Criminologia

Meglio un ladro in casa… che un processo fuori dalla porta?

Il falso luogo comune del sequestro di persona nei confronti del ladro. 

Di Francesco Caccetta[1] 

Pronto, Polizia? Ho sorpreso un ladro in casa e l’ho arrestato, venite a prenderlo!”

Questa è la frase che vorrebbero sentire gli operatori delle centrali operative del 112 e/o 113, invece, purtroppo, sono sempre i luoghi comuni ad averla vinta e la frase che si ascolta è un’altra: “Pronto, Polizia? Avevo sorpreso un ladro in casa, ma l’ho lasciato andare via, per non trovarmi incriminato per sequestro di persona!”

E’ incredibile come, nel nostro Paese, abbiano successo le idee consolidate a scapito dei fatti reali! Tempo fa, scrissi un articolo che riguardava i falsi segni degli zingari e, anche in quell’occasione, feci notare come degli stereotipi o delle false convinzioni, spesso assumono carattere dogmatico sostenuto con intransigenza da molte persone pur senza addurre prove.

Mi è capitato spesso di sentire cittadini raccontare episodi di persone che avevano acciuffato il ladro mentre rovistava nei cassetti della loro stanza da letto e che erano riusciti a immobilizzarlo fino all’arrivo delle forze dell’ordine, ma poi avevano passato inimmaginabili guai e torture psicologiche da parte della polizia e dei magistrati per quel gesto criminale! Il ladro li aveva denunciati per sequestro di persona e quei poveri cittadini avevano passato un mare di guai per quell’azione imprudente!

Quando chiedevo a questi cittadini dove avessero sentito queste notizie o se conoscevano direttamente qualche persona coinvolta nei fatti, l’unica risposta che mi sentivo dire era: “Si sa che è così…lo dicono tutti, ne parlano i giornali…” senza mai fare accenno a situazioni reali e verificabili in qualche specifica e nota cronaca del passato.

In ogni caso, bisogna essere obiettivi e cercare di dare un senso anche alle notizie che giungono all’opinione pubblica, cercando di trovare le motivazioni che fanno nascere poi i proverbi, come in questo caso, quello famoso che dice: “Vox populi, vox Dei” (voce di Popolo…voce di Dio).

“Il passo biblico dice: Una voce! Un tumulto sale dalla città, una voce esce dal Tempio! È la voce del Signore; egli ricompensa i suoi nemici secondo le loro azioni (Libro di Isaia, 66,6).

Questo antico proverbio stabilisce la verità di una cosa, quando il popolo è concorde nell’affermarla: per questo si attribuisce comunemente il marchio della verità ai proverbi coniati dall’esperienza e dalla logica popolare. Nella forma abbreviata, vox populi, viene ormai correntemente utilizzata per riferirsi a convinzioni condivise da molte persone”[2].

In questo caso, un fondo di verità naturalmente c’è, ma come al solito è travisata per rapportarla all’esigenza del caso. In realtà, in passato, ci sono state e probabilmente ci saranno ancora, individui denunciati per sequestro di persona perpetrato nei confronti di ladri sorpresi in casa o di delinquenti durante una rapina, ma il vero motivo è sempre un eccesso di difesa o inutili violenze inferte dopo avere reso innocuo il reo.

Per rendere meglio l’idea, possiamo citare alcune notizie anche recenti, come quella del 14 dicembre u.s. quando nel bresciano un 29enne ha ucciso un 26enne di origini albanesi che si era introdotto in casa sua sparandogli con il fucile da caccia…il ladro era disarmato e stava fuggendo. Altri fatti analoghi sono accaduti recentemente a Roma: un imprenditore di ottantuno anni, ha sparato contro uno dei banditi entrati nella sua villa sulla Nomentana dopo che i malviventi avevano imbavagliato e legato la moglie, in quell’occasione morì un romeno di trentasei anni; a luglio del 2013, invece, un 32enne di Legnaro (Padova), ha esploso un colpo di fucile da caccia contro un gruppo di ladri che gli stavano rubando l’auto, ferendone uno.

Altre volte, abbiamo letto d’inutili vere e proprie torture fatte al ladro o al rapinatore da parte della vittima del furto (o tentato furto) dopo averlo reso innocuo, continuando con percosse che a volte causano anche gravi lesioni se non addirittura la morte del malvivente.

In tutte queste situazioni, a prescindere da facili e inopportuni commenti xenofobi o retorici dei quali le persone intelligenti ne riescono a fare a meno, è ben chiaro a tutti che non c’entra niente la vessazione della Polizia o la rigidità della Magistratura nel rilevare un comportamento illecito e, lasciatemi dire, molto più grave che quello messo in atto dal delinquente che stava commettendo un furto.

