Eventi

ERA PLASTICA

È il titolo a doppio senso della mostra, molto particolare, che è stata inaugurata ieri a Frascati presso le Cantine Taglienti, in Via del Sepolcro di Lucullo n. 6.

Titolo a doppio senso, perché?

L’artista, Alessandra Fiordaliso, lavora esclusivamente con materiali che si possono riutilizzare e stavolta ha scelto di farlo con la plastica.

 “Era plastica” perché l’artista ha creativamente trasformato il materiale a sua disposizione: quello che era un semplice flacone del detersivo è diventato una maschera mostruosa o un abat-jour graziosissimo; “Era Plastica” perché purtroppo viviamo nell’Era della plastica: un mondo artificiale che proprio noi abbiamo realizzato e, come dice proprio Alessandra: “Fa riflettere il fatto che ciò che abbiamo creato ci sopravviverà, e non in maniera positiva.”

Sopravviverà a noi, ai nostri figli, ai figli dei nostri figli perché un involucro di plastica vive per almeno 400 anni dalla sua nascita, e vive per prevaricare il mondo, per avvolgerlo e sovrastarlo, per soffocarlo. La plastica è un mostro che imperterrito continua indisturbato a dominare su tutto ciò che incontra sul proprio cammino.

Grande testimonianza è l’isola di plastica che galleggia e orbita nell’Oceano Pacifico: la Pacific Trash Vortex. Una vera e propria isola di plastica, la cui estensione precisa non è nota ma le stime variano dai 700.000 km quadrati ai circa 15 milioni di km quadrati. Cifre da capogiro, se si pensa che il diametro di quest’isola è circa la metà dell’Europa!

Badate bene, quest’isola non è nata da sola, non è un miracolo ma è il risultato di un comportamento scorretto da parte di tutti, è il risultato dell’incuria dell’uomo incivile che si libera con troppa facilità degli involucri che non servono più.

La plastica non è biodegradabile, bensì fotodegradabile. Significa che si disintegra in pezzi più piccoli sotto il calore del sole. Questi pezzi più piccoli vanno a far parte di una specie di neoplancton di cui si cibano le meduse e altri pesci, alterando così gravemente la catena alimentare.

Colpevole è chi getta la plastica (e rifiuti in genere) per terra; colpevole è chi vede e non denuncia; colpevole è chi non si pone, e non si è mai posto, un dubbio etico; colpevole è chi, adesso, potrebbe avere le risorse e le idee per cambiare questo stato di cose e non lo fa perché i guadagni non sono immediati. È vero che la plastica è nata per migliorare lo stile di vita, ma la positività di un cambiamento andrebbe valutato a lunga distanza, avendo la lungimiranza dell’esito e sarebbe auspicabile trovare simultaneamente un antidoto o un rimedio.

Le maschere di Alessandra, una collezione di 43 pezzi, sono create esclusivamente con plastica di tutti i tipi: flaconi dei detersivi, bottiglie del latte, tappi, fascette, spugne, corrugati e tutto il materiale che è riuscita a trovare facendo il classico giro porta a porta. Il che sottolinea la grandissima quantità di questo prodotto che tutti noi abbiamo nelle nostre case: troppi i contenitori che buttiamo e che sprechiamo perché non siamo né capaci né educati a riutilizzare, contenitori che, soprattutto, inquinano moltissimo.

Un materiale dal quale sarà difficile liberare il nostro bellissimo mondo, ma non impossibile se ci si aprirà ad una visione globale e si prenderà atto che il mondo è di tutti e che ce ne dobbiamo prendere cura. Il mondo è anche di quelli che verranno dopo di noi.

Si tratta di assimilare un nuovo comportamento. All’artista non piace l’aggettivo “ecologico”, preferisce “etico” perché ritiene che il primo sia abusato e che spesso nasconda una profonda ipocrisia. Ritiene che l’uso che se ne fa è sempre più spesso a sproposito, soprattutto nel  campo del marketing. Etico invece ha una valenza diversa e riesce a raggiungere la coscienza di tutti.

