Criminologia

72…

… non sono gli anni di qualcuno e non c’è nulla da festeggiare: da gennaio ad oggi alle ore 08:30 (ora in cui leggo la notizia), 72 sono le vittime del femminicidio. La speranza è che il numero non cresca più, ma la realtà sarà purtroppo molto lontana da questo desiderio.

L’ultima donna ad accrescere la lista dell’orrore è una ragazza di 27 anni, Marta, rea di aver fatto ciò che, prima o poi, capita a tutti, uomini compresi: decidere di lasciare il partner.

Avevo deciso di non scrivere nulla in merito perché non mi sentivo in grado di affrontare un tema così delicato, rischiando di scadere nell’ovvio o, ancor peggio, di minimizzare senza poter arrivare, alla fine, ad essere di aiuto. Poi, leggendo sul giornale questa ultima notizia sono stata colta dalla frenesia si sviscerare tutto il mio ribrezzo, disgusto e avvilimento nei confronti di questa bieca “pratica” che sembra estendersi a macchia d’olio, nel mondo.

Ragazze, donne maltrattate, vilipese, psicologicamente spaventate e irretite, picchiate, stuprate, malmenate e poi, come a chiudere il cerchio, uccise.

Gli uomini sono preda di quale strana, chiamiamola così, emozione? Mancanza di freni inibitori; paura di rimanere soli, di non reggere il confronto con la sensazione dell’abbandono?

Sembrerebbero dei “deboli” però, poi, sono capacissimi di stringere un braccio intorno al collo dell’amata fino a toglierle la vita; preparati ad impugnare le armi come se avessero frequentato i più duri corsi militari o di sopravvivenza; abili a gestire gli acidi, ad imitazione di altre orrende pratiche che appartengono, purtroppo, ad altre culture. Quella araba, non a caso, sarebbe un contenitore inesauribile di cultura, letteratura, scoperte se non fosse che, a volte, la natura umana è incline a prendere il peggio di ogni forma, l’importante è che sia utile ai propri scopi.

Uomini capaci di agguati nei boschi, tra le macchine nei vicoli delle città e negli uffici, uomini che non si perdono d’animo di fronte alla ricerca di come fare per occultare i cadaveri. Pronti anche a togliere di mezzo tutti coloro che considerano occhi indiscreti e possibili testimoni oculari, di solito: mamme, suocere e figli. Insomma, al femminicidio si uniscono stragi familiari.

La violenza di genere contro le donne deriva dalla violazione dei diritti umani in tutti gli ambiti: violenza fisica, psicologica, sessuale, sul lavoro, economica, familiare.

Gli uomini, certi tipi di uomini, proprio non riescono a trovare uno sbocco positivo a tutte le attenzioni, sforzi, attitudini e dedizioni che rivolgono alle donne; non riescono ad impegnarsi nella cura della loro mente, del loro vissuto, delle loro paure al fine di trovare una soluzione degna di un essere umano.

Cosa manca alla donna che troppo spesso non reagisce alle prime avvisaglie di una situazione pericolosa? Autostima, coraggio di affrancarsi economicamente dall’uomo? Hanno paura di rimanere sole, vergogna di non essere capite, aiutate?

Troppe domande senza risposta, perché ogni caso è probabilmente a sè stante anche se rimane il dubbio che forse manca un grido più compatto da parte di tutti.

BASTA!

“Feminicide” non è un termine nuovo, già nel 1801 veniva usato in Inghilterra per indicare l’uccisione di una donna. Poi fu utilizzato dalla criminologa Diana Russel, nel 1992, la quale sosteneva che: “tutte le società patriarcali hanno usato, e continuano ad usare, il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne”.

Essere uccise in quanto donne, perché si tragredisce ad un ruolo mentalmente imposto e tramandato; perché ci si ribella al controllo ossessivo sulle proprie vite e sulle scelte sessuali; perché si rifiutano matrimoni imposti e ci si rivolta al volere del padre-padrone. È un’aberrazione.

A questo punto ci si può domandare se le donne che chiedono aiuto siano effettivamente aiutate. Se, soprattutto, conoscano i loro diritti fondamentali; se ci siano le strutture adeguate per accoglierle, se siano sufficienti; se si mettano in pratica gli “ordini di allontanamento civili” per il coniuge violento. È lecito chiedersi se le leggi esistenti vengano applicate e bene.

Manca una dura reazione collettiva. Occorre una decisa presa di posizione da parte delle Istituzioni, martellanti campagne pubblicitarie di educazione civile e pubblica al posto di quelle che siamo soliti vedere e alle quali, purtroppo, ci hanno abituati.

Ribelliamoci a questa ignominia, frutto del disprezzo e della voglia di possesso.

Mi permetto di suggerire la lettura di un’antologia: “Nessuna più”, edita da Elliot Editore, in cui 40 scrittori scrivono contro il femminicidio e i cui proventi sono destinati al Telefono Rosa.

 

(immagine di NARDI)

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA 

 

 

 

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