Criminologia

LA PSICOPATIA

Il termine “psicopatia”, costrutto che si riferisce al comportamento criminale di un individuo, piuttosto che al suo stato mentale, attualmente non è più presente nelle classificazioni, benché la sua essenza rimanga presente nel DSM-IV  e nell’ ICD-10. Infatti, nel corso del tempo il costrutto di personalità antisociale, ha soppiantato l’uso del termine “psicopatia”, sebbene, in relazione a specifiche tipologie di condotte criminali, tra cui i serial killer, si sia tornati a parlare di personalità psicopatica.

I concetti di psicopatia e personalità antisociale sono certamente connessi tra loro: nello specifico, il secondo costrutto rappresenta il tentativo di trasporre il primo su un piano maggiormente operativo e concreto.

La psicopatia può essere considerata la forma maligna della personalità antisociale: i comportamenti posti in essere sono predatori, programmati, distruttivi, indifferenti alle conseguenze, privi di rimorso; si tratta di soggetti tendenti ad avere il controllo sulle altre persone e ad ottenere quanto desiderato.

 Nel 1941, Hervey Cleckley ha messo in evidenza alcune caratteristiche della personalità psicopatica: incapacità di provare senso di colpa, superficiale fascino personale, egocentrismo, incapacità di provare affetto, mancanza di vergogna e rimorso, assenza di comprensione psicologica e incapacità di apprendere dall’esperienza.

Gli psicopatici vengono suddivisi in due categorie: passivi e aggressivi.

Gli psicopatici passivi sono parassitari verso gli altri e li sfruttano; spesso possono avere guai con la legge, ma riescono a non subire conseguenze gravi e punizioni. Psicopatici di questo tipo commettono perlopiù quelli che vengono definiti “reati dei colletti bianchi”, ossia reati economici che non comportano l’uso di minacce e violenza fisica.

Gli psicopatici aggressivi, invece, commettono reati gravi; soprattutto coloro che si contraddistinguono per il sadismo sessuale, sono capaci di commettere omicidi seriali a sfondo sessuale e, alla base dei loro delitti, sembra esserci il bisogno della continua stimolazione procurata dall’eccitazione sessuale.

Altre peculiarità della personalità psicopatica sono: grandiosità, sconsideratezza, eccessiva ambizione, atteggiamento di superiorità, eccessivo bisogno di ammirazione, ma anche insicurezza e superficialità emotiva. I due tratti principali che contraddistinguono lo psicopatico sono l’incapacità di provare un normale grado di empatia e affetto nei confronti delle altre persone e la ripetuta messa in atto di comportamenti antisociali.

Kernberg (1992) sostiene che le persone affette da disturbo antisociale di personalità siano in realtà affette  da un grave disturbo narcisistico di personalità; il narcisismo dello psicopatico è chiaramente di natura patologica, è un narcisismo maligno. Come afferma lo stesso autore “La realtà della personalità antisociale è l’incubo della persona normale; la realtà della persona normale è l’incubo dello psicopatico”. (Simon R., I., I buoni lo sognano i cattivi lo fanno, 2013). 

Palermo e Mastronardi  (2005), sottolineano le seguenti caratteristiche della personalità psicopatica: egoismo, egocentrismo, desiderio di controllo delle situazioni “ad ogni costo”, anaffettività, cattiveria e mancanza di segni di rimorso. (Palermo, Mastronardi, Il profilo criminologico, 2005)

Una classificazione italiana della psicopatia si deve a Catalano-Nobili e Cerquetelli (1974); questi autori hanno distinto due classi di psicopatie: le personalità psicopatie nevrotiche, dove rientrano gli psicopatici “disforici, impulsivi e labili d’umore”, e le personalità psicopatiche sociopatiche, in cui rientrano gli psicopatici definiti “deboli di volontà”, ossia non capaci di sostenere una condotta durevole finalizzata al raggiungimento dei propri obiettivi, anche facendo fronte ad eventuali interferenze.

Un’ulteriore classificazione di psicopatia è quella tra psicopatia primaria (“biologica”) e la psicopatia secondaria (“appresa”): la prima presenta un esordio precoce e sembrerebbe impossibile per queste persone apprendere l’empatia; la seconda prevede la presenza di stili comportamentali aggressivi appresi durante l’infanzia resistenti ai cambiamenti; i fattori di rischio in questa seconda forma di psicopatia sono soprattutto ambientali.