La mostra è allestita presso le Cantine Taglienti, all’interno proprio di quella che era la vera cantina di una volta: una grotta in cui si scende tra i muri umidi e ambienti bui. Non poteva essere allestimento migliore, sembra proprio di scendere nel centro della terra. La luce è tenue, ci si deve prima abituare un attimo e poi si cominciano a scorgere le maschere dei mostri, appese alle pareti, con dei led luminosi al loro interno che le fanno risaltare sulle pareti di pietra.

Il percorso è relativamente breve, le maschere si susseguono sia a destra che a sinistra, sembra un’invasione che culmina in un grande globo luminoso sulla cui superficie ci sono solo ed esclusivamente oggetti di plastica. Il mondo ne è ricoperto. Una metafora realistica.

Se si guarda la mostra accompagnati dalla visione dell’artista se ne esce particolarmente colpiti. Si riflette su quanto potremmo fare per cercare di arginare la situazione. Io ammetto di esserne uscita con un senso di colpa enorme, in fondo, lo riconosco, sono una grande sprecona.

Risaliti dalla grotta, nel locale ci sono altre opere di Alessandra.

Una lampada da terra fatta esclusivamente con ritagli di bottiglie di plastica; delle abat-jour che riproducono facce deliziose; un arazzo realizzato con buste di plastica e tanti quadri creati con strisce colorate di plastica fusa.

Oltre al nobile intento c’è sicuramente da premiare la grande creatività dell’artista, alla quale sono sempre più particolarmente affezionata.

Vi consiglio di andare a visitare questo sito particolare presso cui la mostra sarà allestita fino al 31 ottobre, dalle 18:00 alle 22:00, orario di apertura del locale che la ospita.

Tanto per concludere in “bellezza”, vi allego una lista e vi auguro una buona visione della mostra e, soprattutto, una buona riflessione:

Tempi medi di degradazione naturale dei rifiuti nel Terreno:

• Una gomma da masticare (5 anni)

• Una lattina d’alluminio per bibite (10 -100 anni)

• Un contenitore di polistirolo (oltre 1000 anni)

• Schede telefoniche, ricariche e simili (oltre 100 anni)

• Un mozzicone di sigaretta (1-2 anni)

• Il torsolo di una mela (3 mesi)

• Fiammiferi o cerini (6 mesi)

• Giornali e riviste (6 mesi, più di 10 anni)

• Una bottiglia di vetro (circa 400 anni)

• Una bottiglia o un sacchetto di plastica (100-1000 anni)

• Piatti e posate di plastica (100-1000 anni)

• Un pannolino usa e getta (circa 400 anni)

• Indumento di lana o cotone (1 anno)

• Fazzoletti e tovaglioli di carta (3 mesi)

• Un cartone di latte o succo (1 anno)

• Una scatola di cartone (2 mesi)

 

Tempi medi di degradazione naturale dei rifiuti nel Mare:

• Una gomma da masticare (5 anni)

• Una lattina d’alluminio per bibite (500 anni)

• Un contenitore di polistirolo (da 100 a 1000 anni)

• Schede telefoniche, ricariche e simili (1000 anni)

• Un mozzicone di sigaretta (2-5 anni)

• Il torsolo di una mela (3-6 mesi)

• Fiammiferi o cerini (6 mesi)

• Giornali e riviste (2 mesi)

• Una bottiglia di vetro (1000 anni)

• Una bottiglia o un sacchetto di plastica (1000 anni)

• Accendino di plastica (100-1000 anni)

• Un pannolino usa e getta (circa 200 anni)

• Indumenti di lana o cotone (8-10 mesi)

• Fazzoletti e tovaglioli di carta (3 mesi)

• Tessuti sintetici (500 anni)

• Una buccia di banana (2 anni)

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pulsante per tornare all'inizio