Sociologia

Arte della guerra o Arte della crisi?

Nel suo celebre L’arte della guerra, scritto all’incirca 2500 anni fa, il grande pensatore cinese Sun Tzu spiegò che la guerra non è una mera questione di emergenza, bensì di conoscenza e di strategia lungimirante. Si può dire lo stesso delle crisi che si manifestano oggi. Con ogni probabilità esse muteranno il tessuto globale del nostro futuro. Per questo abbiamo urgente bisogno di una “arte della crisi. 

(Patrick Lagadec e Erwann Michel-Kerjian, A new era calls for a new model, in «The New York Times». 1 Novembre 2005).

Famoso per trovarsi anche sulle scrivanie dei migliori manager al mondo, questo piccolo libricino datato più o meno due secoli e mezzo fa ha dell’incredibile. Di cosa tratta? Il titolo, L’arte della guerra di per sé è riduttivo: è vero, elenca in tredici sintetici capitoli quali siano le caratteristiche della guerra e le strategie da adottare per vincerla, ma limitarsi a questo significherebbe sminuirne il grande significato e soprattutto l’utilità in molti ambiti, non solo bellici. Il piccolo libro, scritto all’incirca tra il VI e il V secolo in Cina, probabilmente da uno stratega di nome Sun Tzu (o Sunzi), è stata la “Bibbia” di moltissimi condottieri, generali, dittatori e, nella modernità, di economisti, politici, allenatori sportivi e manager. Il perché di questo suo grande successo nonostante i millenni passati dalla sua trascrizione in tavole di bambù è da ricercare nei suoi insegnamenti. 

I tredici capitoli si soffermano ognuno su un aspetto della guerra: le valutazioni di base da considerare prima dell’entrata in guerra; la conduzione del conflitto; come pianificare un attacco; le disposizioni, da valutare attentamente attraverso calcoli, probabilità, comparazioni e possibilità di successo; la forza, intesa come tale solo in rapporto alla velocità nella quale viene affrontato un conflitto e dalla fulmineità degli attacchi; vuoti e pieni, quindi punti di debolezza e di forza, che permettono di predisporre la vittoria; come manovrare gli eserciti con astuzia e strategia; prendere in considerazione tutte le nove variabili, che indicano quanto sia fondamentale per la vittoria che l’esercito si adatti e si plasmi alle diverse condizioni strategiche che si può trovare ad affrontare; le strategie sullo spostamento e il movimento delle truppe, che non deve essere mai fatto a caso; due capitoli dedicati uno all’importanza del terreno nel quale si svolgerà la battaglia, come muovere le truppe a seconda della propria posizione e della morfologia del terreno e come le truppe sono disposte geograficamente rispetto a quelle avversarie,  l’altro sui nove tipi di campi di battaglia sui quali si andrà a svolgere l’azione bellicosa; come attaccare il nemico con il fuoco e in quali condizioni; l’ultimo capitolo, forse uno dei più importanti da un punto di vista strategico riguarda l’uso delle spie in guerra. Si tratta quindi di cause e conseguenze attentamente pianificate e calcolate, ecco perché può essere considerato un iniziale precursore alla moderna teoria dei giochi e un ottimo punto di spunto per teorie manageriali aziendali. 

Sun Tzu, in qualsiasi guerra, impone di usare astuzia, efficienza, inganno e strategia per evitare dispendi di risorse e spargimenti di sangue inutili. Una della sue regole “conosci il tuo nemico come conosci te stesso, e anche in 100 battaglie non sarai mai in pericolo” è certamente un monito molto importante, non solo dal punto di vista bellico. Quanto nello sport, in politica, in economia è importante conoscere gli avversari per intavolare i propri obiettivi e soprattutto pianificare i mezzi per raggiungerli? Il dover superare in astuzia e non in forza il nemico è una strategia lungimirante in molti ambiti della vita. La segretezza delle proprie strategie è altresì fondamentale: “I tuoi piani siano oscuri come la notte, poi colpisci come un fulmine”, Sunzi dedica un intero capitolo all’importanza della segretezza, all’uso delle spie e delle attività di controspionaggio: far credere ad un nemico attraverso falsi messaggi di agire tramite strategia A, per poi sorprenderlo con strategia B significa certamente batterlo in astuzia. 

I cinque fattori che sono fondamentali per avere successo in guerra (e non solo) sono: clima, terreno, comando, dottrina militare e il più importante di tutti, l’influenza morale. Qui ci rendiamo conto di quanto L’arte della guerra sia attuale: la presenza di un leader carismatico, come lo definirebbe Weber, che crei coesione è fondamentale in guerra come in altri ambiti della società, e 2500 anni fa, uno stratega cinese ne aveva colto l’importanza. L’influenza morale attraverso un leader carismatico tratta di  “potere legittimato sulla base delle eccezionali qualità personali di un capo o la dimostrazione di straordinario acume e successo, che ispirano lealtà ed obbedienza tra i seguaci” (Kendall, Diana, Jane Lothian Murray, and Rick Linden. Sociology in our time (2nd ed.), 2000. Scarborough, On: Nelson, 438-439, o Wikipedia alla voce: autorità carismatica, nota 3). La lealtà, l’obbedienza, e il supporto dei seguaci di un leader sono il punto di forza necessario a vincere una battaglia. Un esempio calzante, fornitoci da History Channel in un documentario dedicato a L’arte della guerra, per l’appunto (reperibile su: http://www.youtube.com/watch?v=pTVQnEOJeog) riguarda la guerra del Vietnam. In una concatenazione di errori tattici e strategici da parte degli americani si inserisce, come punto di svolta per la fine del conflitto, il cambiamento dell’opinione pubblica americana sul conflitto. Mancante del sostegno morale necessario e di un senso di coesione attorno alle motivazioni che avevano spinto l’esercito USA ad entrare in guerra contro il Vietnam del Nord e i Vietcong, e non più supportata in patria, ma osteggiata e ritenuta un inutile sanguinoso e terribile conflitto, l’esercito americano inizia a vacillare seriamente, fino a giungere a un patto di ritirata delle truppe dal Vietnam. 

