pubblici in tutta la Nazione istruendo i cittadini su come interagire in maniera efficace con le forze dell’ordine.

Francesco Caccetta

Criminologo; Ufficiale R.Str.E. dei Carabinieri; Laureato con lode in Laurea Magistrale in Ricerca Sociale per la sicurezza interna ed esterna, Laureato con lode in Scienze per l’investigazione e la Sicurezza; Master in Antropologia Filosofica, Criminologia e Tecniche Investigative Avanzate; grafologo della consulenza peritale. Autore del libro sul Controllo del Vicinato "L'occasione fa bene al ladro".

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