“Un Amore” di Dino Buzzati
Ideato nel 1959, ma pubblicato solamente quattro anni più tardi da Mondadori, “Un Amore” di Dino Buzzati è stato un romanzo “di rottura”, scandaloso per l’epoca. La trama, infatti, vede Antonio Dorigo, architetto milanese benestante alla soglia dei cinquant’anni, innamorarsi di una giovane ballerina della Scala, ma anche prostituta: Laide.
Se da un lato questa pare disinteressata, l’uomo viene coinvolto prima dal punto di vista sessuale, ma ben presto anche sul fronte amoroso.
“Come se qualcosa lo avesse toccato dentro. Come se quella ragazza fosse diversa dalle solite. Come se fra loro due dovessero succedere molte altre cose. Come se lui ne fosse uscito differente. Come se Laide incarnasse nel modo più perfetto e intenso il mondo avventuroso e proibito. Come se ci fosse stata una predestinazione. Come quando uno, senza alcun particolare sintomo, ha la sensazione di stare per ammalarsi, ma non sa di che cosa né il motivo. Come quando si ode dabbasso il cigolio del cancello e la casa è immensa, ci abitano centinaia di famiglie e all’ingresso è un continuo andirivieni eppure all’improvviso si sa che ad aprire il cancello è stata una persona la quale viene a cercarci.”
Lo scrittore si discosta dalla solita narrativa vista precedentemente, raccontando di un amore ossessionante e a senso unico, nel quale Dorigo si getta a capo fitto, tormentandosi, fino ad alienarsi dal lavoro, dalle relazioni sociali e, soprattutto, da sé stesso. Lo scrittore bellunese, però, trova anche lo spazio e i tempi giusti per raccontare la Milano del boom economico, con descrizioni nelle quali viene messa in risalto la nebbia, l’atmosfera fredda, ma allo stesso momento l’aura romantica e magica.
La vicenda offre l’occasione a Buzzati di raccontare la propria storia, ed è probabilmente questo il quid che permette allo scrittore di risultare tanto efficace. Nel marzo 1959 il bellunese infatti ha partecipato alla realizzazione di uno spettacolo alla Scala (Jeu de cartes di Stravinskij), essendo autore del bozzetto e dei costumi (Antonio Dorigo oltre ad essere architetto, è anche scenografo). Appena un mese dopo, avviene l’incontro con S. C., (incarnata da Laide), della quale Buzzati si invaghisce, dando il via ad una storia d’amore non del tutto serena.
Nel 1961, confida a Paolo Monelli:
“Ci sono individui […] che maturano tardi, molto avanti con gli anni. Io debbo essere uno di quelli. Molte cose non le capisco ancora, altre le ho capite quando non mi serviva più di capirle. L’amore per la donna, dico l’amore, non l’andarci a letto, le gelosie, le lacrime di passione, il desiderio di morire o addirittura di uccidersi, il piacere disperato di soffrire per un’ingrata, per un’infedele, tutto questo l’ho scoperto solo in questi tempi. Non saprei dire se son diventato finalmente maturo, o arrivo appena adesso ai vent’anni”
(P. Monelli, Ombre Cinesi. Scrittori al girarrosto, Mondadori, Milano 1965, pag. 111)
Quando leggiamo “Un Amore”, quindi, ci troviamo a leggere un romanzo autobiografico, nel quale lo scrittore si apre al lettore come mai prima, confessandosi a questo.
Questo romanzo non è semplice, anzi, mi ha lasciata piuttosto contraddetta, facendomi risultare difficoltoso il formulare un pensiero coerente. Riconosco che la valenza storico-sociale sia stata effettivamente alta, ma devo dire che la scrittura di Buzzati non mi è sembrata delle migliori, non delle più coinvolgenti insomma, specie nei momenti in cui il giornalista si abbandona a lunghi flussi di coscienza che nulla hanno a che vedere con la freschezza di quelli, ad esempio, di Joyce. Fino a un certo punto però, perché c’è un momento, estremamente soggettivo, nel quale Dino Buzzati riesce a farci uscire dall’apatia, con un turning point che solo noi possiamo trovare. Vi è un attimo in cui finalmente riusciamo a immedesimarci in quell’amore tormentato e a senso unico che ognuno di noi ha provato, almeno una volta, nella vita.