Molto interessante è il profilo neuroanatomico dello psicopatico: attraverso studi effettuali con la MR (risonanza magnetica) è stato visto che alti punteggi di psicopatia sono correlati con significative riduzioni di materia grigia nella corteccia temporale anteriore, orbitofrontale mediale e laterale, frontopolare sinistra e la regione del sulcus temporale superiore (Yang et al., 2005).

Le tre regioni della corteccia prefrontale (orbitofrontale mediale e laterale e frontopolare) che presentano un riduzione della materia grigia nella psicopatia si ritiene che siano direttamente coinvolte nella regolazione della condotta sociale; la corteccia frontopolare, in modo particolare, sembrerebbe coinvolta nel giudizio morale.

La mancanza di empatia e di altruismo è stata correlata con una riduzione di MG nel giro retto posteriore, nella corteccia subgenuale, nella corteccia frontopolare e nel sulcus temporale superiore. (Fornari, Delitti folli, delitti di folli, 2012).

Rispetto al funzionamento degli emisferi cerebrali sappiamo che nella maggior parte delle persone è l’emisfero destro a svolgere un ruolo dominante nei processi emotivi; alcune ricerche hanno dimostrato, invece, che negli psicopatici nessun lato del cervello è dominante nelle emozioni. Inoltre i processi cerebrali responsabili delle emozioni in questi soggetti non sono concentrati, ma distribuiti e da questo deriva la vita affettiva superficiale e povera degli psicopatici. (Hare, La psicopatia, 2009).

Robert D. Hare, uno dei maggiori studiosi della psicopatia, elenca i principali sintomi della personalità e del comportamento psicopatico, puntualizzando che la diagnosi va attuata nel momento in cui è presente l’intero quadro sintomatico. 

Nel 1980 Hare sviluppa la Psychopathy Checklist  (PCL) e, nel 1985, ne elabora la versione Revised (PCL-R); all’interno dello strumento  i tratti psicopatici sono suddivisi in due fattori: il primo concerne la dimensione della personalità e valuta i tratti affettivi ed interpersonali, in particolari quelli che riguardano tratti narcisistici e viene utilizzato per indicare il ricorso alla falsità e all’astuzia; il secondo riguarda la dimensione comportamentale, la quale considera la condotta antisociale e lo stile di vita instabile dell’individuo. 

Nell’applicazione della PCL-R  i tratti psicopatici più difficili da riscontrare sono quelli concernenti la falsità e l’inganno, dal momento che gli psicopatici sono abituati ad ingannare il prossimo, operatori psichiatrici compresi. Al fine di attuare una precisa diagnosi di psicopatia è necessario avere colloqui estesi nel tempo con il soggetto e con le persone che meglio lo conoscono, al fine di capire se queste ultime sono state ingannate, circuite o danneggiate e di ottenere informazioni importanti che lo psicopatico è riuscito a tenere nascoste. (Mastronardi, De Luca, I Serial Killer, 2011).

Ma gli psicopatici possono essere trattati? A tal proposito, sono esplicative le parole dello stesso Hare: “Non sprecate il vostro tempo. Nulla di ciò che potrete fare cambierà qualcosa”. Ed ancora: “Cosa curare? Non soffrono, non hanno un basso livello di autostima e neppure sono insoddisfatti del proprio comportamento. Perché curare tratti di personalità che questi soggetti non hanno alcuna voglia di cambiare?”.

Un esempio di assassino psicopatico è Andrew Philip Cunanan.

Cunanan nasce nel 1969 in California; dalla famiglia riceve una solida educazione, è intelligente, affascinante ed ha un aspetto attraente. Fin dai tempi del liceo si comporta in maniera molto eccentrica, cerca sempre di essere al centro dell’attenzione e dichiara apertamente la sua omosessualità. Non ha mai svolto alcun tipo di lavoro e si è sempre mantenuto accompagnandosi a uomini facoltosi che provvedessero alle sue esigenze.

È nel 1996 che le cose per Cunanan cambiano: ha iniziato a far uso di droghe che gli provocano un invecchiamento precoce e, dopo essere  stato abbandonato da un uomo con cui si accompagnava, non può più permettersi un alto tenore di vita.