Altro esempio interessante che riguarda lo spionaggio, il controspionaggio e la segretezza delle attività è dato dallo sbarco in Normandia degli alleati nel 6 giugno del 1944. I generali tedeschi che occupavano la Francia, attendevano, grazie a una fitta attività di controspionaggio e di messaggi errati inviati dagli alleati, lo sbarco a Calais: punto che rivelò errato, e che consentì alle truppe americane, canadesi e inglesi di conquistare la Francia occupata.

Questi sono soltanto due degli esempi di strategie militari adottate grazie agli insegnamenti di Sun Tzu, ma la lista sarebbe lunga: si suppone abbiano fatti propri i dogmi dello stratega cinese anche personaggi quali Napoleone Bonaparte, Mao Zedong, e molti generali appartenenti ad epoche diverse. Oltre alle considerazioni estremamente interessanti ma meramente belliche, il punto fondamentale, utile alla nostra società da trarre da questo piccolo libro è certamente quello legato alla capacità di saper prevedere. La capacità di previsione e di preparazione si rivela necessaria, in ogni ambito della vita. La postmodernità, caratterizzata da ogni genere di crisi (economica, politica,  valoriale, del sapere, e via dicendo) dovrebbe trarre giovamento dagli insegnamenti di Sun Tzu che proiettano chi si appresta a seguirli al futuro. Pensare e conoscere approfonditamente, cercare di calcolare, saper prevedere, essere preparati alle variabili e agli imprevisti che la liquidità di questa epoca ci presenta di volta in volta, in qualsiasi ambito, è senza dubbio uno degli “ordini” che Sunzi ci imporrebbe. 

Leggendo l’opera, possiamo notare come la necessità di essere “liquidi” sia così importante per raggiungere la vittoria. Non a caso il consiglio è quello di essere come l’acqua, che aggira gli ostacoli e si adatta a qualsiasi situazione. Ovviamente il rimando alla sociologia viene da se: pensiamo al termine coniato da Bauman che sta a caratterizzare la nostra epoca: liquido . Viviamo in un mondo liquido, in una società liquida, instauriamo relazioni amicali e amorose liquide, che ci sfuggono di mano, che ci ricordano costantemente che i principi “di piombo” ai quali erano abituate le generazioni passate, non esistono più. Prendere coscienza della liquidità dell’epoca nella quale viviamo ci permette di comprenderla, e soprattutto di saperne cogliere le sfide. La società liquida non è in grado di mantenere la propria fisionomia per un lungo periodo, ecco perché il modo di pensare il sociale deve accostarsi al cambiamento, deve modernizzarsi e abbandonare le forme tradizionali. La vita liquida è caratterizzata dalla precarietà e dall’incertezza, così come l’amore che si costruisce nel corso della propria esistenza, che non dà più sensazione di fiducia e di stabilità ma rimanda sempre a un futuro incerto. L’insicurezza liquida genera la richiesta di controllo e di sicurezza. Il mondo accademico tenta di rispondere a queste necessità postmoderne, solo a titolo esemplificativo lo testimonia il grande successo avuto dal corso di laurea in Scienze per l’investigazione e la sicurezza di Narni e tutti i corsi di laurea affini, perché vanno ad esaudire quella richiesta di sicurezza che è scaturita dalla liquidità nella quale viviamo ogni giorno.

Proteggere ciò che si possiede senza metterlo in pericolo ma valorizzandolo attraverso una strategia precisa, prevedere gli “attacchi nemici”, prendere in considerazione tutte le variabili e non agire d’impeto, ma in maniera ragionata e intelligente non è forse quello che si auspica nei nostri giorni? Una strategia ragionata, un’influenza morale importante, non sarebbero necessarie per risolvere le crisi economiche e politiche del XXI secolo? Il segreto più importante dell’opera di Sun Tzu è quello di non combattere affatto, ma bensì di creare le condizioni affinché non sia necessaria una guerra (intesa anche in senso metaforico) perché attraverso una strategia intellettiva ragionata si è giunti a un accordo positivo e utile a tutte le parti prese in causa. Ed è proprio questo il punto di arrivo al quale si deve tendere: coltivare una capacità di previsione e di ragionamento tale da azzerare le possibili divergenze, causa di conflitto in qualsiasi contesto. Ovviamente questo non è quasi mai auspicabile, e forse la visione pessimistica di Hobbes homo homini lupus non è mai stata così tanto realistica in un’epoca complessa come quella nella quale siamo immersi. Ma certamente sapere (e perché no anche attraverso l’arte dell’inganno) riuscire a “svicolare”, a minimizzare i possibili scontri sarebbe utile all’uomo contemporaneo che legge Sun Tzu e che ne trae conclusioni positive.

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