Di conseguenza, mi sembra logico indagare (obbligatoriamente per quanto prevede il codice penale), per i reati commessi, il cittadino che, seppure comprensivamente provato e spaventato, avrebbe potuto avere una condotta meno violenta, senza passare quindi dall’altra parte e diventare a sua volta un autore di delitti.

Lasciamo quindi da parte le leggende metropolitane e i preconcetti e vediamo cosa prevede espressamente la Legge italiana quando ci troviamo di fronte alla flagranza di un furto aggravato o una rapina nei nostri confronti o di altre persone e come possiamo intervenire senza infrangere la Legge.

Come abbiamo appena detto, è abbastanza frequente trovare persone convinte che se un cittadino acciuffa un ladro in casa e lo trattiene fino all’arrivo delle Forze dell’Ordine, potrebbe essere incriminato per sequestro di persona e abbiamo anche detto che questo, tranne i casi estremi sopra citati, è assolutamente falso!  Ho avuto modo di riscontrare, che è invece molto meno frequente, trovare persone a conoscenza dell’esistenza di un articolo del nostro Codice di procedura penale che disciplina l’Arresto da parte dei privati.

E’ l’articolo 383, che testualmente recita: “1. Nei casi previsti dall’articolo 380 c.p.p. ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio. 2. La persona che ha eseguito l’arresto deve senza ritardo consegnare l’arrestato e le cose costituenti il corpo del reato[253 2] alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale [357] della consegna e ne rilascia copia[3].

Come si evince dall’articolo 383, una facoltà di arresto è concessa quindi anche al privato cittadino, ma solo nei casi in cui l’arresto sia obbligatorio e il delitto sia perseguibile d’ufficio. Nella fattispecie, nei casi di furto in abitazione, quando c’è violenza sulle cose (effrazioni di porte o finestre) o uso di mezzo fraudolento, chiavi false, grimaldelli ecc. oppure nei casi di rapina, il reato è sempre perseguibile d’ufficio[4]. Si tratta, pertanto, di una forma di autotutela che il nostro ordinamento penale ha riservato al privato, in considerazione della necessità pratica che impone un’immediata e pronta reazione di fronte al perpetrarsi di un grave delitto.

Giova anche ricordare, che in quel momento il privato assume la qualità di pubblico ufficiale con tutte le conseguenze del caso ed è autorizzato anche a trattenere le cose rubate dal ladro o dal rapinatore, che costituiscono corpo di reato, assumendo la qualità di custode di cose sequestrate.

Resta inteso ed è condicio sine qua non che tale facoltà, proprio per il suo carattere eccezionale, non consente che l’arrestato sia trattenuto oltre il tempo strettamente richiesto all’esecuzione della consegna agli organi di polizia.

In poche parole, se un ladro è sorpreso in casa, o il rapinatore viene immobilizzato durante le fasi del reato da parte della vittima o di qualsiasi altro probo e coraggioso cittadino, questi ultimi possono procedere all’arresto del malvivente pur non essendo appartenenti alle Forze dell’Ordine, assumendo quindi la qualifica di Pubblico Ufficiale che comporta una serie di garanzie e di autotutela nei confronti delle eventuali reazioni del reo.  Se ad esempio il delinquente ribellandosi al cittadino che lo sta arrestando, usa violenza o minaccia nei suoi confronti o di chiunque presta aiuto nel tentativo di fermarlo, sarà poi processato anche per il reato di cui all’art. 337 del codice penale che dice: “Chiunque usa violenza o minaccia (1) (2) per opporsi a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni “[5].

Naturalmente, non integra né violenza né minaccia la resistenza meramente passiva (ad esempio, buttarsi a terra, rifiutarsi di obbedire etc.) e quindi essa non integra il delitto in esame neppure nel caso in cui il pubblico ufficiale sia costretto a usare la forza per vincerla. E’ necessario quindi che la resistenza abbia il carattere di comportamento attivo, e in particolare, aggressivo e non difensivo.

