Criminologia

Femminicidio: “E se rivedessimo meglio anche le fiabe?”

Fiabe antiche e significati attuali: La Sirenetta di Hans Christian Andersen, storia ordinaria di un tempo mai tramontato.

Di Enza Bifera[1]

Da qualche giorno mi viene in mente la fiaba della Sirenetta di Hans Christian Andersen e la mia attenzione si concentra sul significato simbolico che può evocare.
La Sirenetta, per amore, rinuncia alla sua voce.

La sua voce, in cambio di una possibilità: far innamorare il bel principe.

Così, la strega dei mari le taglia la lingua.

E seppure all’inizio la Fiaba chiarisce che, per ottenere un’anima eterna, la Sirenetta dovrà riuscire ad amare ed essere amata – alludendo, quindi, all’incontro del maschile e del femminile e lasciando presagire l’integrazione del proprio sé – il messaggio terrificante arriva puntuale di seguito, scardinando ed annullando, laddove ci fossero, i buoni propositi iniziali e mettendo a tacere ogni possibilità di un buon lieto fine.

Il caro prezzo, decisamente oltremodo oneroso per la Sirenetta, sarà quello di mettere a repentaglio la propria identità  per amore.
Che cosa rappresenta, infatti, la voce se non la traccia, le orme, la matrice, l’essenza stessa della nostra Identità.

La nostra voce ci “identifica”. Le persone attorno a noi “riconoscono” la nostra voce che ci rappresenta: ne colgono il timbro, il calore, la forza, il potere seduttivo e quanto altro la voce si fa “portavoce” dei contenuti della nostra anima.
La voce crea, costruisce relazioni e ancora allontana, accattiva, cura, demolisce, libera, imprigiona, risana, distrugge.
Ben presto impariamo che la nostra Voce crea la nostra realtà.
La voce è legata alla nostra identità. E alla possibilità di creare attorno a noi.
Non a caso, in molte discipline orientali e marziali, la voce è l’espressione del proprio KI (in giapponese spirito, energia, forza vitale, etc.).

Andersen rappresenta la penna di un patrimonio collettivo dai contorni culturali ben definiti e certamente attuali ma mai bisognerebbe rinunciare alla propria “voce- identità- anima”.

Neppure per amore.

E mai un Amore, ciò che è davvero amore, si sognerebbe di imporre una rinuncia: rinuncia della propria vera essenza, rinuncia del viaggio di vita, rinuncia di consapevolezza, rinuncia di individuazione, rinuncia di scoperta e ri-scoperta del proprio sé più autentico.
La perdita della “lingua” della Sirenetta rappresenta, a mio avviso, quel burqa simbolico (neppure tanto, poi, così simbolico) che la subcultura intende imporre, purtroppo ancora oggi, all’identità della donna.

Vincenza Bifera

 



[1] Pedagogista specializzata in disturbi del comportamento e dell’apprendimento. Consulente familiare.

 © Riproduzione Riservata

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