Economia

TIGER, UNA CATENA LUNGA 500 NEGOZI

Tratto da:  http://www.morrisconsulting.eu/

 

Lennart Lajboschitz, 56 anni, danese, è il fondatore della nota catena di negozi Tiger dove si possono acquistare curiosi e divertenti oggetti per gli usi più disparati. Se si pensa che a vent’anni vendeva ombrelli usati nei mercatini delle pulci pare incredibile che oggi il suo impero conti più di 500 negozi in 27 Paesi.

 Un vero self made man, che non ha mai frequentato l’università né studiato gestione o finanza. Si è formato sulla strada, ha imparato dall’esperienza e se gli si chiede qual è il suo segreto risponde: «Osservo, viaggio, guardo i giovani: così posso innovare».

Il periodo più formativo della sua vita è stata l’infanzia, avendo avuto una educazione che lo ha abituato all’importanza di credere in se stessi. A quei tempi la Danimarca stava gettando le basi della moderna socialdemocrazia. Poi, una giovinezza emozionante: a sedici anni fa qualsiasi lavoretto, dal vendere fumetti all’allenare una squadra di ping pong, per finanziare i propri viaggi; viaggi che, zaino in spalla, continua con Suz, la sua futura moglie che conosce a vent’anni.

Poi, con lei, comincia a riparare ombrelli e venderli ai mercati di Copenhagen, un’esperienza che lo ha fatto «immergere nella realtà». Alla nascita del loro primo figlio, i due aprono un negozio, Zebra, e poi un pop up store. Nel 1995, mentre sono in vacanza, la cognata di Lajboschitz – a cui era stato affidato il negozio – li chiama disperata perché non trova i prezzi degli articoli. Le viene suggerito di prezzare tutto 10 corone, in slang “tier”. Da qui l’idea del prezzo fisso e, soprattutto, il nome Tiger.

Poi, l’idea geniale: perché non personalizzare gli oggetti? Lajboschitz comincia a disegnare baffi su tazze, aggiungere piedi di gomma alle calcolatrici e… aprire 40 negozi in tre anni.

«Gli articoli che vengono acquistati sono scelti dal nostro buying team in collaborazione con i designer, che dovranno poi modificarli» dice Tina Schwartz, direttore marketing di Tiger. «Ogni settimana introduciamo 300 nuovi prodotti, lavoriamo a un ritmo molto veloce grazie a un’organizzazione piatta e informale».

 Nel 2012 Lajboschitz ha ceduto il 70% di Tiger a Eqt, un fondo svedese di private equity: ora non è più Ceo ma direttore creativo. Ma mantiene comunque il timone dell’azienda. «Se mi guardo indietro» afferma, «mi rendo conto che ciò che ha significato di più per me sono mia moglie e i miei figli. Spero succeda anche ai miei clienti. Con i miei prodotti cerco di fare in modo che la gente si incontri, mangi insieme e magari faccia dei bambini…».

 

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