Politica

ALTRO CHE RIFORME! BASTEREBBE…

Mi accingo a svolgere una riflessione sulle sbandierate riforme e sull’azione di governo dell’ultimo guappo che siede a Palazzo Chigi; ma, ricorrendo il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, inevitabilmente, non posso sottrarmi alla tentazione di immaginare cosa avrebbe detto il sommo poeta se avesse potuto assistere alle condizioni del paese oggi.

Ecco il suo indubitabile pronunciamento: “Ahi serva Italia di dolore ostello, non donna di provincie, ma bordello”. Gli potremmo dare torto? Sicuramente no. Se poi vogliamo riflettere su cosa pensasse Dante dei toscani, non c’è scampo né per i vari Renzi, Verdini, Matteoli e forse nemmeno per i vari Benigni; infatti il poeta ci teneva tanto a sottolineare che lui in quella parte d’Italia c’era soltanto nato e non ne ha seguito i costumi morali: Florentini natione, non moribus.

Voglio entrare nel merito della riflessione sottolineando che essa baserà il suo svolgimento solo su  elementi certi di valutazione, mentre, lasciamo fieramente agli altri la sciagurata goliardia che vede sullo stesso palcoscenico tutti gli addetti ai lavori a cominciare dai cosiddetti politici e dai mass-media a menare corbellerie, per finire con la magistratura inarrivabile per la sua capacità unica di mestare nel torbido.

Partiamo dal debito pubblico che oltre al suo rilievo, in sé squisitamente macroeconomico, ha ineluttabilmente un valore politico; infatti, secondo l’ultimo dato fornito dalla Banca d’Italia esso è arrivato alla poco invidiabile cifra di 2137 miliardi di € e aveva superato la fatidica soglia dei duemila miliardi con i governi Monti e Letta, ma non ha avuto mai una correzione di rotta fin dal primo governo Amato. Il dato ci obbliga a rilevare che tutta la classe politica succedutasi dal 1992 a oggi è stata incapace di porre mano alla questione perché incompetente e soprattutto incapace. 

Purtroppo, i saltimbanchi di oggi e del recentissimo ieri sono escrescenze politiche quasi spontanee determinate da un Di Pietro che con la sua azione devastatrice ha cancellato  una classe politica, non certamente da rimpiangere, ma comunque distante anni luce, per competenza e cultura, da quella che ci offre oggi il panorama politico italiano. 

Conoscere per deliberare; questo illuminato pensiero einaudiano dovrebbe sempre persistere nelle menti di chi ha ambizioni politiche, purtroppo, non è così; infatti, basterebbe comprendere realmente e in profondità le effettive e non gonfiate necessità di spesa pubblica per trovare le risorse finanziare, oggi sperperate a favore di pochi e a danno dei molti che devono sostenere un fisco sempre più esoso. Pongo una domanda: il ministro Alfano come le ministre Pinotti, Guidi e Lorenzin conoscono doviziosamente le necessità di spesa dei dicasteri che dirigono o firmano i provvedimenti di spesa solo per sentito dire? 

Un punto lo possiamo evidenziare: stiamo parlando di una classe politica non scelta dal popolo, o meglio di una classe politica nominata da un ras partitico e parzialmente legittimata dal dato delle urne sempre più meno affollate dagli elettori. All’osservatore attento non sfugge che in ogni diversa competizione elettorale, da oltre un decennio a questa parte, si registra un calo dell’affluenza alle urne che è pari al 50% degli aventi diritto al voto. Eppure, alla pubblicazione di questo dato che dovrebbe allarmare e preoccupare qualsiasi politico serio, si fa finta di niente, i commenti dei politologi sono appena sufficienti e gli editoralisti di grido dei maggiori quotidiani preferiscono rimanere su quel palcoscenico raccontando un mondo politico sempre più alieno dalla realtà che dovrebbe governare. Altrimenti, non troverebbe spiegazione il fatto che i nominativi che sono coinvolti nell’inchiesta di Mafia Capitale non trovano accostamento nei loro padrini politici leggasi Veltroni tanto per fare un esempio. 