Inoltre, nel 2006, con la legge 13 febbraio n. 59 (“Modifica all’articolo 52 del codice penale già denominato “Legittima Difesa”, in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio.”) è stato aggiunto un comma che recita così:

«Nei casi previsti dall’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o altrui incolumità;

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale

La riforma del 2006 ha introdotto dunque una presunzione assoluta di proporzione fra difesa e offesa, nei casi di reazione avvenuta durante la commissione del delitto di violazione di domicilio (e vale anche nei luoghi di esercizio di attività economiche) e in presenza di un pericolo di aggressione fisica. E’ importante poi che ci si trovi in uno dei casi previsti dall’articolo 614, commi 1 e 2 c.p. (Violazione di domicilio), che colui che pone in essere la legittima difesa abbia il diritto di trovarsi in quel luogo, che vi sia un pericolo per l’incolumità della persona e infine che la legittima difesa sia esercitata a mezzo di un’arma o un altro strumento di coercizione legittimamente detenuto da chi ne fa uso.

<<Perché operi la presunzione devono essere contemporaneamente presenti tutte le suddette condizioni, mentre in assenza di queste è comunque possibile che sia accertata la proporzione fra mezzi di difesa e di offesa. L’onere della prova spetta a chi invoca la legittima difesa, il quale deve dimostrare che la persona offesa si trovava illegittimamente nella altrui proprietà, metteva in atto un pericolo per l’incolumità della persona, e non esistevano mezzi alternativi di difesa. La legittima difesa non viene mai riconosciuta, però, se si spara alle spalle della vittima>>[6].

Infine, occorre ricordare che l’altro presupposto di assoluta importanza è che il criminale, una volta fermato e quindi arrestato da parte del privato cittadino, deve essere messo a disposizione delle forze di polizia nel più breve tempo possibile (chiamando subito il 112 o il 113 avvisandoli dell’avvenuto arresto e chiedendo l’intervento della pattuglia). In questo caso non si avrà nessuna difficoltà con la Legge e non potrà mai essere contestata l’ipotesi del sequestro di persona!

Ancora una volta, la conoscenza della Legge e il buon senso riescono a dare risposte migliori del solito sentito dire che in più occasioni ci hanno resi inermi di fronte a situazioni altrimenti gestibili, favorendo i delinquenti che spesso, vincono perché supportati dalla paura della brava gente che rinuncia a difendersi.

Il cittadino non può avere paura dei delinquenti e allo stesso tempo anche della Legge, altrimenti si disorienta e non comprende più il senso della collaborazione che, ancora oggi, è l’unico strumento che abbiamo per combattere il crimine.

Bande organizzate di ladri sempre più disorganizzati, stanno compiendo facili razzie nei nostri territori e spesso giocano sull’individualismo delle persone e sull’ignoranza della Legge da parte dei cittadini che non conoscono a fondo i loro diritti perché indottrinati da luoghi comuni.

Possiamo ancora fermare questi nuovi barbari e anche le vecchie volpi locali, soltanto collaborando, prima di tutto fra abitanti del posto e poi con le Forze dell’Ordine, che da sempre sono al servizio del cittadino, segnalando persone e veicoli sospetti che ogni giorno puntualmente percorrono tranquillamente le nostre strade.

Auspichiamo tutti e presto, un ritorno dell’orgoglio e della responsabilità di essere e sentirsi Cittadino! 



[1] Criminologo; Luogotenente dei Carabinieri; Laureato con lode in Laurea Magistrale in Ricerca Sociale per la sicurezza interna ed esterna, Laureato con lode in Scienze per l’investigazione e la Sicurezza; Master in Antropologia Filosofica, Criminologia e Tecniche Investigative Avanzate; grafologo della consulenza peritale.

[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Vox_populi,_vox_Dei

[3] Fonti Codice di Procedura Penale LIBRO QUINTO – Indagini preliminari e udienza preliminare Titolo VI – Arresto in flagranza e fermo (Artt. 379-391)

[4] art. 380 Codice di Procedura Penale Fonti Codice di Procedura Penale LIBRO QUINTO – Indagini preliminari e udienza preliminare Titolo VI – Arresto in flagranza e fermo (Artt. 379-391)

[5] Fonti Codice Penale LIBRO SECONDO – Dei delitti in particolare Titolo II – Dei delitti contro la Pubblica Amministrazione (Artt. 314 – 360) Capo I – Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione

[6] http://it.wikipedia.org/wiki/Legittima_difesa

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Francesco Caccetta

Criminologo; Ufficiale R.Str.E. dei Carabinieri; Laureato con lode in Laurea Magistrale in Ricerca Sociale per la sicurezza interna ed esterna, Laureato con lode in Scienze per l’investigazione e la Sicurezza; Master in Antropologia Filosofica, Criminologia e Tecniche Investigative Avanzate; grafologo della consulenza peritale. Autore del libro sul Controllo del Vicinato "L'occasione fa bene al ladro".

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