L’anno successivo inizia la sua carriera criminale: uccide due uomini, probabilmente a causa di liti feroci e perché non accetta di aver perso l’amicizia con Madson, una delle due vittime, a cui Cunanan era molto legato e che lo aveva abbandonato; in seguito, preso dalla rabbia, uccide, dopo averlo torturato, un ricco produttore, da cui si era recato per chiedergli vestiti, soldi ed una macchina; la vittima successiva è il guardiano di un cimitero. L’ultima vittima è lo stilista italiano Gianni Versace, che viene colpito da due spari alla testa mentre sta uscendo dalla sua villa a Miami. 

Iniziano le indagini e approfondite ricerche su Cunanan rivelano che l’uomo ha contratto l’AIDS e, in relazione a questo, potrebbe aver deciso di uccidere come forma di vendetta al contagio. Il 25 luglio del 1997 la polizia lo identifica all’interno di una barca nel porto di Miami; lo circondano ed inizia uno scontro a fuoco. A seguito di una pausa si sente l’esplosione di un solo colpo di pistola: Cunanan si è suicidato sparandosi un colpo in bocca.

Gli omicidi commessi da Cunanan esprimono rabbia, risentimento nei confronti della società che, secondo lui, gli si rivolge contro ingiustamente ed il bisogno di essere considerato “qualcuno” per soccombere ad un vuoto interiore. Alla luce di ciò la scelta dell’ultima vittima, Gianni Versace appunto,  si rivela molto importante dal punto di vista simbolico: tramite la morte del celebre stilista Cunanan riesce a diventare la celebrità mondiale che da sempre aveva desiderato essere, a causa del suo narcisismo patologico. (Mastronardi, De Luca, I Serial Killer, 2011).

La psicopatia possiamo rintracciarla anche negli autori di crimini sessuali: i serial killer sessuali sono psicopatici che mostrano sadismo sessuale.

Come già abbiamo detto, gli psicopatici presentano una personalità deviante e difetti caratteriali, tendono ad isolarsi e per loro i rapporti interpersonali hanno come unico scopo quello di procurare piacere. In questi soggetti la coscienza morale è distorta o assente: per questo non mostrano l’intenzione di frenare i loro impulsi aggressivi e sessuali antisociali.

Anche se alcuni di questi serial killer sostengono di essere stati obbligati ad uccidere a causa della potenza delle loro pulsioni devianti, in realtà sono coscienti di quello che fanno e che quello che fanno è sbagliato, ma hanno comunque scelto di farlo per avere la gratificazione sessuale.

Gli assassini seriali sessuali possono essere sadici, necrofili o entrambe le cose. La fonte di piacere per loro è il dolore e il terrore che provocano alle vittime e il totale potere che esercitano su di loro. Rifacendoci alla psichiatria, possiamo definire questi assassini come psicopatici con una parafilia: la parafilia è un disturbo caratterizzato da intense pulsioni sessuali o fantasie sessualmente eccitanti ricorrenti che possono riguardare oggetti non umani o la sofferenza e l’umiliazione proprie, di bambini o di altre persone non consenzienti.

Quanto detto rispetto all’impossibilità di curare gli psicopatici in generale vale, ovviamente, anche per gli psicopatici sadici e necrofili. Edmund Kemper, assassino seriale necrofilo, ne è un esempio: dopo aver ucciso i nonni all’età di 15 anni, venne dichiarato infermo di mente e affidato ad un ospedale psichiatrico giudiziario; dopo cinque anni, grazie al suo comportamento impeccabile e agli apparenti progressi fatti in terapia, le autorità stabilirono che poteva essere rilasciato. Tre anni dopo le sue dimissioni uccise altre otto persone, compresa la madre. Dopodiché si consegnò di sua spontanea volontà e dichiarò che, se fosse tornato libero, avrebbe continuato ad uccidere. (Simon R., I., I buoni lo sognano i cattivi lo fanno, 2013).

Bibliografia

Fornari U., Delitti folli, delitti di folli, Espress Edizioni, Torino, 2012

Hare R., La psicopatia. Valutazione diagnostica e ricerca empirica, Astrolabio, Roma, 2009.

Mastronardi V. M., De Luca R., I serial killer, Newton Compton Editore, Roma, 2011

Palermo G. B., Mastronardi V. M., Il profilo criminologico. Dalla scena del crimine ai profili socio-psicologici, Giuffrè Editore, Milano, 2005

Simon R. I., I buoni lo sognano, i cattivi lo fanno, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2013

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