Pongo un’altra domanda: come mai i più affermati professionisti delle scienze giuridiche come quelli delle scienze  economiche, seppur si sono avvicinati alla politica spendendosi in prima persona, poi fuggono da essa e non ne vogliono più sapere? Nel seguito della riflessione si troverà una risposta. Ritorniamo all’analisi dei dati certi, è notizia recentissima che il Procuratore Capo di Milano Bruti Liberati abbia archiviato il fascicolo che era stato aperto per la denuncia presentata dal partito Radicale per i brogli e per le firme false presentate dalla lista Formigoni prima delle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della Lombardia. Questo dato ci impone una considerazione che è questa: se il cittadino ha un potere esso è quello dell’esercizio del diritto a votare; ma se l’esercizio di questo diritto viene inquinato fin dalla raccolta delle firme, l’agente inquinante penetrerà tutti i soggetti che deriveranno da quell’elemento di partenza.

Chiudo questa riflessione con la citazione di un altro dato di cronaca politica passato quasi inosservato da quelli che sul palcoscenico se la cantano e se la suonano. Elezioni per il rinnovo del consiglio comunale del comune di Roma, Gianni Alemanno diventa sindaco e tra i consiglieri del suo schieramento si ritrova un certo Samuele Piccolo recordman per i voti ricevuti (oltre 11.000); quando personaggi politici romani ben più noti del suddetto entravano nella sala Giulio Cesare con un massimo di settemila voti. Il dato indurrebbe a dire che chi ha più notorietà rischia di prendere meno voti, mentre se si è sconosciuti o addirittura ignoti si può raggiungere quei traguardi, ma questa è una considerazione da palcoscenico e dobbiamo rifiutarla.    

Invece si può benissimo immaginare fino a sfiorare la realtà dei fatti che Samuele Piccolo fratello minore di un imprenditore desideroso di fare politica, prima che facesse quel passo ha trovato qualcuno che lo abbia messo in guardia raccomandandogli due cose: il presidio di tutti i seggi del comune di Roma con un proprio rappresentante  che contestasse i tentativi di annullare tutte le schede che lo riguardassero, un controllo scrupoloso di tutte le operazioni che si svolgono a urne chiuse e il pedinamento dei presidenti dei seggi fino alla consegna del materiale elettorale al seggio centrale. Queste misure precauzionali hanno permesso il conseguimento di quel risultato. Ma nei seggi con la complicità dei rappresentanti di lista succedono fatti e misfatti inenarrabili che si ripetono anche durante le operazioni che si svolgono nei seggi centrali elettorali dove a dirigere le operazioni vi è pur sempre un magistrato di corte d’appello.

Allora, occorrono le riforme? Molto probabilmente sì, ma a mettervi le mani devono essere cittadini che svolgono un ruolo politico ma che non hanno assoluto bisogno della politica per vivere. Dove si trovano questi cittadini? Essi vivono nella società ma sempre più si disinteressano della politica visti i soggetti che nei vari livelli la rappresentano, quindi, loro malgrado, ingrossano i numeri dell’astensione. Un altro quesito va posto: siamo proprio sicuri che con le persone perbene, capaci e competenti gli ingranaggi delle istituzioni non necessitano di alcuna riforma e invece si mettono a funzionare come da quarant’anni a questa parte non si era mai visto? Io penso di sì. Basterebbe… modificare non la costituzione e nemmeno i vari settori delle pubbliche istituzioni; bensì, mettere mano ad un semplice regolamento, quello elettorale, dove si deve prevedere che l’insieme delle schede elettorali (quelle votate quelle nulle e quelle bianche comprese quelle avanzate) non saranno mai separate dai relativi verbali, tale che un eventuale contestazione non abbisognerà dei tempi biblici per avere una soluzione. Altra modifica al regolamento deve abrogare l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria e prevedere, per chi o coloro si rendono autori di brogli elettorali, la pena irriformabile dell’ergastolo. Ho sufficienti motivi per ritenere che questi semplici provvedimenti renderebbero il terreno della politica bonificabile e solo allora si può pensare di vedere un bagliore di luce nel tunnel dove ci hanno cacciato questi miserabili quacquaracquà.

 

Tommaso d’Aquino (Roccasecca, 1225 – Fossanova, 7 marzo 1274) domenicano

 

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